Un portale bronzeo di Claudio Parmiggiani per il Sacro Eremo di Camaldoli(Arezzo). Un capolavoro di altissima fattura, di grande pensiero, di storica portata.
I monaci del Sacro Eremo di Camaldoli (Arezzo) hanno deciso di festeggiare il millenario della fondazione(1012-2012) della propria comunità affidando all’artista Claudio Parmiggiani la realizzazione di un’opera specificatamente dedicata al Sacro Eremo di Camaldoli. E’ nata così la porta filosofica, un portale bronzeo che costituisce la “porta speciosa”(Porta Bella) dell’eremo o, come ama definirla l’artista, “porta filosofica”. E’ un’opera in bronzo, fusione a cera persa, eseguita nella fonderia artistica della Domus Dei di Albano Laziale, dove Claudio Parmiggiani ha dato vita a questa scultura unica nel suo genere, intrisa di spirito evangelico, monastico ed eremitico. E’ un’opera d’arte di altissima fattura, di grande pensiero, di storica portata. E’ la porta che introduce, e insieme custodisce, l’ingresso al Sacro Eremo e narra a coloro che l’ammirano, all’esterno e all’interno, dell’intensa spiritualità di cui questo monastero millenario vive. Nel battente di sinistra tutto richiama la morte: l’albero scavato, il cranio del caprone, il teschio, la pietra cimiteriale. Eppure in un paesaggio così funereo vi sono elementi che aprono alla speranza. Il gufo rappresenta il monaco che veglia solitario nella notte fra le rovine, che serba un oltre. E’ evidente il richiamo al Salmo 101. La pietra, come scartata, che parla dell’Amore. E’ l’Amore che schiaccia, che distrugge il male (la pietra schiaccia le corna del caprone, uccide il diavolo, colui che divide). Il teschio ricorda un tema molto caro alla tradizione monastica: il ricordo della morte. Non un ricordo macabro, ma la morte intesa come passaggio, Pasqua per incontrare il Signore. Il battente di destra inneggia alla Vita. Un albero rigoglioso con un uovo simbolo della vita alla sua base. L’albero è vivo , seppure in versione invernale, con le foglie cadute. Rimanda alla spogliazione, alla nudità della vita solitaria. Appesa all’albero la campana: simbolo dell’eremitismo. Nell’insieme un paesaggio pasquale che non dimentica l’assenza del sabato santo e la morte del venerdì santo. Sul lato interno vi sono sei formelle come pagine di un libro aperto. Vi sono impresse le virtù della vita solitaria legate a sette alberi. Pagine quasi del tutto vuote, con le scritte a caratteri d’oro di piccole dimensioni, a piè di pagina. Le virtù vanno sussurrate, non imposte. Sopra le scritte il passero solitario: il monaco eremita che viene sorretto dalle virtù, le pratica, ma non si compiace in esse. Le trascende. Il passero è rivolto verso la campana, verso l’Assoluto. E’ un’opera a tratti struggente, dove però nel dramma esistenziale fa breccia la Vita, l’Amore, la Speranza. Il brano impresso sulla “Porta Bella” è tratto dal Liber Eremitice Regule del Priore del S. Eremo Rodolfo (XII° sec.).Testo impresso sulla pietra collocata sulla parte esterna: “Quando avrai posseduto questi alberi della vita solitaria, subito arriverai alla perfezione dell’amore” (LER XLVII, 1).
Testo impresso sulla parte interna:“Tu dunque sarai cedro per nobiltà di sincerità e santità, acacia per puntura di correzione e di penitenza, mirto per discrezione di sobrietà e temperanza, olivo per gioia di pace e di misericordia, abete per altezza di meditazione e di sapienza, olmo per opera di sostegno e pazienza, bosso per modello di umiltà e perseveranza” (LER XLVI, 21).
Insieme all’opera, come fosse un suo naturale proseguimento su carta, Claudio Parmiggiani ha realizzato un libro che descrive la porta e, attraverso di lei, il fascino unico del luogo e le straordinarie ricchezze artistiche e librarie che vi sono custodite. A corredo delle ricchissime illustrazioni, i testi, tra gli altri, di Jean-Luc Nancy, Sylvain Amic, Bruno Corà e Luca Sommi.
Claudio Parmiggiani (Luzzara,1943) è un artista italiano. Ha studiato presso l’Istituto di Belle Arti di Modena e ha frequentato lo studio di Giorgio Morandi a Bologna. Da questa esperienza è rimasto fortemente marcato. Del 1970 sono le prime Delocazioni, opere realizzate attraverso l’uso della polvere, del fuoco e del fumo. I suoi lavori riflettono sul tema dell’assenza e del passare del tempo nelle sue tracce visibili. C. Parmiggiani si impone come una delle figure principali dell’arte italiana del secondo dopoguerra, prima attraverso l’arte povera, poi si cimenta con quella concettuale, assumendo una postura unica, originale ed inimitabile nel panorama contemporaneo. Nel 2000 realizza il Faro di Islanda, opera permanente, solitaria e luminosa posta lungo la strada che porta ai ghiacciai e ai vulcani più famosi dell’isola atlantica. Tra le sue tante opere si segnalano il Mare di ghiaccio (1998) in cui usa lastre di vetro per rappresentare il ghiaccio con al centro un’àncora rovesciata; La Fontaine D’Aubigné (2008), una fontana di bronzo e oro dalla quale scorre il vino una volta all’anno; Naufragio con spettatore (2010), una barca a vela arenata su una mole di libri abbandonati; Luce, luce, luce (2012), una scala di undici metri appena inclinata rivolta verso il cielo. Infine, La Porta Speciosa o Porta Filosofica (2013) ideata per celebrare il Millenario del S. Eremo di Camaldoli. Le sue opere rappresentano una sfida continua, in cui coerenza di intenti ed esiti creativi si impongono per la loro eccezionalità.
Carlo Franza