“L’Adorazione dei pastori” del Rubens è il capolavoro esposto a Palazzo Marino a Milano. E’ così che si celebra il Natale e si ridà vigore a una nostra tradizione millenaria.
Milano rinnova il tradizionale appuntamento natalizio di Palazzo Marino con un capolavoro artistico, la grande pala d’altare raffigurante “L’Adorazione dei pastori” di Peter Paul Rubens conservata nella Pinacoteca Civica di Fermo (Ascoli Piceno).Il dipinto, attribuito al pittore fiammingo nel 1927 dallo storico dell’arte Roberto Longhi che rimase colpito dalla sua visione nella Chiesa di San Filippo Neri a Fermo, costituisce una summa poetica di Rubens.
Sotto l’egida dell’Alto patronato del Presidente della Repubblica Italiana, e il patrocinio del Ministero per i Beni e le Attività Culturali e del Turismo, l’esposizione è promossa dal Comune di Milano, il partner istituzionale Intesa San Paolo e il sostegno della Rinascente. Per l’organizzazione è da ringraziare Palazzo Reale che ha lavorato in collaborazione con la Città di Fermo – Pinacoteca Civica, le Gallerie d’Italia in Piazza Scala e Civita e la curatrice Anna Lo Bianco. L’accesso alla Sala Alessi tutti i giorni gratuitamente e i visitatori saranno ammessi in gruppi e accolti da storici dell’arte, coordinati da Civita, che faranno da guida nel percorso espositivo. Il capolavoro arriva il 3 dicembre e vi rimarrà fino al 10 gennaio.
La grande pala d’altare di Peter Paul Rubens raffigurante «L’Adorazione dei pastori», in origine conservata nella chiesa di San Filippo Neri a Fermo (Ap) é oggi conservata nella Pinacoteca Civica della cittadina marchigiana. Ricca di suggestioni caravaggesche «L’Adorazione dei pastori», eseguita nei primissimi anni del Seicento quando l’artista era a Roma, venne pensata per la Cappella Costantini nella chiesa di San Filippo Neri. Il fermano P. Flaminio Ricci commissionò a P.P. Rubens (1577-1640) l’opera con un contratto che reca la data del 9 marzo 1608: “Io Pietro Paolo Rubenio ho ricevuto dal R. p. Flaminio Ricci, rettore della congregazione dell’Oratorio di Roma, scudi venticinque di moneta. Sono a buon conto ad Arra di un quadro della Natività di N. S.re di altezza di palmi 13 et larghezza 8, per servizio, come egli dice della Chiesa dei Preti dell’oratorio di Fermo…” Così recitava l’inizio della scrittura. La sicura paternità del Rubens è documentata dai carteggi esistenti nell’archivio arcivescovile. Una volta terminato, il quadro fu portato a Fermo e collocato nella chiesa di S. Filippo sita a fianco dell’attuale Palazzo di Giustizia, ex convento dei Filippini. Qui rimase, dopo essere sfuggito alle requisizioni napoleoniche dopo il trattato di Tolentino (1797), alla venerazione dei fedeli fino al 1860, anno in cui il governo di Vittorio Emanuele confiscò i beni ecclesiastici. Anche dalle successive “asportazioni tedesche” si salvò per essere stato posto al sicuro nella rocca di Sassocorvaro.
Il bozzetto della grande tela si trova al museo dell’Ermitage a S. Pietroburgo, alcuni disegni preparatori al Museo Fodr di Amsterdam e nella collezione del conte Seilern di Londra.Agli occhi di tutti apparirà il Bambin Gesù appena nato , tra maestosità e delicatezza giocano le varianti coloristiche e il prezioso gioco luministico. La Vergine è raffigurata nell’atto di risollevare il velo che ricopre il Bambino disteso su un giaciglio. San Giuseppe appare dietro la Vergine, a braccia conserte, con il viso rivolto verso l’alto. Tonalità di marrone cupo prevalenti, sono interrotte dalla luce che irraggia il Bambino svelando in pastosità bianco-dorate i toni rossi, gialli, i verdi degli abiti e il prezioso incarnato delle figure. Nella Natività si ritrova l’irruenza pittorica e quel giganteggiare delle figure, caratteristiche tipiche del Rubens e di influenza michelangiolesca. Tale capolavoro simboleggia quanto di più prezioso ci appartiene sia nella fattura che nel soggetto del Presepe, ossia nel Bambino Gesù nato e svelato all’adorazione dei pastori.
Carlo Franza