Corrado Cagli tra Folgorazioni e Mutazioni. La mostra di uno dei maggiori protagonisti dell’arte italiana al Museo di Palazzo Cipolla a Roma.
Aperta al pubblico, nei prestigiosi spazi del Museo di Palazzo Cipolla in via del Corso a Roma, la mostra retrospettiva antologica dal titolo “Corrado Cagli. Folgorazioni e Mutazioni”, dedicata alla vasta Opera del Maestro Corrado Cagli. L’esposizione è curata dal collega Bruno Corà, storico e critico, Presidente della Fondazione Burri, in collaborazione con l’Archivio Cagli, promossa dalla Fondazione Terzo Pilastro – Internazionale, ed organizzata da Poema S.p.A. con il supporto di Comediarting. La mostra presenta un ampio repertorio di dipinti scelti oltre a un cospicuo corpus di disegni, sculture, bozzetti e costumi teatrali, arazzi e grafiche, per un totale di circa 200 opere provenienti da importanti istituzioni e prestigiose collezioni private. La mostra ricostruisce nella sua interezza la vasta attività creativa di uno dei maggiori protagonisti del dibattito artistico italiano e internazionale del XX secolo e riporta Cagli a Roma dopo la personale del ’99 tenutasi nelle sale della galleria Archivio Arco Farnese a cura di Fabio Benzi. Corrado Cagli rifiutava di farsi ingabbiare nel reticolo delle definizioni e dei movimenti. “In arte una sola logica è dannosa”, scriveva giovanissimo nel 1933 sulla rivista Quadrante, diretta da Massimo Bontempelli, precisando di poter seguire senza problemi sia la pittura figurativa che l’ astrazione, come non ci fosse un’estrema cesura fra esse. Molto conosciuto e rispettato dai critici era sicuramente un personaggio non facile, al quale la storia dell’ arte non ha riservato il posto che avrebbe meritato. Personalmente l’ho frequentato a Roma nei primi anni Settanta quando esponeva alla Galleria Il Nuovo Carpine in Via delle Mantellate. Di lui ho dei bellissimi ricordi. Era una sorta di maestro venerato dalla critica e dalla stampa. Ora mettere a fuoco sulla base di questi presupposti la figura complessa del pittore anconetano guardandola con occhi nuovi è l’ obiettivo della mostra in questione. Il percorso espositivo permette al pubblico la visione dei maggiori cicli pittorici realizzati dall’artista: dai primi lavori giovanili in maiolica a quelli realizzati a olio o con altre tecniche del periodo della Scuola Romana (1928 – 1938), dalle prove neometafisiche (1946 – 1947) elaborate a New York agli studi sulla Quarta dimensione (1949), per poi passare ai Motivi cellulari (1949), alle Impronte dirette e indirette (1950), alle eteree Metamorfosi (1957 – 1968), alle Variazioni orfiche (1957), alla suggestiva ed enigmatica serie delle Carte (1958 – 1963) e infine concludere con le Mutazioni modulari sviluppate fino alla metà degli anni Settanta. “Oggi l’arte di Cagli esige nuove riflessioni – spiega il curatore Bruno Corà – un nuovo dibattito sul linguaggio e il pensiero estetico di questo indiscusso Maestro del XX Secolo va aperto. Questo momento espositivo consentirà di indagare e di affermare, con i nuovi strumenti critici a disposizione, l’attualità della lezione di Cagli, la cui azione proteiforme non cessa mai di stupire e di esercitare stimoli ad artisti chiamando oggi a declinare i modi della sua incessante ricerca e dei suoi esiti più alti.” E ancora: “ “Il filo fondamentale del racconto è chiarire che Cagli, maestro indiscusso del Ventesimo Secolo, non è un eclettico, ma un artista che ha molto chiaro il concetto della logica artistica”, avverte Corà. La retrospettiva segue il percorso cronologico, dal Primordio negli anni Trenta della Scuola Romana, definizione coniata in occasione di una mostra a Parigi che presentava le sue opere insieme con quelle di Emanuele Cavalli e Giuseppe Capogrossi. Fu quello un punto di partenza che generò nuove energie, suggerisce il curatore. “Cagli va avanti, l’ antico secondo lui deve essere attualizzato e portato nel presente, la Storia deve servirci oggi non come fatto retrospettivo”. Il racconto procede anche per temi descrivendo il Cagli pittore, disegnatore, architetto scenografo, ceramista, creatore di arazzi, scultore. Un artista “leonardesco” dunque, o “copernicano” come lo definì Carlo Ludovico Ragghianti presentando la mostra straordinaria del 1972 con oltre 600 opere riunite a Palazzo Strozzi, a Firenze.
Aggiunge il Prof. Avv. Emmanuele F. M. Emanuele, Presidente della Fondazione Terzo Pilastro – Internazionale che promuove la mostra: “Già negli anni ’30 Cagli è una figura di spicco dell’arte italiana e rappresenta il Paese in rassegne internazionali prestigiose: da molti viene visto come esponente privilegiato di una via italiana alla modernità, alternativa al Futurismo da una parte e alla tradizionale arte del Novecento dall’altra. Successivamente, la condizione precaria e lo stile di vita nomade del periodo di esilio americano lo portano a produrre arte con quella che il saggista Raffaele Bedarida ha definito “schizofrenia stilistica”, cosa che ha reso i lavori di quel tempo assai “significativi a livello personale e non solo”. Inoltre, una caratteristica fondamentale di Cagli è certamente lo sforzo continuo verso la contaminazione, cercando collaborazioni al di fuori dei confini di una singola disciplina: non solo con letterati ma anche con musicisti, architetti, matematici e molto altro. In questo senso, egli è un artista fortemente e incredibilmente contemporaneo, ed è importante, a mio avviso, ricordarne e riproporne oggi l’incessante, variegata e mai banale ricerca espressiva.” L’ appuntamento di Palazzo Cipolla riporta Corrado Cagli nella Capitale, “teatro della sua azione maggiore”, a 20 anni di distanza dall’ultima rassegna che nel 1999 gli dedicò la Galleria Arco Farnese. In mostra i primi lavori giovanili in maiolica, i dipinti a olio e con altre tecniche negli anni della Scuola di Roma (1928-1938), le prove neometafisiche elaborate tra il 1946 e il 1947 elaborate a New York, dove Cagli, di madre ebrea, espatriò in conseguenza delle Leggi Razziali; gli studi sulla Quarta dimensione (1949), i Motivi cellulari (1949), le Impronte dirette e indirette (1950), le Metamorfosi (1957 – 1968), le Variazioni orfiche (1957), la serie suggestiva delle Carte (1958 – 1963) e infine le Mutazioni modulari sviluppate fino alla metà degli anni Settanta. Un largo raggio d’ azione che conferma l’attualità della lezione dell’ artista, “visto da molti – ha osservato Emmanuele Emanuele, presidente della Fondazione Terzo Pilastro – come esponente privilegiato di una via italiana alla modernità, alternativa al Futurismo da una parte e alla tradizionale arte del Novecento dall’altra. Una caratteristica fondamentale di Cagli è certamente lo sforzo continuo verso la contaminazione, cercando collaborazioni al di fuori dei confini di una singola disciplina: non solo con letterati ma anche con musicisti, architetti, matematici”. Nella mostra vengono posti in evidenza alcuni dei momenti iconici della pittura di Cagli, quali ad esempio quelli rivolti a dare una identità al “muralismo” italiano (parallelamente a Sironi) nella ricerca di “un’arte ciclica e polifonica”; per l’occasione sono riuniti alcuni dei pannelli costituenti il ciclo esposto e in parte censurato all’Esposizione Universale di Parigi del 1937. Sono anche presenti alcune opere esposte nella mostra di rientro in Italia, dopo l’esilio americano, allo Studio d’Arte Palma nel 1947 che suscitò un’azione di contrasto degli artisti del gruppo Forma.
Infine, in esposizione, oltre agli arazzi, alle opere plastiche, ai bozzetti architettonici della Fontana dello Zodiaco di Terni e a quelli del Monumento di Göttingen in Germania, si possono osservare altresì anche il monumentale cartone della pittura murale eseguita per la XXI Biennale di Venezia del 1938, Orfeo incanta le belve, e una sezione rilevante incentrata sull’attività di scenografo e costumista teatrale con un risalto dato all’esperienza newyorkese della Ballet Society insieme a George Balanchine. Durante la seconda Guerra Mondiale Cagli, che nel 1939 era divenuto cittadino americano, si arruolò nell’esercito degli Stati Uniti e partecipò alla campagna d’ Europa e allo sbarco in Normandia. L’ artista tornò definitivamente in Italia nel 1948. Morì a Roma nel marzo del 1976, nella sua casa all’Aventino.
Carlo Franza