downloadLa mostra “Gigante e i figli del re”, a cura di Luisa Martorelli, organizzata in collaborazione con l’Associazione Culturale Wine & Thecity, è aperta ala Certosa al Museo di San Martino di Napoli.

L’ esposizione è stata realizzata in occasione della nuova acquisizione di un acquerello di Giacinto Gigante dal titolo “Veduta della costiera amalfitana”, donato al Museo da Philip Athill collezionista londinese; l’opera fa parte di un album costituito da 57 acquerelli  appartenuto a Maria Pia di Borbone.  L’iniziativa vuole raccontare il procedimento adottato dal maestro nell’insegnamento della pittura di paesaggio. 

f0dd63ca9e6547b1e6fae5950b95ac4e993fe55L’acquerello “Veduta della costiera amalfitana” è firmato col monogramma di Maria Annunziata di Borbone (MAB) e datato 1853; l’album di cui fa parte è un interessante testimonianza della prassi adottata dal maestro nel far esercitare alla pittura di paesaggio i suoi allievi, i giovani figli di Ferdinando II di Borbone, mettendo in luce il metodo di far ritoccare solo alcune parti dell’acquerello preparato interamente per mano di Gigante.

 

Sulla base dei monogrammi apposti sui fogli ad acquerello, risultano partecipare alle lezioni di Gigante: Francesco d’Assisi (futuro re Francesco II), il principe Luigi Maria di Borbone conte di Trani, il principe Alfonso Maria di Borbone, la principessa Maria Annunziata, il principe Gaetano Maria Federico di Borbone, tutti bambini o poco più che adolescenti, tra i dieci e i quindici anni di età. L’acquerello di recente acquisizione è esposto con altri esemplari eseguiti da Francesco d’Assisi, Alfonso Maria e Luigi Maria di Borbone, conservati nell’archivio disegni del Museo di San Martino e del Museo di Capodimonte. La rassegna è corredata dai luoghi di residenza, dove il maestro era solito svolgere le sue lezioni, mentre al centro dell’esposizione campeggia il “Ritratto di Gigante”, di Domenico Morelli. images (3) 

 

Giacinto Gigante ( Napoli 1806-1876) è stato un pittore italiano, conosciuto in particolare per i paesaggi e le vedute, massimo esponente della cosiddetta Scuola di Posillipo. Figlio di Gaetano Gigante, anch’egli artista, apprese l’arte della pittura anche grazie alla vicinanza con il pittore olandese Antonio images (5)Pittloo che era stato fondatore della Scuola di Posillipo che raccoglieva quel gruppo di artisti che, agli inizi del XIX secolo erano dediti per lo più alla pittura paesaggistica. Iniziò a fare il litografo  e l’incisore a Roma  ma, dal 1830 in poi andò via via affermandosi nella pittura  e, morto Anton Sminck van Pitloo nel 1837, tornò a Napoli stabilendo la sede della Scuola di Posillipo in un edificio a San Carlo alle Mortelle.

images (4)La sua fama si va espandendo e viene chiamato alla corte borbonica di Ferdinando II prima e alla corte di Russia, poi; dopo l’Unità d’Italia esegue per i Savoia  la tempera per la cappella del Tesoro di san Gennaro. Dal 1855 iniziò a dedicarsi all’acquerello, tecnica in cui eccelse parimenti a quel en plein air che lo renderà il massimo esponente della sua scuola. download (1)Viene ricordato anche perché elabora una nuova tecnica di pittura ad acquerello, che dona un particolare effetto rilievo alle sue raffigurazioni: sovrapponeva alla carta della biacca in tocchi, prima di stendere le pennellate che modellavano le immagini. Grazie alla sua formazione di topografo riesce a realizzare un lucido dal vero, in cui è rispettata la prospettiva con le giuste proporzioni degli elementi del paesaggio prescelto. Successivamente il pittore passa al disegno, dove dal lucido riporta tutti i tratti essenziali per delineare il paesaggio. Il disegno viene “macchiato” con inchiostro acquerellato per cominciare a studiare i toni e i rapporti di luce e ombra fra le masse; questa fase avviene ancora all’aperto, poiché il pittore deve controllare la luce dal vero. Viene introdotto poi in questo disegno una quadrettatura, mantenendo intatte le proporzioni di partenza. Nel laboratorio si procede all’opera finale, trasportato il disegno, si passa ad acquerellare basandosi sui chiaroscuri precedentemente studiati. Morì, all’età di settant’anni, a Napoli nel 1876.

Carlo Franza

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