“2084. La fin du monde.”, il romanzo di Boualem Sansal profetizza la dittatura islamica. Un allarme che il mondo deve cogliere prima che una guerra nucleare sconvolga il pianeta.
Ho appena finito di leggere “2084. La fine del mondo” il romanzo dello scrittore franco- algerino Boualem Sansal (nato ad Algeri nel 1949) che va per la maggiore nelle librerie transalpine( edizioni Gaillmard (pp. 288, euro 19,50), uscito per le Edizioni Neri Pozza (pp.256, euro 17, traduzione di Margherita Botto). Lo potremmo definire il sequel di «Soumission» di Houellebecq, e a detta di questi ancora più drammatico e vero. Vi confesso che sono rimasto inorridito dinanzi a questo romanzo a tesi ( Mi sono chiesto se preti e vescovi italiani e del mondo lo abbiano letto o leggono solo il Catechismo del Concilio Vaticano II ?). Una sorta di fine del mondo attuale, senza altre chiese, per un mondo teocratico, islamico, senza libertà, senza libero pensiero, senza slanci, senza amore, senza pace, senza democrazia. Un mondo di sottomessi, di moschee, di chierici islamici, di decapitazioni e di mutilazioni pubbliche. E potrei continuare. Sansal, ingegnere, non è al primo romanzo, è il tredicesimo, vive in patria da recluso, perseguitato, potrebbe fare le valigie e andarsene da un’Algeria ormai islamizzata, ma afferma che preferisce lottare da Boumerdès a 50 km da Algeri perché la sua patria quella da lui vissuta e completamente cambiata, oggi è sotto l’invadenza degli imam, e ne porta persino l’esempio della sua compagna un’algerina insegnante di matematica, cacciata dal lavoro, che si rifiutava di obbedire alla nuova didattica in quanto non puoi dire a un alunno che uno più uno fa due, ma “fa due se Dio lo vuole”.
Ma torniamo al romanzo. C’è un chiaro richiamo a “1984” di George Orwell, e qualcosa è cambiato. Cento anni dopo non ci sono più l’Oceania, l’Eurasia e l’Estasia, ma solo l’Abistan. Non c’è più un partito unico con a capo il Grande Fratello, ma il dominio incontrastato degli islamisti secondo la volontà di un nuovo Dio, Yölah, con un nuovo profeta, Abi, una nuova lingua, l’abilang, un nuovo libro santo, il Gkabul. Ecco: “La rivelazione è una, unica e universale. Non richiede aggiunte, revisioni, e nemmeno la fede, l’amore e la critica. Solo l’Accettazione e la Sottomissione”, titolo primo, capitolo 12, versetto 2 del Gkabul. E via via leggendo il romanzo mi è stato naturale, ripensare alle sante parole di Oriana Fallaci, intellettuale che Papa Francesco dovrebbe fare santa, invece di inveire contro Trump candidato alla Presidenza degli Stati Uniti. Oriana Fallaci ci parlava di Eurabia, qui siamo oltre. Nell’Abistan, il paese immaginato da Sansal dove tutti sono sottomessi alla crudele legge divina di Yölah, Abi, il “delegato di Yölah sulla terra”, vigila sul rispetto delle norme islamiste come l’obbligo di pregare nove volte al giorno, e le principali attività consistono in pellegrinaggi estenuanti e in spettacoli di decapitazioni e lapidazioni pubbliche. “La paura di Dio sarà più forte di quella delle armi (…) le persone potranno vivere con poco. Avranno solo bisogno di moschee per pregare, per credenza o per paura”, dice l’autore algerino. Che ha anche un messaggio per l’Europa e per tutti gli intellettuali, giornalisti e politici che sottostimano la minaccia islamista e che per il terrore di essere tacciati di islamofobia si autocensurano e “uccidono il dibattito”. E allora altro che accoglienza e senza muri , gli europei “si stanno sbagliando sull’islamismo, così come si sono sbagliati sul comunismo”, afferma Sansal: “Il dibattito è come una pianta: se non viene annaffiato con il contraddittorio, sparisce”. E ancora “la dinamica della mondializzazione musulmana si sta sviluppando”, ha aggiunto l’autore algerino. E’ sotto i nostri occhi, basta guardarci intorno. “Il terreno da osservare è l’Europa. Dopo il mondo arabo e l’Africa, l’islamismo si propaga anche in Occidente con una presenza fisica e sempre più visibile di uomini barbuti, di donne col velo e di negozi halal”.E’ chiaro che il “2084” dovrebbe essere l’anno della Grande Guerra Santa contro la Grande Miscredenza che ha spazzato via le precedenti civiltà e imposto il regno del “non pensiero” nella sottomissione alla volontà di Yölah e del suo rappresentate sulla terra, il profeta-delegato Abi. “Secondo la mia analisi, è il totalitarismo islamico che avrà la meglio perché fa leva su una divinità e una gioventù che non ha paura della morte, mentre la mondializzazione si appoggia sui soldi, sul confort, sulle cose futili e deperibili”, ha detto Sansal. I toni apocalittici sono più veri che mai, occorre riprendersi il coraggio, alzare muri se occorre e ben alti, riappropriarsi dell’identità europea e per noi italiani dell’identità italiana. Sansal afferma che “l’Islam non patteggia con la democrazia, questo concetto nel mondo musulmano non ha senso, non esiste”. Sansal ripete a tutti i versi del poeta algerino Tahar Djaout, ucciso da integralisti religiosi nel 1993 a 39 anni con due colpi alla testa sotto casa : “Il silenzio è la morte/ se tu parli muori/ se tu taci muori/ allora parla e muori”. Salan confessa che la globalizzazione e la mondializzazione hanno schiacciato tutte le culture e le nazioni, aprendo così la strada alla resurrezione dell’islam dove c’è solo sottomissione e accettazione. Vi pare poco, se Sansal ci parla e profetizza di un Abistan con i preti poliziotto che lavorano per il dio Yolah? Ora è compito di tutti gli intellettuali italiani ed europei lavorare per smascherare accoglienze, dialoghi e quant’altro. E che non sia troppo tardi.
Carlo Franza