Il torinese Giacomo Grosso in mostra a Torino. Cento opere, dalla “Nuda” alla “Sacra Famiglia”, celebrano l’uomo di cultura che per i suoi nudi scandalizzò Papa Pio X.
Era ora che si celebrasse degnamente la figura di Giacomo Grosso. Tra i quadri più noti c’è sicuramente La nuda, che fu esposta per la prima volta alla Triennale di Torino nel 1896 e che suscitò un mare di polemiche, le quali ebbero l’unico effetto di aumentare la fama del suo autore: Giacomo Grosso. Il talento del pittore torinese, nato a Cambiano nel 1860, era all’apice. La pennellata morbida, i colori ovattati, la potenza dirompente e sensuale dei soggetti.
La Nuda, infatti, arrivò un anno dopo il Supremo convegno, esposto alla Biennale di Venezia (1895). L’opera rappresentava un gruppo di donne nude poste intorno alla bara di Don Giovanni. Tanto bastò per scatenare le ire del Patriarca di Venezia, il futuro Papa Pio X, “scandalo” che anche in quel caso diede fama al pittore torinese, se uno scrittore come Antonio Fogazzaro decise di intervenire pubblicamente in sua difesa.
Illustre uomo di cultura Giacomo Grosso oltre che artista di chiara fama, apprezzato dall’aristocrazia piemontese e amante degli arredi settecenteschi, noto a livello europeo e internazionale, che lavorò a Buenos Aires e divenne Senatore della Repubblica italiana nel periodo del regime fascista.
Uno sguardo totale alla sua pittura e un riconoscimento doveroso arriva da una mostra a lui dedicata, aperta fino al 7 gennaio, organizzata da quattro enti differenti e cioè, la Fondazione Accorsi-Ometto, il Comune di Cambiano, Palazzo Madama e Accademia Albertina di Belle Arti di Torino. La mostra rappresenta il secondo appuntamento del ciclo I Maestri dell’Accademia Albertina e, per la prima volta dopo i primi anni Novanta, riunisce oltre cento quadri del pittore torinese.
Le numerose opere (quasi la metà del totale), provengono dal prestito di diverse collezioni private, ma a completare l’esposizione ci sono le collezioni degli enti organizzatori. Il Comune di Cambiano ha prestato Il Pater Noster (1934) e il Ritratto di Giuseppe Verdi (1902), fra gli altri. Le opere di Giacomo Grosso, tuttavia, sono presenti anche in musei di fama come la GAM di Torino, che ne ha prestato alcune, tra cui Ritratto di signora del 1920. Dalla Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma, sono arrivate Signora in aperta campagna (1889) e Ritratto della contessa Daisy de Robilant Francesetti di Malgrà (1897). L’intero percorso della mostra di Grosso si snoda tra i quattro enti coinvolti; ognuno di essi, infatti, espone una parte della mostra con le medesime date, eccezion fatta per Palazzo Madama, che ha chiuso in anticipo rispetto agli altri.
Ed ancor più interessante sapere che per meglio conoscere il mondo di Giacomo Grosso e la sua figura di uomo d’arte, la mostra è stata accompagnata da un ciclo di conferenze tenute da storici e curatori.Il 5 ottobre scorso a Palazzo Madama, la storica dell’arte Clelia Arnaldi di Balme ha tenuto una conferenza dal titolo La cornice d’alcova e gli arredi del Settecento nello studio di Giacomo Grosso (ore 17.30). Altre tre conferenze, tra il 7 ottobre e il 25 novembre scorso, sono state ospitate dalla Fondazione Accorsi-Ometto, mentre il 14 ottobre la Biblioteca del Comune di Cambiano ha ospitato una conferenza di carattere biografico: Giacomo Grosso, dagli anni dell’adolescenza allo scandalo veneziano, con lo storico dell’arte Gian Giorgio Massara (ore 17.00). Infine tra l’11 novembre e il 5 dicembre, gli incontri si sono tenuti presso la Sala azzurra dell’Accademia Albertina di Belle Arti.
Carlo Franza