Le ceramiche di Hsiao Chin in mostra allo Studio Marconi di Milano.
Eccolo ancora in campo, perché dopo un’assenza di qualche anno torna protagonista allo Studio Marconi ’65 (via Tadino 17) l’artista cinese Hsiao Chin con una selezione di ceramiche eseguite tra gli anni Sessanta e Novanta. Nato a Shangai nel 1935, Hsiao Chin arriva a Milano nel 1959, allora centro dell’avanguardia artistica, dove conosce, tra gli altri, Piero Manzoni e Lucio Fontana, con i quali condividerà l’esperienza della produzione ceramica di Albisola. Entra così in contatto con l’ambiente artistico milanese e con la cultura occidentale in generale, senza però mai dimenticare gli insegnamenti taoisti.
L’intera vita artistica di Hsiao Chin sarà infatti caratterizzata da una continua ricerca spirituale, a partire dalla sua formazione, avvenuta a Taipei dove impara, grazie al pittore Li Chun-Shan suo maestro, a combinare i colori tra loro e l’importanza del coordinamento tra energia mentale, spirito e cuore, tra l’azione della mano e quella della mente. “Ho voluto ripensare di proposito al Taoismo perché il mondo occidentale era troppo variegato. Proprio per questo decisi di fare un percorso personale in grado di costruire un bagaglio culturale ed esperienziale di azione e di pensiero… per arrivare ad avere una pittura solo mia”(Hsiao Chin).
Evidenti in tutta la produzione di Hsiao Chin sono i richiami ai principi del taoismo filosofico, basato sulla dualità degli elementi, sul continuo alternarsi e ricomporsi dell’equilibrio fondamentale dello yin e dello yang, opposti e complementari al tempo stesso. Pur essendo la carta il suo materiale d’elezione, l’artista si cimenta con continuità e costanza anche con l’arte plastica della ceramica e la mostra di Studio Marconi ’65 documenta il suo interesse per questo materiale sin dai primi anni Sessanta.
Come avviene nei dipinti, anche nelle ceramiche,è presente un particolare sentimento grafico, sicuramente derivato dalla tradizione orientale a cui si aggiungono la qualità del tratto gestuale e gli influssi della cultura occidentale. Alcuni pezzi sono realizzati con la tecnica raku di origine giapponese che, legata al rito della cerimonia del tè, richiede passaggi particolarmente minuziosi e accurati per dar vita a oggetti dai suggestivi riflessi metallici. Tutte le ceramiche sono caratterizzate da delicate forme astratte in dialogo tra loro, chiaramente tratte dalla simbolo gia zen: il cerchio rappresenta la perfezione, il triangolo l’ascensione spirituale, il quadrato un punto di partenza in costante evoluzione.
Carlo Franza