Il quartiere Isola a Milano, una volta quartiere popolare, è da qualche decennio luogo di gallerie d’arte, di studi di artisti, di celebrata movida milanese  e di  rinomatissimi  spazi legati al food. Fra questi il celeberrimo Frisà Bistrò,   in Via Alserio al 3, inaugurato da Paride Sansò nel dicembre 2019. Vi sono transitato  accompagnato da amici  e devo dirvi che per l’accoglienza e il gusto non si può fare a meno di tornarvi. Non è il solito buon cibo, qui vale il cibo come esperienza culturale, il cibo come comunicazione,  il cibo come cultura, il cibo come simbolo, il cibo come arte, il cibo come scuola di vita.  Paride Sansò ha messo in piedi  il food policy, ovvero una straordianria politica alimentare per la città, che parte al mattino con la colazione, poi il pranzo, l’apericena e la cena, e ogni altro evento capace di far vivere un food and Artshow, e per finire l’asporto  Frisà  con il piatto preferito che arriva a casa  per far scoprire  sempre meglio i migliori sapori salentini.  Nel giro di pochi mesi dall’apertura, nonostante la chiusura della Pandemia  Covid 19, il patron chef  Paride Sansò  unitamente ai figli Samuele e Gabriele, è riuscito a mettere in piedi  in questo luogo dove il decalogo del gusto fa vivere anzitutto una fiamma di ospitalità, grazie anche agli artisti pittori che qui vi espongono  – da ultimo Giuliano Grittini con le sue Marylin e i ritratti della poetessa Alda Merini-  e soprattutto  non  manca quel super menù che tutto cercano e spesso non trovano. E’ vero che a Milano non mancano i locali pugliesi, ma vi assicuro che il Frisà Bistrò merito un voto in più  per l’eccellenza, tanto che una Giuria illustrissima di giornalisti  e intellettuali di chiara fama dopo averne analizzato tutti i meriti  gli ha fatto assegnare  -la cerimonia sarà a dicembre- il Premio delle Arti-Premio della Cultura  Edizione XXXII -Milano 2020  proprio come Azienda dell’Anno 2020. Un traguardo che spetta a Paride Sansò  che da anni ormai su Milano si  è dedicato, ancor prima di aprire in Via Alserio 3,  a location  del food  con estrema signorilità, avendo appreso dal padre Marcello Sansò, autore del famosissimo libro “ Il manuale del barista” edito da Rizzoli, la lezione della ristorazione come culto del buon gusto. Dice: “Non mi definisco un barman,mi definisco un profumatore”. Buonissima la cucina che qui si gusta realmente, grazie a una trama gastronomica  espressa in poche voci, ma decisamente profonda e speziata, una antologia pugliese  di piatti  tipici, con voci popolari di esplicita origine salentina; strascinati lunghi alla gallipolina ( pomodorini con polpo cozze cannolicchi e patate), Taieddha ( riso  con pomodorini sedano cozze patate e pecorino), Purea di fave con cicorie, Polpo in pignatta con patate. Tra i “primi”  da gustare ancora orecchiette al sugo con ricotta scanta, cavatelli alla pignata di ragù con lampascioni, cavatelli alla salentina, maccheroni con speck  cicoria e carciofi. Tra i “secondi”, carne alla pizzaiola, arrosto con patate, pezzetti di  carne al sugo, straccetti di carne con porcini, purea di fave e cime con crostoni di pancetta. E mi fermo qui, perché il Salento da moltissimi è stato conosciuto nelle estati scorse, il tacco d’Italia è stato preso di mira dal turismo italiano e non. Tutti pazzi per il Salento: anche per la cucina. E se molti italiani la considerano genericamente pugliese, in realtà questa cucina ha la sua cifra  colta  proprio nell’esaltare al massimo il concetto di cucina povera, frutto di tradizioni centenarie e di prodotti, provenienti, soprattutto, dalle campagne. Ai piatti contribuiscono il pesce dell’Adriatico e un po’ di carne, preferibilmente di cavallo.  Il Salento è anche  il regno della verdura coltivata o selvatica, che qui al Frisà si gusta alla grande. Lo chef del  famosissimo  ristorante salentino Frisà Bistrò  a Milano nel lungo elenco di specialità da assaggiare per i neofiti del Salento,  consiglia la “frisa”- da qui il nome del locale-  (un biscotto di grano duro) con il pomodoro,  poi lo sciuttidu che è la gustosa peperonata locale,  le cicureddhe cu le fave nette (cicorie selvatiche con purea di fave) e infine la paparina e paparotta. Vi sembra poco?  Per ogni voce del menù, dalla carne alla brace alla puccia croccante fuori e morbida dentro è  proposto un abbinamento di vini  pugliesi, primitivi e non solo, raffinatissimi, tanto che il palato ne conserva per giorni il profumo.  

Mi è bastato  dare un’occhiata a questo locale per capire che si trattava di un’eccellenza, un unicum senza pari,  fin dall’arredo, grandi spazi interni ed esterni, un bancone stile revival, tavoli di legno attraversati da tovagliette, uno scenario elegante, quasi severo  nel suo minimalismo, che attira allo stesso modo della simpatia del patron chef  Paride  e dei figli che vi servono a tavola.

Il concetto di “Frisà Bistró” nasce da una lunga e mirata  esperienza nel settore ristorativo e alberghiero data la lunga e continua ricerca non solo dei prodotti enogastronomici ma anche dal desiderio  di voler dare consulenza  anche a chi abbia  intenzione di mettersi in gioco nell’ambito di questo settore. Paride Sansó ha creato  con “Frisà Bistrò”il suo gioiello di ristorazione che vive  anche di tradizione familiare  grazie  all’esperienza del padre  che ha certificato il passato soprattutto al Camparino in Galleria del Duomo;  oggi Paride e figli nella loro location, richiestissima, per via del Salento style, certificano  e incorniciano il loro ristorante di ricerca e tendenza, frequentato,  anzi frequentatissimo da personaggi di ogni età, giovani  e non, ma tutto con il desiderio di ritornare a gustare una cucina  che  certo  fa vivere a lungo.

Carlo Franza

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