CVD. Come volevasi dimostrare, ancora una volta, la Giustizia spagnola non ha perso l’occasione di mostrare la sua assurda, demenziale debolezza nel non fare mai giustizia. Da Girona, Comunità della Catalogna, a un centinaio di chilometri della capitale Barcellona, arriva l’ennesima conferma. L’ennesimo errore di un Tribunale che già in passato, parlando di casi di connazionali italiani, nega la giustizia a una persona italiana, a una famiglia, a un’azienda italiana.
La miopia dei giudici catalano-spagnoli torna palese nel caso di omicidio di Niccoló Ciatti avvenuto nell’agosto del 2017. Il ventenne toscano, durante una vacanza con amici, fu massacrato da tre persone a colpi di calci e pugni coinvolto in una banale lite scoppiata all’interno di una discoteca a Lloret de Mar. Il responsabile di avergli sferrato il potente calcio alla testa, quando Niccolò, annaspava per terra dopo il terribile pestaggio è Rassoul Bissoultanov, un ceceno, ex militare riconosciuto colpevole a giugno dal Tribunale di Girona e condannato a 15 anni di carcere, il minimo della pena, in cassoni omicidio per il Codice Penale spagnolo.
Il PM, davanti alle numerose testimoniane e alle evidenti immagini delle telecamere della discoteca, aveva chiesto per Bissoultanov l’ergastolo che in Spagna sono 24 anni.
Dopo la sentenza di primo grado, il ceceno, come prevede la legge è stato rilasciato, con l’obbligo di presentarsi alla lettura delle motivazioni e al successivo arresto per essere condotto in carcere. Ieri Bissoultanov non si è presentato davanti al giudice di Girona edema stato dichiarato irreperibile dal suo avvocato difensore. Era evidente che l’ex militare ceceno addestrato alle tecniche di combattimento, corpo a corpo, avrebbe tagliato la corda. Lo aveva già fatto quando era in attesa di essere processato dalle autorità spagnole e l’ha rifatto. Su di li ora pende un mandato europeo di cattura e, qualora fosse assicurato alla giustizia, dovrà scontare altri cinque anni di galera.

Secondo la procedura penale spagnola, chi è condannato in primo grado, non aspetta l’appello, ma va subito in carcere. Oggi il giudice spagnolo, in udienza, avrebbe dovuto decidere quanto tempo mandarlo in carcere in attesa della conferma o modifica della sua sentenzia appello. L’assassino ceceno, condannato, come dicevamo a 15 anni, ne ha già fatti 4. Sicuramente il giudice gli avrebbe dato tre anni e mezzo di galera per arrivare a sette anni e mezzo e poi avrebbe uniformato la sentenza al giudizio in secondo grado definitiva. In Spagna non esiste la Cassazione, o quasi, segue soltanto casi eclatanti.

«La morte di Niccolò — aveva detto il PM Victor Pillado — non si può punire come se fosse un incidente stradale a un semaforo attraversato con il rosso. Niccolò potrà avere poca giustizia perché non sarà possibile restituirgli la vita. Ma bisogna comunque dare giustizia alla sua famiglia. Bissoultanov sapeva che poteva uccidere, ha colpito Niccolò che non poteva difendersi, tutti sanno che un colpo alla testa può uccidere, solo lui ha avuto il coraggio di venire qui e dire che non lo sapeva», quando aveva recitato la parte del bravo ragazzo.

In tutta questa tragedia c’è la famiglia della vittima con lavoro grande dignità e la necessità di avere giustizia. Non un contentino. Il padre di Niccolò , Luigi Ciatti, già pessimista prima della sentenza, ora mischia rabbia a disperazione. «È una vergogna che sia accaduto di nuovo e la responsabilità è dei magistrati spagnoli e italiani che l’hanno rimesso in libertà. È la seconda volta che Bissoultanov scappa ma il giudice spagnolo nel momento della sentenza ha stabilito che fosse sufficiente l’obbligo di firma e prima di lui il giudice italiano l’ha scarcerato permettendogli di lasciare l’Italia. È sempre stata questa la nostra paura più grande: che l’assassino di nostro figlio non paghi per quello che ha fatto. Ora ci sono due mandati di cattura contro Bissoultanov, uno italiano e l’altro spagnolo ma lui evidentemente ha pianificato con cura la sua fuga e chissà se lo ritroveranno mai». La Giustizia spagnola fa proprio schifo. E quella italiana non è da meno.