Una mostra dove il meraviglioso non perde della sua qualità, della sua ossatura poetica messa in piedi con adeguati mezzi espressivi; così limpidamente appare la mostra di Letizia Fornasieri che si tiene alla Galleria Ponterosso, unica galleria in Milano a significarsi capofila della grande pittura figurale, vale a dire di quell’ immagine che rapportandosi alle grandi stagioni del realismo, del naturalismo padano e della nuova figurazione ne ha salvato le ragioni più profonde e più fruttuose. E’ questa la prova positiva di Letizia Fornasieri, della sua – possiamo dirlo a gran voce- stagione felice, di questa pittura come dono, che ci consegna attraverso dipinti memorabili, in cui è saldato l’equilibrio perfettamente raggiunto tra immagine e sentimento, grazie alla capacità di dare alle cose l’aspetto di creature, e alle creature l’oggettività delle cose. Nel catalogo di presentazione alla mostra l’artista ha voluto affidare qualche pagina di diario, un breve scritto dove ricorda Milano e gli anni di Brera- esordio della sua giovanile pittura- il suo quartiere, il platano di Viale Romagna, vie, giardini, persone, la sua cucina, la casa rossa, la mamma Margherita, un elenco che richiama quasi una sorte di breviario gozzoniano, quello “dell’amica di nonna Speranza” , d’altri tempi certo ma ancora in parallelo con il clima contemporaneo e di chi, soprattutto, intende dare corpo vero alle cose e alle memorie. E’ salva la pittura, ma è salva con tutti i brividi del colore che dà forma alle cose, un colore che si ritaglia nelle scene, nel paesaggio esterno, negli interni rappresentati, con una luce mistica ma anche emotiva. Dalle grandi lezioni evocate e invocate dalla Fornasieri ( il Signor Vincente, il Signor Franz, il Signor Claude, il Signor Gustave, ecc.) è partito il suo percorso che ha tracce fisiche, sensibili, di mistero, la grande lezione della natura che non si finisce mai di interrogare. Le opere in mostra sono una parte di vita significativa dell’artista milanese, delizia e festa, nutrimento e sentimento, tagli e improvvise aperture di paesaggi, colpi di colore, porta a vedere anche ciò che non si vede. La luminosità della Fornasieri è soprattutto uno sforzo lirico, una sorta di miracolo che serpeggia nelle architetture ritagliate, con gamme e toni che paiono anche sciabolate, piani attraversati da fremiti di vera poesia. L’artista ha saputo convertire persone, cose e natura della sua vita quotidiana in una favola materiata di visioni asciutte e chiare, di linee frenetiche e colori orgiastici. La vita nella sua dimensione intellettuale e morale resta ancora una volta la vera protagonista delle sua pittura.

 Carlo Franza

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