Pedro Sánchez ce l’ha fatta. Al secondo turno. Martedì pomeriggio, dopo che sabato scorso era arrivata una fumata nera per la sua investitura a premier, è  riuscito a strappare un solo voto in più (167 sì) rispetto ai 166 del primo turno di votazione, da quel mosaico di partitini minori nazionalisti, regionali e comunisti che assieme al sostegno di Podemos e alla fondamentale astensione della Sinistra Repubblicana Catalana e indipendentista (Erc) e dei nazionalisti baschi di Bildu, gli permetteranno nei prossimi giorni di varare il suo primo governo da eletto, primo governo di coalizione e di sinistra nella storia della giovane democrazia spagnola.

Era quasi certo che il leader socialista riuscisse, dopo avere oliato quel delicato meccanismo di cifre e astensioni che gli a dato il via libera con una maggioranza minima e relativa.. L’accordo con Erc e Bildu ha tenuto, per ben due turni di voto, e una volta formato il suo esecutivo rosso-viola assieme a Pablo Iglesias, leader di Podemos, il bel Pedro dovrà, tra i tanti impegni, nazionali e internazionali, riaprire il tavolo di negoziati con la Generalitat catalana e trovare una soluzione politica e non giuridica alla “questione catalana”.

Sul tavolo del nuovo governo ci sono temi non più posticipatili, come la finanziaria, la riforma delle pensioni, del lavoro, il minimo salariale e poi, come scritto, la secessione della Catalogna, una missione impossibile se prima non si cambiano gli articoli della Costituzione. Secessione si o no, (forse si arriverà tra qualche anno alla concessione di una massiccia indipendenza ai catalani tanto che, alla fine si arrenderanno e  opteranno per non staccarsi  più da Madrid). Tuttavia la questione catalana darà un bel filo da torcere a Sánchez e compagni. 

In questo quasi anno in cui la Spagna è rimasta priva di un governo, se non un esecutivo ad interim impossibilitato a votare le riforme, la ripresa economica ha continuato a rimanere stabilmente in crescita, ma ci sono questioni da risolvere col voto del Congreso. Poi, con la crisi tra Iran e Usa apertasi ultimamente, la Spagna dovrà anche decidere che fare dei suoi militari.