E alla fine accordo fu. Ci siamo dovuti subire per sette lunghi mesi, e un’estate caldissima, le manfrine tra Pedro Sánchez, premier socialista uscito per due volte vincitore dalle elezioni del 28 aprile e del 10 novembre e Pablo Iglesias, il professore di Giurisprudenza alla Complutense di Madrid che vuole entrare nella storia.

Il caloroso abbraccio tra Sánchez e Iglesias dopo aver firmato il patto tra PSOe Pdemos per fomare un governo progressista

Il caloroso abbraccio tra Sánchez e Iglesias dopo aver firmato il patto tra PSO e Pdemos per fomare un governo progressista

Due giorni dopo la ripetizione elettorale, con l’animo degli spagnoli sul filo di una crisi di nervi, PSOE e UP hanno trovato la quadra e hanno sottoscritto una specie di accordo preliminare, senza però spiegare più di tanto ai media. Sappiamo che il professore col codino da tanguero si mette in tasca il mandato di vice presidente del Consiglio, una carica che fino alla fine della scorsa primavera era impensabile. UP porta 35 seggi ai 120 dei Socialisti, rimangono quindi di 21 punti sotto la maggioranza. IL PSOE deve quindi corteggiare per una manciata di 7 punti i nazionalisti baschi, cantabrici e galiziani. E sperare che Ciudadanos e la temibile Sinistra repubblicana catalana (ERC) si astenga durante la votazione per l’investitura a premier di Sánchez.

Con 163 seggi, i Socialisti alleati agli ex Indignati dovrebbero farcela per mettere su il loro “esecutivo progressista di sinistra“. Nei prossimo giorni avremo forse il loro piano  programmatico, in attesa che il 3 dicembre il Congresso si costituisca nella nuova veste uscita dalle ultime urne e inizia una decina di giorni dopo le consultazioni per arrivare all’investitura.
Non c’era altra via d’uscita per Pedro e Pablo: hanno perso seggi nell’emiciclo di Madrid e per uscire dal bloqueo, per non sputtanarsi agli occhi dei loro elettori, hanno dovuto accordarsi. La seconda vittoria di Sánchez ha il sapore di un fiasco, mentre lui pensava di fare il botto con la ripetizione elettorale, invece è andata male e alla fine ha dovuta arrendersi e cedere al vecchio alleato, rimasto sempre del parere, in tutti questi mesi, che l’unico esecutivo da proporre agli spagnoli, era il loro, a prova di bomba dalla crescita della destra di Casado e da quella estrema di Abascal.

Dall’altro lato dell’emiciclo, i Popolari di Pablo Casado, Vox e Ciudadanos rapprenderanno l’opposizione, anche se c’ è stato l’appello di Inés Arrimadas, probabile successore alla presidenza di Ciudadanos, dopo le dimissioni di Albert Rivera, di alzarsi con loro e con il PP, lasciando fuori Vox e prendendo 210 punti, così da prendere per le corna il toro catalano dell’indipendentismo.

Tuttavia con una scacchiera politica così complessa e volubile, si potrebbe arrivare a una legislatura di quattro anni, come potrebbe saltare il patto tra PSOE e Unidos Podemos e allora potrebbe verificarsi un bel ribaltone  con il centodestra al Governo, come è successo, però al contrario con il premier popolare Mariano Rajoy che, per una mozione di sfiducia costruttiva, Sánchez si trovò nel giugno del 2008 tra le mani il governo.