Andrea Palladio. Il mistero del volto. A Vicenza una mostra svela il ritratto autentico del grande architetto.
Una mostra del CISA su Andrea Palladio, voluta anche dalla Soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio per le province di Verona, Rovigo e Vicenza, in collaborazione con ROSIZO State Museum and Exhibition Center, è in corso a Vicenza. Il CISA (Centro Internazionale di studi di architettura Andrea Palladio) fondato nel 1958, è un istituto di ricerca sulla storia dell’architettura antica e moderna. Il centro, inoltre, promuove ricerche, realizza mostre, pubblica libri, organizza corsi e seminari. Al CISA dal 5 ottobre 2012 è aperto il Palladio Museum, un laboratorio di ricerca aperto al pubblico. Ora del più conosciuto architetto degli ultimi cinque secoli non esiste un ritratto cinquecentesco. O meglio, si sa con certezza dal Vasari che ne sono esistiti almeno due, un primo ad opera del pittore veronese Orlando Flacco ed un secondo, attribuito a Tintoretto, che compare in un inventario del 1599. Di entrambi i ritratti però si sono perdute le tracce.
Per questo gli inglesi nel Settecento -curioso, certo- si sono inventati una faccia di Palladio. Tale viso, un ritratto di spessore, compare all’inizio della prima traduzione in inglese de “I Quattro Libri dell’Architettura”, pubblicata a Londra dall’italiano espatriato Giacomo Leoni fra il 1715 e il 1720. Ma è anche vero che il Palladio “inglese” compare vestito alla moda del Settecento e, nonostante Leoni dichiari l’incisione basata su un ritratto di Paolo Veronese, è chiaramente un’invenzione. Pochi anni più tardi gli italiani rispondono con un ritratto diverso, pubblicato sulla “guida al Teatro Olimpico” del 1733. L’autore dice di averlo copiato da un ritratto presente alla Rotonda, ma è il ritratto giusto? Non lo sappiamo con certezza, è vero, perché l’originale fino ad oggi era introvabile. Ma allora, la faccia di Palladio che siamo abituati a vedere, è vera o falsa? Per la prima volta -finalmente- al Palladio Museum una mostra tenta di ricostruire tutta la complicata storia del volto del mitico e illustre architetto, esito di una accanita ricerca scientifica che si snoda lungo cinque secoli fra dipinti falsificati, equivoci, storie, storielle e sbagli di attribuzioni. E non mancano per la verità colpi di scena, alla luce di nuove scoperte sia negli Stati Uniti che in Russia.
l volto di Palladio non è più un “cold case”: l’indagine è stata riaperta e gli indizi accumulati sono impressionanti, da Mosca al New Jersey negli USA. Sono stati individuati ben undici ritratti provenienti due da Londra (RIBA Collections e Royal Collection at Kensington Palace), uno da Copenaghen (Statens Museum), quattro da Vicenza (villa Rotonda, villa Valmarana, teatro Olimpico, villa Caldogno), uno da Notre Dame, Indiana (Snite Museum of Art), uno da una collezione privata a Mosca, uno da Praga (Národní Muzeum), uno da un’asta di Christie’s a New York ed un ultimo da un antique shop nel New Jersey. Sono tutti autentici? L’uomo ritratto è effettivamente Palladio ?
E’ il tema della grande mostra “Andrea Palladio. Il mistero del volto” che aperta a Vicenza al Palladio Museum è visitabile fino al 4 giugno 2017.Una vera e propria indagine, svolta con la preziosa collaborazione dei laboratori di analisi della Soprintendenza di Verona guidata da Fabrizio Magani, che si è impegnato anche in prima persona nello studio dell’immagine di Palladio nell’Ottocento. Frutto di anni di lavoro e di ricerche, ha portato a convocare a Vicenza i più credibili fra i ritratti presunti di Palladio. Ma anche i meno credibili, come un dipinto di Bernardino Licinio del 1541, oggi conservato nella Royal Collection a Kensington Palace, taroccato con una scritta “Andreas Paladio” (si, con una sola “l”, alla veneta!) per venderlo alla famiglia reale inglese nel 1762. In realtà dagli archivi e biblioteche erano emerse notizie sull’esistenza di solamente due ritratti di Palladio: il primo di mano del veneziano Jacopo Tintoretto (elencato nella collezione di un gioielliere tedesco nel 1603), il secondo del pittore veronese Orlando Flacco, di cui dava conto nientemeno che Giorgio Vasari nelle sue celebri Vite. Grazie alle ricerche promosse in occasione della mostra è stato possibile ritrovare il ritratto di Flacco, che era arrivato sino a Mosca, nella collezione di un eccentrico architetto russo, Ivan Zoltovski, l’uomo capace di convincere personalmente Lenin, Stalin e infine Chruscev che Palladio doveva essere un modello obbligato per la nuova architettura sovietica.
Al ritratto cinquecentesco opera di Orlando Flacco la mostra è in grado di accostarne un secondo, opera di un altro veronese Bernardino India, scovato da uno storico dell’arte americano in un antique shop nel New Jersey. Si tratta di dipinto ad olio su una tavoletta di noce delle dimensioni di 22,8 x 16,8 centimetri, faceva parte di una serie di ritratti di uomini famosi, in piccolo formato per essere collezionati nel proprio studiolo. Il Palladio appare simile al ritratto di Flacco, con l’inedita particolarità di celare la calvizie con un cappello. E tutti gli altri ritratti supposti di Palladio? Il Palladio Museum ha chiesto aiuto al Servizio di Polizia Scientifica della Polizia di Stato, che -in un intrigante incontro fra scienze forensi e arte- sta effettuando analisi di comparazione fisionomica fra i dodici dipinti per identificare tratti comuni e differenze. L’indagine è oramai prossima alle conclusioni che saranno rese note a breve.
Lo stesso allestimento di mostra, progettato da Alessandro Scandurra, restituisce l’atmosfera delle detective-story. Accanto ad ogni dipinto il visitatore trova dei tavoli luminosi in cui sono presentati i “reperti” ritrovati nell’indagine: radiografie dei quadri, sezioni stratigrafiche che evidenziano la successione delle pellicole pittoriche, antiche fotografie, documenti. E’ così possibile verificare le ipotesi proposte in mostra e ritrovare finalmente il “proprio” e il vero Palladio. Il catalogo della mostra, a cura di Guido Beltramini, raccoglie i saggi di Fabrizio Magani, Howard Burns, Fernando Rigo Forte, Fernando Marias. Edito da Officina Libraria. Il Dipartimento di Architettura dell’Università di Bologna, con la direzione di Marco Gaiani e di Fabrizio Apollonio, ha realizzato un modello tridimensionale della testa di Palladio di ambito canoviano, recentemente acquisita nelle collezioni del Palladio Museum. Ma resta una domanda aperta: perché mai Palladio, rompendo le consuetudini editoriali del suo tempo, non inserisce il proprio ritratto sui “I Quattro Libri dell’Architettura”, il trattato che pubblica a Venezia nel 1570 ? Palladio preferisce celare se stesso nel libro perché non vuole legare i Quattro Libri a un tempo, a una occasione. Vuole che vivano nel futuro, attraverso chi vorrà usarli, con i Quattro Libri in mano, noi siamo Palladio. E’ quanto hanno fatto Thomas Jefferson negli Stati Uniti, Caterina II in Russia, Guglielmo il Grande in Prussia.
Carlo Franza