Scuoiati vivi. Rosolati a fuoco lento su una graticola. Mutilati dei loro organi più vitali o trafitti da un nugolo di frecce. I santi del martirologio cristiano forniscono la riprova che anche nel campo della crudeltà, settore in cui il genere umano ha sempre sfoggiato doti di fantasia e creatività, l’evoluzione della civiltà occidentale ha seguito di pari passo, dai primi secoli dell’era cristiana fin quasi ai nostri giorni, un processo di specializzazione e individuazione quasi “ad personam” che solo gli stermini e i genocidi del “secolo breve” hanno riportato a una dimensione di massa tanto feroce quanto indiscriminata. Certo, i primi martiri cristiani venivano crocifissi senza tanti complimenti, e per un Santo Stefano lapidato, innumerevoli altri finivano tra le belve dell’arena nel più completo anonimato, senza balzare agli onori della cronaca. Ma poi, messa a fuoco la valenza edificante del martirio quale sublime professione di fede, spinta fino al sacrificio di sé medesimi, la Chiesa dei primi secoli non ha esitato a canonizzare una folta compagine di martiri, quadri intermedi di quella “mistica del corpo” che attraverso le più svariate sevizie predisposte dai persecutori, evocava in chiave più accessibile, familiare e quasi domestica, il sacrificio di Cristo Salvatore immolatosi sulla Croce per la redenzione del genere umano. Tutto uno splendore dei supplizi, dunque, una sagra della ferocia e del sadismo che ben oltre i secoli d’oro dell’efferata pratica continuò a sollecitare la fantasia degli artisti fin dentro al Medioevo e al Rinascimento, per estinguersi infine gloriosamente nella pittura controriformata e barocca. Di questo aspetto del culto dei santi, tramandato dalla miniatura in innumerevoli “immagini miniate” di accattivante fattura, si occupa tra l’altro una bellissima mostra allestita in questi mesi al “Getty Museum di Los Angeles” dal titolo “Miracoli e Martiri: i Santi nel Medioevo”, dove accanto alla capacità di far miracoli -altra apprezzata competenza di questi preziosi intercessori-, sfila per le cure di Elizabeth Morrison, attraverso i fogli della prestigiosa istituzione californiana, un campionario “in miniatura” di raffinate sevizie aventi per oggetto la corporalità della vittima designata. Dal seno delle fanciulle, emblema di una purezza e della consacrazione a Dio, al corpo atletico e palestrato di San Sebastiano; dalla scatola cranica di Pietro Martire spaccata in due da un’enorme accetta, ma da cui ancora erompe e fluisce ininterrotta una volontà capace di convertire alla parola del Messia il più ostinato e recalcitrante degli eretici, fino alla decapitazione di San Vito,Modesto e Crescenza e al supplizio dei carboni ardenti di Sant’Agata, alla lapidazione di Santo Stefano, al rogo di Sant’Irene. Nella vasta casistica di strumenti, torture, modalità e circostanze del martirio, del resto, gli artisti potevano pescare spunti e motivi in abbondanza non solo per la loro ispirazione ma anche sorregere la curiosità devota, forsanche morbosa, di schiere di fedeli assetati di exempla cui conformare la loro tribolata esistenza. La collezione di manoscritti miniati del Getty Museum comprende capolavori di arte medioevale e rinascimentale, che vanno dal X al XVI secolo,di origine francese, italiana, belga,tedesca, inglese, spagnola e mediorientale. Tra le opere di maggior pregio intanto quattro manoscritti del regno degli Ottoni, poi tesori dell’arte romanica provenienti dalla Germania ,dall’Italia e dalla Francia, un’Apocalisse gotica inglese, e ancora manoscritti del Basso Medioevo dipinti da artisti quali Jean Fouquet, Girolamo da Cremona, Simon Marmion e Joris Hoefnagel. La collezione comprende anche libri liturgici,testi di devozione dal carattere delicato e commovente usati per le pratiche religiose individuali, Bibbie,vivaci novelle del Boccaccio e di Jean Froissart e uno stupefacente Modello di Calligrafia. La collezione di manoscritti miniati,detta di Ludwig e acquistata nel 1983 dal Getty Museum, si compone di 144 manoscritti di eccezionale valore oggi esposti al pubblico, raccolti dai coniugi Peter e Irene Ludwig di Aachen in Germania su consiglio di un mercante di libri antichi.

Carlo Franza

 

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