Una mostra a Milano all’Artestudio 26 mette in luce una delle eccellenze italiane, Michele Ghiro, un artista che lavora il vetro facendone venir fuori capolavori. Trovare nell’arte contemporanea artisti che si misurano con il vetro è cosa di grande fascino, specie se trattato con totale maestria; e che hanno utilizzato, poi, nell’arco della loro carriera come strumento originale di espressione e mezzo di ricerca di una propria personale poetica. E con questo materiale il loro lavoro ha lasciato vivere aperture nuove a possibili esplorazioni artistiche. Tra i più interessanti artisti del nostro tempo che hanno utilizzato anche il vetro come medium del loro fare, Marcel Duchamp e Joseph Beuys, fino ad Ai Weiwei, Damien Hirst, Giovanni Anselmo e Jannis Kounellis, Giancarlo Marchese, solo per citarne alcuni. L’impiego del vetro come oggetto ritrovato, come materiale dalle particolari qualità metaforiche e linguistiche, di preziosità e di inserimento, collegamento, e addirittura di progettazione, scenografia e arredo spaziale. Anziché la precisione o l’originalità del disegno del manufatto, qui entrano in gioco il potenziale simbolico della trasparenza, della fragilità e della resistenza, della precisione e della levigatezza, nella costruzione di una situazione che attinge volontariamente dall’esperienza della realtà quotidiana e dal linguaggio artistico contemporaneo. In questo contesto del presente emerge la singolarissima personalità del maestro Michele Ghiro e del suo laboratorio milanese che ha nome Glass Accademy fondato nel 2004. Qui aiutato dal figlio e da taluni lavoranti, ha dato prova in anni recenti di distinguersi subito per la particolare ricchezza di opere proposte in occasioni di grandi esposizioni o di commissioni avvenute sia in Italia che all’estero. Sono sue alcune “sculture monumentali” disseminate nei diversi continenti dall’Africa all’Europa. Re del vetro Michele Ghiro, artista che vive giornalmente innovazione e fantasia, creatività e novità, porgendosi e facendosi riconoscere eccelso sia dal punto di vista formale e creativo che da quello tecnico. Vasi costolati, vetri incamiciati, vetri trasparenti a metà tra arcaismo e arti decorative, acquari, vasi velati, alberi e piante grasse, un variegato bestiario, fontane di luce azzurrate, forme affastellate colme di volute, di manici, di anelli, di ghirlande, di medaglioni, di meandri, di forme tratte dal regno animale e vegetale, ecc. Con il vetro si pone scultore di significativo valore, che realizza forme simboliche e astrazione sensuale; oggetti e mobili che trattengono una linea da nouvelle art nouveau, fitomorfica, con vetri opalescenti o anche con iridescenze metalliche, con un senso superlativo della policromia, con fregi e finiture, blu e oro, squillante azzurro celeste, tinte pastello, Ghiro sviluppa una concezione di linearità e purezza strutturale, senza liberarsi dalla intenzionalità decorativa. Ghiro è il nuovo Emile Gallè del terzo millennio che mette in scena nuove tecniche vetrarie e nuove forme, così i suoi vetri e le sue sculture, anche monumentali, sono forme aeree, libere, dai colori preziosi, opalescenti, tali da ribadire il concetto di parità tra le arti. I risultati oggi ci sono tutti e in questo primo capitolo di mostra pubblica si presenta come uno dei migliori scultori della nostra epoca, creatore sensibile che ha trovato nel vetro la sete di perfezione, la terra e il fuoco della sua arte sublime, la verità dell’anima con la luce dell’eterno e dell’infinito e l’altra faccia della verità fatta di idee perpetue, in cui il vetro porge le ombre della bellezza sognata e sempre sfuggente.

 Carlo Franza

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