nel-folto-dei-sentieri_prima-f5e60indexHo tra le mani il nuovo libro di poesie “Nel folto dei sentieri”(Marcos Y Marcos,2015) di Umberto Piersanti (è nato a Urbino nel 1941 e nell’Università insegna Sociologia della letteratura) e mi son detto, una recensione cosa può aggiungere di più a un poeta “laureato”, visto che il suo nome vive già nei vertici della poesia contemporanea? Ma la vita di un poeta è fatta di stagioni e ogni stagione ha la sue varianti, le sue sofferenze, i suoi stati di grazia, le sue accensioni, le sue ansie e paure, gli eventi e la storia. Questo è pertanto il libro della maturità di Piersanti, con i temi che argomentano tutto tra un fuori e un dentro, tra la natura e l’intimità domestica, il figlio Iacopo (“Jacopo sulla pista / cammina piano, / poi corre, si ferma, / barcolla un poco, / segue la brioche / che hai nella mano, è il suo vessillo unico e imperioso, / più del suo pianto / è il riso che t’inquieta, / stridulo e assurdo / nessuno lo decifra”), il tempo che scivola inesorabilmente, il peso della vita e il futuro spalancato sull’orizzonte (“Al tempo che m’incalza / e che m’assedia / s’oppongono tenaci le parole”).cesane1
Ebbene con il tono del pudore, con il rispetto e la raffinata civiltà che avvolge proprio la poesia contemporanea, entro nelle fibre lucide di questo volumetto e ne catturo, come fosse una bibbia, i segni tangibili dell’attitudine del poeta a esprimersi. Libro unico, prezioso, carico di elementi di “vero”( “lo scoiattolo che sale/ per il tronco/ a chi lo guarda/ spezza la catena,/ e solo nelle pause/ sta la vita”) e tensione morale, di quella rattenuta e discreta religiosità nel suo flettersi sotto il peso della vita presente. Tra i versi circola una sorta di reliquiario del vivere, la lucentezza del paesaggio che vive attorno al poeta, il fissaggio di questa natura, un fazzoletto marchigiano messo in un rilievo concreto, e delle cose concrete annotate, poi il significato e il simbolo.
Il dialogo diretto con le cose, il poeta del cielo e della terra (” …/sempre ho scelto la terra/e non il cielo/ma quel giorno la terra/ era nel cielo/…”), un poeta che fissa come pochi i quadri naturali, la descrizione di una cronaca dimessa e oggettivata; eppoi l’insidia, il morso delle cose, una simbolica lucentezza nitida e secesanegreta, specchio di un mondo che vuole rivelarsi anche nei colori, nei toni del bianco ( “in neve bianca”, “il bianco cerchio”, “i bianchi agnelli”, “nel gran bianco”, “l’aria è fatta bianca”, “biancoazzurro” , “bianco il suo volto”, “pietra bianca”, “i sassi bianchi”, “s’imbianca”, “la neve la più bianca”, ecc.) e dell’azzurro (“il fiordaliso azzurro”, “nell’aperto di azzurro”, “l’acqua biancazzurra”, “cielo azzurro”, “dentro il verde e l’azzurro”, “riluce azzurro”, “pianeta azzurro”, “il bel manto azzurro”, “addobbi azzurri”, ecc.), anche se non mancano i verdi i rossi e i viola.
foresta-cesane01Qui una poetica chiarita e per più versi raggiunta, tutto si distende, con una straordinaria semplicità e una straordinaria pienezza di echi, in elegia. I ricordi, la memoria, il vissuto lontano e vicino, il quotidiano come finestra aperta sui luoghi a lui cari, l’urbinate, i boschi delle Cesane, la verità segreta della vita, la fantasia, tutto quello che riemerge al di là di ogni certezza, di ogni conclusione, di ogni ragionevole ritratto di se stesso. Quella quintessenza della sensualità e malinconia e del colore tra Bertolucci, Libero De libero e Caproni, e oltre, che sembra in lui apparire, ecco che la coglie al volo, la respira. Anche il sogno fanciullesco, la scoperta del mondo passo dopo passo, giorno dopo giorno, il riacquisto di un dono, il presentimento delle stagioni, tutto vive tra un massimo di rapimento e un massimo di distensione, tra un canto lieve e declamato o parlato e un canto con una inclinazione che fa vivere il pregio della sua poesia (“ad altri, remoti / anni, questo muschio / lucente ci riporta, / all’età dei padri, / delle teneri madri / tra gli addobbi azzurri / delle feste, / uno ad uno caduti / lungo gli anni, / ora sono ombre / così spesse e vere, / figure dentro il sangue / che trasale”).
La bravura di Piersanti nell’uso della lingua, è sapienziale. L’uso di vocaboli d’impronta pascoliana mette in luce suggestioni visive e musicali, tutto vive nella memoria della sua “marca”, accompagnata dall’esigenza disperata di un contatto umano, per rinvenire un soccorso alla propria pena -compreso il vissuto del figlio autistico- e una verifica delle proprie umane aspirazioni. Vi leggo una poesia di impegno, non nel senso ideologico, ma nell’ambito della tematica spirituale della lirica contemporanea. E Umberto Piersanti è coscientissimo del suo ritmo poetante, e talvolta metafisico, del gioco divaricato degli aggettivi, delle trasposizioni analogiche, del ritorno di certe parole e immagini, delle impressioni di un vissuto, dei simboli di quella medesima liberazione-disperazione. E mentre la natura, le cose, le figure sono descritte, ritagliate e inchiodate nei versi, il poeta le accompagna nella vibrazione vitale che si tramuta in quel fremito fermo ch’è la poesia. La voce poetica di Umberto Piersanti fa ritrovare in questo libro non solo il timbro pensoso della vita umana, ma anche il timbro autentico della vita cosmica.

Carlo Franza

Tag: , , , , , , ,