Willy Virginer, lo scultore che mette sul piedistallo la bellezza e la natura. Approda a Monza un campione della scultura contemporanea.
Finalmente, dico finalmente. Ecco una mostra fuori da tutti gli schemi dei “mostrifici”. Una mostra vera, sapiente, educativa, forte, etica, esteticamente bella. E’ la mostra con opere recenti di Willy Verginer. Uno scultore tutto d’un pezzo, che sorvola formalità e glorie. Uno scultore come ormai non se ne vedono più in giro da anni. Una volta c’era la storica galleria di Ada Zunino a Milano, la regina della scultura italiana, che proponeva il meglio della scultura italiana ed estera. Poi più nulla. E adesso torna a Monza tre anni dopo la personale al Mac di Lissone e la trasferta americana alla Wasserman Project di Detroit. Torna alla Leo Galleries con la mostra “After industry”, aperta fino al 4 novembre 2017, con una raccolta di opere nuove, busti inediti a cui si aggiungono i profili sottili delle donne classiche che hanno reso celebre l’arte di Verginer, e un’imponente installazione presentata proprio a Detroit, che sarà allestita all’ingresso della galleria. Tornano le storie di legno raccontate da Willy Verginer.
Il bello della scultura di Willy Verginer non è la ricerca della bellezza fine a se stessa, quanto il dato filosofico che avvolge tutta la sua opera, ognuna di queste figure o installazioni varie porta a riflettere, si interroga sul nostro tempo e sulla natura che gravita attorno a noi. Anche per Willy Verginer vale il “De Rerun natura” di Tito Lucrezio Caro del I secolo a.C. Verginer irrompe sulla scena della contemporaneità con la natura, esprimendo, il rapporto dell’uomo con l’ambiente. Declina la natura come fosse un libro aperto da leggere ogni giorno, tanto che veste le sue figure di foglie e di fiori. Motivi e poetiche che lo scultore movimenta da anni e che ha saputo rinnovare nel tempo, arricchendole di significati e nuove teorie. Al centro di quest’ultima personale si legge la terra, la natura offesa, dilaniata e calpestata dall’inquinamento e dalla mano dell’uomo, e Virginer che punta il dito contro l’uomo che distrugge il suo e il nostro habitat. Lo scultore dà una forte lezione con le sue immagini, con il suo scolpito, vuole che la terra torni a vivere secondo natura, a lasciarsi scoprire per la bellezza, la purezza, la mutevolezza, e le mille altre caratteristiche che esprime. L’artista è rimasto sconvolto dalle conseguenze dell’industrializzazione e della post-industrializzazione, tant’è che adesso le figure non sono più personaggi da piedistallo ma capaci interagire con oggetti di uso industriale come i bidoni di benzina o i copertoni delle ruote. “Il tema ambientalista proposto non diventa mai una crociata militante, ma risuona come il monito di un saggio che ci permette di uscire dal blocco costruttivo della prigione in cui ci siamo rinchiusi perché dimentichi della bellezza e dell’equilibrio spirituale”, ha scritto Matteo Galbiati, autore del testo critico del catalogo “After industry” della mostra in essere a Monza. E’ certo che Willy Virginer utilizza della natura il legno, poi tagliato, scanalato, limato, arrotondato, prima di far leggere quelle bellezze, quelle storie, quei movimenti, quelle figure che si vedono in mostra, e che lo impongono oggi fra gli artisti più significativi del nostro tempo.
Willy Verginer è nato nel 1957 a Bressanone. Ha frequentato l’Istituto d’Arte di Ortisei, dove ha studiato pittura. Dopo il conseguimento del diploma ha lavorato in vari laboratori di scultura in legno della Val Gardena. Nei primi anni Ottanta frequenta amici ed ambienti dell’Accademia di Monaco e ne viene influenzato. Dal 1984 al 89 insegna nella Scuola professionale di scultura di Selva. Dal 1996 fa parte del gruppo artistico “Trisma”, con Walter Moroder e Bruno Walpoth. Le sue più recenti esposizioni personali si sono tenute a Vicenza, Milano, Bergamo, Parigi, Anversa, Lissone, Detroit, ecc. Willy Verginer vive e lavora a Ortisei (BZ).
Carlo Franza