La seconda ondata di epidemia del Covid-19 nella penisola iberica oltre ai morti e ai danni all’economia, sta producendo un duro scontro tra il Governo centrale di Madrid guidato da Pedro Sánchez e Pablo Iglesias e la governatrice della Comunità di Madrid, Isabel Ayuso, espressione della Partido Popular.
Venerdì 25 settembre, mentre si registravano quasi 13 mila nuovi casi di coronavirus e 122 decessi in Spagna, Isabel Ayuso nella sua conferenza stampa annunciava nuove misure restrittive per la regione (ampliamento del confinamento a nuove aree sanitarie che si aggiungono alle tre già soggette a restrizioni), il Ministro della Sanità, Salvador Illa, parlando in un’altra conferenza stampa, ha annunciato che il Governo nazionale “raccomanda di applicare restrizioni in tutta la Regione” e quindi non soltanto alle aree individuate dall’amministrazione locale.
Sánchez, in pratica, chiede di chiudere la Capitale di Spagna e la sua Comunità immediatamente per fermare la corsa del contagio, visti i numeri. Nella Comunità di Madrid vivono oltre 6,5 milioni di persone. Qui l’incidenza dei contagi è la peggiore in Europa: a Madrid hanno individuato 37 aree nella zona sud della città dove da settembre l’incidenza è tra 800/100 abitanti su 100mila. È la percentuale peggiore in Europa. Le restrizioni che il Governo di Madrid chiede impedirebbero gli spostamenti non urgenti, porterebbero a limitare ancor di più l’apertura di bar e ristoranti, e porterebbero la Comunitad a una sorta di “semi-lockdown”. Sánchez chiede che in tutta la regione il cinquanta per cento degli esercizi pubblici, soprattutto bar e ristoranti, vengano chiusi dal 28 settembre. Tuttavia il Governo regionale guidato da Isabel Ayuso non vuole ascoltare le raccomandazioni dell’esecutivo socialista, e avverte che a breve sottoporrà a restrizione nuove aree madrilene, benché, pochi giorni fa, Bruxelles abbia avvisato la Spagna di agire subito e in modo netto per arginare l’epidemia, così da evitare che la seconda ondata si trasformi in una situazione drammatica come quella della primavera scorsa che ha sconvolto il Paese iberico. Intanto, oltre a una nuova ondata di contagi, si sta verificando un pericoloso strappo politico tra Madrid e la Comunità che trova origine nello scontro politico in Parlamento tra centro-sinistra (al Governo) e centro-destra, in particolare fra PSOE e PP, i due partiti che per decenni si sono alternati al potere in Spagna. Uno strappo che però, oltre a trasformarsi in istituzionale (scontro Governo-Regione), diventa particolarmente preoccupante perché avviene nel pieno di una nuova grande crisi. E gli spagnoli restano, oltre che impauriti: assistono al consumarsi una battaglia politica proprio mentre gli ospedali tornano a una situazione di stress (il 40% dei nuovi ricoverati sono per Covid-19) e i centri sanitari locali parlano già da giorni di “situazione al limite del collasso”. Le nuove restrizioni annunciate il 25 settembre dalla Comunitad de Madrid e, giudicate insufficienti dall’esecutivo di Sánchez, consistono soltanto in un allargamento del divieto di libera mobilità in otto nuove aree sanitarie. Queste otto nuove si aggiungono alle 37 già soggette a un “semi-lockdown” da lunedì scorso. Le zone coinvolte sono García Noblejas (San Blas), Paraderas en Fuenlabrada, Vicálvaro-Artilleros (Vicálvaro), Orcasitas, Campo de la Paloma e Rafael Alberti (Puente de Vallecas), Doctor Trueta e Miguel Servet (Alcorcón). Le misure restrittive si applicheranno dal 28 settembre. Il Ministro della Sanità Salvador Illa ha affermato che Madrid dovrebbe prendere misure più forti, allargando le restrizioni a tutte le aree con incidenza di nuovi casi maggiore di 500 ogni 100mila abitanti. Le restrizioni invece sono state applicate soltanto ad aree dove l’incidenza è superiore a 1000 nuovi casi per 100milaabitanti negli ultimi 14 giorni. Nel frattempo nei quartieri sottoposti a restrizioni morta la rabbia degli abitanti. Ci sono stati violenti scontri tra abitanti e polizia nei giorni scorsi. La gente die uesti quartieri si sente discriminata per il “semi-confinamento”. Sono le aree più povere della capitale, dove il numero medio di inquilini per appartamento è maggiore, le case sono più piccole, e dove vivono in maggioranza operai che non possono tele-lavorare. Sono anche quartieri spesso difficili, violenti ed emarginati, che non accettano regole, soprattutto di restrizioni.