Armando Marrocco e la città immaginaria come città ideale alla Galleria Spaziobianco di Torino.
Tutto l’itinerario artistico di Armando Marrocco si lega anzitutto al mondo nella sua costitutiva formazione e dunque anche alla filosofia che intacca lo spazio e il tempo, e poi al mondo nel suo inter-relazionarsi con le strutture antropologiche che veicolano il vivere. Ecco perché Armando Marrocco ha trovato nel suo lavoro coniugati interessi diversi tra scultura e pittura e sorprendendo sempre per la sua capacità di destreggiarsi nel pensiero, nell’esplorare costruzioni, tradizioni, scienza e natura, ecc. Non si dimentichi che anche oggi in occasione della sua mostra alla Galleria Spaziobianco di Torino, che accoglie “Città immaginaria” visitabile fino al 1 marzo 2019, ci fa incontrare ancora un Armando Marrocco artista visionario, sciamano e filosofo. Il tema prescelto è di gran fascino, mettere in piedi costruzioni monumentali in acciaio corten ne amplifica il gioco dell’impianto. E se ogni città, che è anzitutto un luogo (sui luoghi ho scritto pagine di grande significanza critica) oltre l’accumulo di cubi, parallelepipedi, e altro, come Marrocco ce li consegna, vorrebbe essere sia ordinata ma ritrovarsi anche disordinata per il suo sistema viario urbano (vedi intreccio urbano, 1970-1982, corten, 80×80), in un suo rimando installativo che è certo carico di rimandi costruttivisti, ci rimanda a speculari filosofie dell’ambiente come ultimamente le abbiamo anche ritrovate al MoMa in occasione di una retrospettiva completa dedicata allo scultore congolese Bodys Isek Kingelez (1948-2015) e ancor più quando Kingelez nel 1989 espose Magiciens de la Terre al Centre Pompidou di Parigi. Ciò per significare come il lavoro scultoreo che oggi Marrocco impianta a Torino abbia connotazioni transnazionali.Ora questa “Città immaginaria” con tutte le sue appendici esterne e interne, di vita e di relazione, di scrittura e di suono, si legge anche come capitolazione de “Le città invisibili” di Italo Calvino. L’intento di Marrocco è di far vivere i luoghi dopo averli raccontati, costruiti, inscenati, vere e proprie riproduzioni in scala (diorami è il termine esatto) che propongono squarci di grande poesia e suggestione. Città come storia del mondo, luoghi di comunità vissuti fin dall’antichità e fin dalle città antiche e millenarie, poi ritrovate e riportate alla luce; e dunque leggere per similitudine in queste opere i rapporti fra il passato e il presente, fra l’antico e la modernità, tanto che ritrovarsi a meditare sulle costruzioni monumentali in corten di Marrocco installate a Torino mi è stato naturale farne comparazione con le strutture monolitiche del Palazzo di Cnosso.
E’ l’artista di oggi, come Armando Marrocco ci insegna, che vuole indagare infinitamente sulle proporzioni del mondo, a esplorare sotto lenti preziose le città che attraverso usi e costumi si sono avvicendate a ricoprire la terra, a renderle anche poetiche e armoniose, e a segnarne l’ambiente e lo spazio urbano. E intanto ciascuno di noi cammina nella propria città immaginaria, incontrando gente immaginaria, a fare mirata esperienza sui luoghi mappati; così vanno lette queste opere minimaliste di Armando Marrocco che ha sviluppato un lavoro come momento dialettico tra un nuovo limite e una nuova libertà per l’arte, in cui la scultura si trova ricondotta allo statuto di cosa tra “oggetto e monumento”.
Carlo Franza