Dopo anni di crescita nella valutazione della critica e del mercato, culminata con la consacrazione nel Museo Quai Branly di Parigi, che le ha dedicato un’importante sezione, la pittura aborigena è considerata ormai uno dei maggiori movimenti artistici sulla scena mondiale. La galleria di Isarte in Corso Garibaldi 2, situata nel cuore di Brera nello storico atelier del pittore chiarista Francesco De Rocchi, è stata la prima in Italia a offrire un’ampia sezione permanente dedicata alla pittura aborigena di qualità museale, fondendola in modo originale con l’attività antiquariale avviata nel 1997. L’obiettivo è quello di riuscire a portare e diffondere in Italia, come già è successo nel resto d’Europa e prima ancora negli Stati Uniti, i risultati migliori di questa straordinaria espressione artistica che da noi in larga parte è conosciuta attraverso una produzione di livello turistico-commerciale. Con anni di esperienza maturata attraverso numerosi viaggi in Australia e una profonda e rispettosa conoscenza della vita e della cultura delle comunità aborigene, nel 2006 Isarte idea e promuove Dirrmu: dipinti aborigeni per una collezione (Milano, catalogo Skira) una fra le più importanti mostre di pittura aborigena organizzate da una galleria privata italiana. Nel maggio 2008 organizza Arte Agli Antipodi, mostra costituita da una ventina di dipinti molti dei quali mai esposti in Italia, tra cui spiccano opere di alcuni tra gli artisti più noti della pittura aborigena contemporanea. Fra le iniziative e le mostre organizzate da Isarte in questo settore ricordiamo l’ultima in ordine di tempo, I colori del deserto, tenuta con grande successo nel maggio del 2013. In tutti i casi si è trattato di una selezione della migliore pittura aborigena, quella che nella consuetudine del mercato internazionale viene definita Fine Aboriginal Painting, per distinguerla dalla produzione artigianale seriale e da quella, non sempre selezionata e talvolta soggetta a un forte scadimento ripetitivo, proveniente anche dalle comunità aborigene più note. Può sembrare strano che Isabella Tribolati nella sua galleria milanese riesca a far coesistere due campi così lontani come l’arte antica occidentale e la produzione aborigena contemporanea (a cui, a partire dal prossimo autunno, si affiancheranno artisti della Outsider Art). In realtà a garantire la qualità della scelta è soprattutto la sensibilità del conoscitore, anzi, la consuetudine con l’arte antica può affinare l’occhio per cogliere i ritmi ancestrali delle forme aborigene. E’ proprio questa conoscenza e l’esperienza maturata nell’arte occidentale che l’hanno spinta a concentrarsi sulla produzione più elevata, in cui la lettura accurata dell’opera ha un peso determinante.

 Carlo Franza

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