Il premier ad interim (o meglio dire uscente e rientrante) Pedro Sánchez non ha superato la  prima votazione di domenica al Congreso di Madrid per ricevere l’investitura a Presidente del Consiglio. Non ha raggiunto la maggioranza assoluta di 176 voti necessaria per essere investito. Si è fermato a 166 “sì”, prendendo 165 “no”. Gli astenuti sono stati 18, conferma che c’è stato l’accordo di astensione con catalani e baschi.

Hanno votato il bel Pedro PSOE, Unidos Podemos, PNV, Más País, Compromís, Nueva Canarias, BNG e Teruel Existe, mentre gli hanno votato contro PP, Vox, Ciudadanos, Junts per Catalunya, CUP, Navarra Suma, Canary Coalition, Asturias Forum e RPC, mentre, come detto 18 deputati che si sono astenuti erano di Esquerra Republicana e Bildu, i due partiti nazionalisti catalani e baschi. Aina Vidal, deputata di En Comú-Podem, un partito catalano di sinistra, fondato dal sindaco di Barcellona, Ada Colau, era assente per malattia e non è riuscita a votare da casa per via telematica come è previsto in questi casi. Il suo “sì” a Sánchez, comunque, non avrebbe cambiato le cose. Ora tutto è rimandato a martedì prossimo col secondo voto.

L’ordine di interdizione dai pubblici affari da parte de Collegio Elettorale Spagnolo per il presidente della Catalogna Quim Torra, condannato a 18 mesi per disobbedienza, è piovuto sulla prima sessione di voto come una pesante e importante tegola, ma l’accordo ERC-Psoe non ne ha risentito. Almeno ora. Il Tribunale Supremo ha confermato, in primo grado, la sentenza in base ai fatti dell’autunno de 2017 e partendo da una denuncia presentata dal partito di estrema destra Vox che ora chiede l’arresto immediato di Torra che, intanto, ha riunito il Parlament di Barcellona e con una mozione si è fatto confermare governatore della regione autonoma.