A Roma fino a tardo autunno è possibile vedere , a Castel Sant’Angelo, la trentatreesima edizione della Mostra Europea del Turismo e delle Tradizioni Culturali, organizzata quest’anno per onorare il I° anniversario dell’elezione di Papa Francesco, e quindi segnale di devoto omaggio e gratitudine al nuovo Pontefice. La mostra, intitolata “I PAPI DELLA SPERANZA – Arte e religiosità nella Roma del ‘600” realizzata sotto l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica, è organizzata dal Centro Europeo per il Turismo presieduto da Giuseppe Lepore in collaborazione con la Soprintendenza Speciale per il Patrimonio Storico-Artistico ed Etnoantropologico e per il Polo Museale della Città di Roma, diretta da Daniela Porro, con la partecipazione dei Musei Vaticani, la Biblioteca Apostolica Vaticana, l’Archivio Segreto Vaticano e la Reverenda Fabbrica di San Pietro. L’esposizione, che si avvale di un comitato scientifico di grande prestigio, presieduto dall’Arcivescovo Agostino Marchetto Segretario Emerito del Pontificio Consiglio per i Migranti e gli Itineranti, è curata da Maria Grazia Bernardini e Mario Lolli Ghetti. La mostra, ospitata nelle Sale di Clemente VII, di Clemente VIII, di Apollo e della Giustizia, è così organizzata. Vi troviamo tre sezioni tematiche e vi assicuro che nel suo insieme la mostra è di sicura scientificità storica. La prima sezione, titolata “ROMA SANCTA: RECUPERO DEL CRISTIANESIMO DELLE ORIGINI” costituisce l’introduzione alla esposizione e, attraverso dipinti, incisioni, testi e reperti archeologici, illustra il nuovo clima culturale e spirituale, caratterizzato dal fervore religioso e da uno studio attento delle radici del cristianesimo, unitamente alla ricerca delle fonti storiche, dei materiali e delle testimonianze. Tra le opere esposte più significative, il San Carlo Borromeo di Orazio Borgianni, e inoltre il triplice ritratto di Domenico Guidi, un gruppo marmoreo realizzato a fine ‘600 che ben rende l’idea della monumentalità e dell’aspetto teatrale dell’arte del periodo. La seconda sezione ha per titolo “I GIUBILEI”, vuole illustrare il forte interesse dei papi per l’evento del Giubileo, e della particolare attenzione rivolta al pellegrino. Sono stati presi in considerazione quattro giubilei: 1575, 1600, 1625 e 1650. Ad esempio, per l’appuntamento del 1575, Gregorio XIII profuse il massimo impegno per trasformare Roma in una città santa ed esaltare la Chiesa Trionfante. Innumerevoli furono gli interventi urbanistici, le committenze artistiche, le celebrazioni, le processioni, le pubblicazioni, finalizzate al suo principale obiettivo. Si diffuse l’immagine allegorica della Chiesa che vince l’Eresia (di cui abbiamo due esempi emblematici nelle due statue che adornano la facciata della chiesa del Gesù), il culto della figura di Cristo e il profondo sentimento del fedele per il potere salvifico del Figlio di Dio, la venerazione dei martiri. Sculture, incisioni, volumi e monete documenteranno i quattro avvenimenti, ponendo l’accento sull’aspetto più significativo di ogni Giubileo. La terza sezione dal titolo “ ARTE e DEVOZIONE” si sofferma sull’arte devozionale che tanta parte ha avuto nel corso del Seicento a Roma, ed è suddivisa in cinque sottosezioni dedicate al culto delle reliquie, alla canonizzazione dei santi, a San Filippo Neri e gli oratoriani, alle grandi figure dei Santi e agli apparati e cerimonie. Sui vari aspetti dell’arte finalizzata alle diverse manifestazioni della devozione, sono esposti dipinti, ritratti di santi, pale d’altare, sculture, bozzetti, incisioni, oreficerie che offrono una sintetica panoramica delle complesse varietà delle forme artistiche a servizio delle religione. La mostra illustra il profondo mutamento del clima culturale e spirituale che iniziò con Gregorio XIII e finì sostanzialmente con Clemente IX», sottolineano i curatori Maria Grazia Bernardini e Mario Lolli Ghetti. «In questa temperie culturale – proseguono – Roma giocò un ruolo da protagonista, perché tutti i Papi, e in particolare Gregorio XIII e Alessandro VII, si dedicarono alla sua forma, per imprimere al tessuto urbano un significato sacro e fare della Città Eterna la nuova Gerusalemme, centro della cristianità. Così, nei cento anni a cavallo tra il Cinquecento e il Seicento, l’Urbe «assunse l’aspetto che ancora oggi ha – spiegano Bernardini e Ghetti – e si realizzarono quei punti nodali di forte impatto visivo e dai vasti significati simbolici come l’obelisco di piazza del Popolo, la via Sistina che collega Trinità dei Monti fino a Santa Maria Maggiore e prosegue poi fino a San Giovanni in Laterano, la Barcaccia di piazza di Spagna, la fontana dei Fiumi di piazza Navona, il colonnato di San Pietro, solo per citarne alcuni». Tutto il linguaggio artistico dell’epoca attraversò «un momento di profonda elaborazione formale e ideologica». Gli interessi culturali del nuovo clima spirituale si concentrarono sulla riscoperta delle origini della Chiesa e della vera storia dei martiri, ai testi classici si sostituirono le fonti storiche, i documenti sulla vita dei primi cristiani, i testi dei grandi mistici del periodo, da san Filippo Neri a santa Teresa d’Avila. «Al David di Michelangelo, che simboleggiava la forza e la virtù civile – puntualizzano i curatori -, si sostituisce il David di Bernini, che vuole alludere al dramma tutto umano dell’angoscia, all’Assunta di Scipione Pulzone, che rispetta i precetti delle norme tridentine, si sostituisce la Madonna dei Pellegrini di Caravaggio, una Vergine umanissima che accoglie lo stanco viaggiatore, alle Vergini di Raffaello si sostituiscono le visioni celestiali di Lanfranco». Nell’ambito della Mostra, come tradizione, sono state invitate a partecipare per la sezione recuperi di Opere d’Arte, le Forze dell’Ordine, e in particolar modo il Nucleo Tutela Patrimonio Beni Culturali dell’Arma dei Carabinieri.

Carlo Franza

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