Carlo Basilico. Il diario pittorico e intimo di un artista svizzero in mostra alla Pinacoteca Cantonale Zust di Rancate (Canton Ticino / Svizzera italiana).
Partendo dalla monografia appena uscita a cura di Claudio Guarda e con la partecipazione del poeta e scrittore Alberto Nessi, questa rassegna, realizzata vent’anni dopo la prima antologica tenutasi a Chiasso, presenta la collezione di opere pittoriche di Carlo Basilico conservata dal nipote Rudy, custode affettuoso e devoto di quasi tutta la produzione pittorica del nonno, il quale esponeva e vendeva poco e dipingeva soprattutto per diletto, per rispondere a un bisogno personale: uno sfogo, una necessità intrinseca di fermare sulla carta o sulla tela, con i pennelli o con le matite, emozioni altrimenti percepite solo interiormente. Formatosi a Torino, i suoi dipinti corrono sul filo di un diario domestico realizzato nei giorni liberi dal lavoro svolto come titolare dell’impresa dei pittori-decoratori Prada di Chiasso. La sua pittura è dominata da un colorismo inusuale alle nostre latitudini. Un colore allo stato puro, non miscelato sulla tavolozza, dato per rapidi tocchi, spesso giocato sul contrappunto tra zone di luce o di ombra. Temi e soggetti sono ritratti e autoritratti, in cui egli persegue la continua indagine su sé stesso, l’osservazione dell’armonia familiare, degli angoli di casa, e la grande passione per i paesaggi. Sentiva congeniale esprimersi con diverse tecniche, passando con grande flessibilità dall’olio alla tempera, dall’acquarello all’inchiostro, dal pastello al carboncino, dal disegno a matita alla sanguigna. Lavorando su uno stretto numero di soggetti – esemplare il caso dei tanti ritratti fatti ai familiari – è come se egli sentisse il bisogno di affrontarli con tecniche e tagli compositivi sempre diversi, variando il modo di accostarli e rappresentarli, così da suonare di volta in volta una musica o un’emozione diversa. Sono queste le forme e i temi dell’arte di Carlo Basilico, sempre ispirati dal sentimento del vero e sorretti da uno sguardo contemplativo che, pur dando risalto alla luce-colore, coglie la realtà nel suo attimo fuggente. La monografia e la mostra hanno beneficiato della partecipazione di Alberto Nessi. Vincitore del Gran Premio svizzero di letteratura nel 2016, Nessi ha composto alcuni testi in poesia e in prosa in ricordo della mamma, “sigaraia” presso la fabbrica Polus di Balerna, come le donne raffigurate da Basilico sui pannelli che la ornavano. Sebbene non documentate in mostra, si ricordano le sue decorazioni più note oltre a quelle già citate per la Polus: quelle per la Torretta di Casa Pedroli e per il Cinema Teatro a Chiasso e per l’Albergo Bellavista sul Monte Generoso. Si dedicherà anche all’architettura, progettando e ristrutturando diversi edifici importanti per l’industriale Luigi Giussani, tra cui la facciata della Monteforno a Bodio e la Centrale Elettrica a Lostallo. Fu inoltre designer di mobili e di arredi domestici.
CARLO BASILICO (Rancate, 1895 – Mendrisio, 1966). La pittura come le pagine di un diario, mostra con testo di Mariangela Agliati Ruggia direttrice della Pinacoteca Cantonale Giovanni Zust, Rancate. Nell’autunno del 1988, al Museo d’Arte di Mendrisio si teneva una mostra curata da Gino Macconi, Amleto Pedroli e Adriano Soldini: “Testimoni sulle colline”, dove erano raccolti testi letterari e immagini del Mendrisiotto nella prima metà del Novecento. Lì, come in questa monografia dedicata a Carlo Basilico, corredata dal testo critico di Claudio Guarda e dal suggestivo contributo in prosa e in poesia di Alberto Nessi, si allineavano in modo splendido letteratura e arte: un binomio, questo, spesso inscindibile. Recensendo la mostra il “Corriere del Ticino” (20 settembre 1988), ricordava la personale fatica di trovare, i dati biografici di Carlo Basilico, sottolineando l’elevata qualità delle opere esposte in quell’occasione. Evidenziavo inoltre come il suo conterraneo e amico Apollonio Pessina, a cui la sua pittura molto si avvicina, fosse meno dimenticato del Nostro. A dire il vero oggi il Pessina è conosciuto soprattutto per la sua attività di scultore (La battaglia dei Sassi grossi a Giornico), e per il fatto che la sua casa di Ligornetto è diventata anche sede di esposizioni. A Carlo Basilico, invece, dieci anni dopo l’esposizione citata sono stati dedicati a Chiasso una mostra e un catalogo, curati da Nicoletta Ossanna Cavadini, con una introduzione di Rossana Bossaglia e ora di nuovo questa monografia che si potrebbe definire “intimista”, fortemente voluta dal nipote Rudy, custode affettuoso e devoto di quasi tutta la produzione pittorica del nonno, il quale esponeva e vendeva poco e dipingeva soprattutto per diletto, per rispondere a un bisogno personale: uno sfogo, una necessità intrinseca di fermare sulla carta o sulla tela, con i pennelli o con le matite, emozioni altrimenti percepite solo interiormente. Il sostentamento economico gli derivava dall’impresa di pittura che gestiva, dall’attività di pittore decoratore, capace designer e architetto progettista. Il suo lavoro è intriso di elementi postimpressionisti con cui rappresenta la quotidianità a volte minuta a volte austera. È, la sua, una generazione che si è abbeverata, almeno per i soggetti, agli insegnamenti di altri pittori di radice lombarda. Le avanguardie, almeno in pittura, non hanno attecchito in Basilico. Le sue scelte non si distinguevano in fondo da quelle di altri artisti locali di qualche anno più anziani, anche se lui trattava la resa del colore in modo del tutto personale: Attilio Balmelli (1887-1971) o Emilio Maccagni (1888-1955), anche loro soprattutto pittori decoratori (ma pure restauratori) che non hanno svolto un apprendistato regolare e solo quando liberi da lavori di commissione e non pressati dalle necessità economiche hanno potuto lasciar sfogo alla loro energia poetica. È questo il caso di Carlo Basilico, il quale nelle sue composizioni si affida al vero, che tuttavia viene trasfigurato, studiato, rivissuto. Delle istantanee che fissano la realtà attraverso la lente degli affetti.
TRA IMPRESA E ATELIER. Nato nel 1895 a Rancate, in una famiglia di modeste condizioni economiche (il padre, Adolfo Basilico, era originario di Ceriano Laghetto, in Lombardia, la madre Cecilia Luisoni era di Stabio), fin da giovinetto aveva dimostrato uno spiccato talento artistico per cui, dopo aver seguito i corsi serali della Scuola di disegno a Mendrisio – così da poter lavorare come pittore-decoratore durante il giorno e guadagnarsi qualche soldo – nel 1910, all’età di quattordici anni, si era deciso per il gran passo: andare a Torino e frequentare la Scuola Tecnica Operaia Serale di San Carlo, allora molto rinomata nell’ambito dell’Ornamentazione. Lì ebbe anche modo di distinguersi: si diplomò infatti nel 1915, conseguendo pure il secondo premio (Medaglia d’argento) in Ornato. Dopo anni di studio e di pratica a Torino, nel 1916 egli torna in Ticino e prima lavora per Cesare Rusca (un pittore di Ligornetto), poi nel 1918 trova impiego presso l’impresa di decorazione di Pietro Prada. Destino vuole che Arnoldo, figlio del titolare e suo stretto collaboratore, muoia, poco più che trentenne, a seguito di un tragico incidente avvenuto sul lavoro nel 1919. Poco alla volta Basilico ne prende il posto, diventa l’interlocutore di fiducia del titolare, che ne apprezza la competenza e la qualità del lavoro. Tale dimestichezza, diventata presto familiarità, favorì la vicinanza e poi la frequentazione tra Irma, figlia di Pietro, e Carlo che la sposò nel maggio del 1920, venendo in questo modo cooptato nelle vicende della ditta. Quando sei anni più tardi, nel 1926, suo suocero morì, Carlo Basilico, che vi lavorava ormai da quasi una decina d’anni, divenne a tutti gli effetti responsabile di un’impresa ben avviata e che contava diversi operari al suo servizio. Egli entra comunque a far parte della Società ticinese per le Belle Arti, con cui espone in varie occasioni, anche al Kunsthaus di Zurigo; ciò nonostante, scrive il nipote Rudy, “per forza di cose, mio nonno non si considerava un pittore professionista […]. Un giorno mi disse: ‘Certo, se fossi vissuto a Parigi senza la responsabilità di dover pensare alla famiglia e alla ditta, avrei potuto dedicarmi esclusivamente alla pittura e mi sarei sviluppato altrimenti’”. Basilico nutriva inoltre numerosi interessi: dalla musica (oltre a suonare il corno nella banda cittadina, in privato suonava pure chitarra e mandolino) alla lettura, dall’invenzione di scenografie, manifesti per ditte o enti al design e infine all’architettura che coltivò soprattutto nell’ultima parte della sua vita. A partire dal 1954, infatti, dal momento che il lavoro di decoratore di interni era fuori moda e non più richiesto, Carlo Basilico inizia a collaborare attivamente con l’industriale Luigi Giussani, per il quale nel 1944 aveva già progettato e realizzato la tomba di famiglia a Chiasso. Tutti i giorni si reca in treno a Lugano e fa vita di ufficio e progettazione nell’ambito dell’architettura vera e propria, non solo collaborando o pianificando la ristrutturazione di diversi edifici, ma anche progettando ex novo case – di particolare interesse quelle operaie a Giornico, inserite in un complesso che garantisce a ciascuna la massima privacy –, edifici privati o industriali, come il prospetto della fabbrica Monteforno e la Centrale Elettrica a Lostallo, opere di pregevole qualità. Basilico morì il 30 gennaio 1966 a Mendrisio, a causa di una malattia professionale dovuta ad avvelenamento da colori industriali. La salma fu tumulata presso il cimitero di Novazzano.
LA SCOPERTA DEL COLORE: TRA QUOTIDIANITÀ E PAESAGGI DOMESTICI. L’approccio di un ornatista alla pittura è diverso da quello di un artista: quest’ultimo pensa prioritariamente all’arte come espressione di sé, del proprio mondo interiore; l’altro alla pittura in quanto creatività messa al servizio della funzione o del luogo cui è destinata. I due aspetti sono ben avvertibili in Basilico fin dai suoi esordi. Se guardiamo infatti alle sue prime opere dalle intenzioni palesemente artistiche, constatiamo subito che egli non va solo alla ricerca di sé stesso, ma compie presto anche rapidi progressi. All’inizio, memore degli insegnamenti acquisiti a Torino, si concentrò soprattutto sul ritratto, sull’autoritratto, sullo studio del modello. Lavorava prevalentemente in bianco e nero, a matita e carboncino, rialzati qua e là da tocchi di luce o bianco; nel complesso vi si sente ancora ben presente l’impronta della formazione accademica. Ma bastano pochi anni per veder emergere la sua anima più vera e finora nascosta: quella del colorista che sciorina gamme di colori su paesaggi, angoli di casa e familiari. Il diapason stilistico di Basilico, nel corso del terzo decennio, si muove tra impressionismo e postimpressionismo, qualche volta fin quasi alle soglie dell’espressionismo: sempre comunque guardando sostanzialmente più a Nord che a Sud. È solo verso la metà degli anni trenta che egli sembra girare lo sguardo alle esperienze della vicina Italia. Dopo il quasi silenzio degli anni bellici e immediatamente seguenti – segnati anche da forti disturbi visivi a causa di un incidente sul lavoro con la calce viva che lo ferisce agli occhi – la sua pittura ritrova la luminosità e il gusto del colore screziato tipico dei suoi primi dipinti. Al di là della varietà di soluzioni formali che le diverse tecniche suggerivano o implicavano, la pittura di Carlo Basilico si concentra sulla raffigurazione della sfera del privato – ritratti della madre, della moglie, della figlia, interni domestici. Con la sua arte, Carlo Basilico ci ha però anche lasciato uno sguardo molto sincero e sentito sul suo paese in quegli anni, sulla sua regione, il Mendrisiotto, con le sue colline, i suoi villaggi sparsi tra i pendii vignati, i suoi campi e le sue strade, la bellezza della Campagna Adorna resa con rapidi tocchi e varietà di toni e colori. Ma andando decisamente oltre la descrizione: Basilico non è un illustratore, quello che vuole è cogliere al volo un’emozione – un’impressione, a volte le chiama così – da riportare a caldo sul foglio perché ridia il senso di un’entità viva e reale.
Carlo Franza