Il canto novello di Fosco Bertani, ovvero l’ossificato paesaggio italiano riedificato con un colore e una luce tremendamente mistica.
Ha per titolo “ Canto novello del mondo intero” la mostra di Fosco Bertani, artista e intellettuale di chiara fama, che si tiene in questi giorni al Centro Culturale Alessandro Manzoni di Bresso (Milano) e che ha visto l’intervento anche dell’amico scrittore e giornalista Renato Farina e del poeta Davide Rondoni. In mostra recenti paesaggi della Liguria, dell’ alta Lunigiana e figure e ritratti di amici e letterati. L’esposizione va letta, all’insegna di un “Fosco Bertani e l’edificazione di una storia pittorica”. Non è poco, perché il termine edificazione sta a svelare la capacità alta di Bertani di cogliere il senso della bellezza, del comunicare aspetti e sentimenti del vivere, di firmare, insomma, non una quadreria sottesa al capitale, quanto allo svelamento di una natura che solo occhi di un artista trovano mistica e traducibile. La pittura di Fosco Bertani, intellettuale e artista tremendamente vero, vive oggi una comunione universale, palese, una vicenda irrimediabilmente individua che ne sostanzia l’espressione sua pittorica, carica di sensibilità e di slancio scopertamente romantico, e sta a indicare la posizione di chi determina la spiccata originalità delle immagini che puntuali di accostamenti con altri rimandi per affinità capta anche tensioni e valori umani e storici. Bertani che è ormai nella sua fase più matura, ci regala una pittura che è ricerca strutturale, ove la serrata prospettiva inquieta è costruita da tacche di colore puro, e la riflessione sulla realtà del dipingere tenta soluzioni che ricordano per il vitalismo il miglior novecento e le plaghe di colore che trapassano la materia definiscono una superficie tra luce e ombra. Esercitazioni e lavori compiuti “à la maniere de” Chighine, Morlotti, De Stael, con tele di straordinaria struggente intensità, ossificate nel senso di aver dato conto a una alata spiritualità francescana propria del paesaggio rappresentato, sia nel taglio e nelle leggi sue interne che nello spazio dilatato dal colore. Fosco Bertani rimane, per l’importanza cruciale di questo suo momento espositivo, un protagonista lombardo di sorprendente e innovativo stupore, per il grado di tensione delle immagini, per il ritmo interno di dolce eco naturale, e ancora per la spiccata meditazione del visibile che vive di smagato senso di lontananza negli orizzonti dipinti, per farsi anche malinconia e ricordo.
Toni chiari, un chiarismo di seconda maniera rispetto al primo chiarismo degli anni Trenta del novecento, spoliazione del linguaggio figurale, vibrazioni del colore e della luce, opere di respiro assolutamente grandioso, richiamo all’essenzialità delle cose di cui il paesaggio è rappresentato. E infine una spiritualità tutta nuova rintracciabile nella sua pittura più recente che apre, con la consapevolezza della propria storia, di cui porta le rughe come sottilissime stimmate, verso nuove prospettive con la forza del suo esistere, perchè Bertani è il poeta-pittore delle cose sottili, del paesaggio italiano, della condizione umana, rivendicandone calore, palpiti e respiri, e a svelare infine una comune e sotterranea vibrazione dell’anima. Resiste con forza l’immagine e resiste pittoricamente grazie al valoroso contributo che danno artisti come Fosco Bertani.
Carlo Franza