AsmaraIl riconoscimento all’ architettura ereditata dal colonialismo italiano  ha fatto dichiarare Asmara,  la Piccola Roma eritrea,  Patrimonio dell’Umanità Unesco. E naturalmente ciò è uno schiaffo sonoro all’operato del deputato Pd Emanuele Fiano detto “lele”e alla Presidente della Camera Laura Boldrini(SEL) che in questi giorni stanno dando fiato alla legge contro il fascismo.  Ad Asmara, in Eritrea, il tempo pare si sia fermato al Ventennio fascista.  Per la verità sono stato varie volte ad Asmara e a Massaua sui luoghi dove è vissuto mio padre che è stato Ufficiale della Regia Guardia di Finanza proprio  nel ventennio fascista.asmara-fiat-taglieroPrimo centro di colonizzazione italiano in Africa, Asmara è stata per il Duce il naturale raccordo    con il suo nuovo Impero Romano  e il suo centro amministrativo della “Orientale Italiana” africana. Chiamò, infatti, la città “Piccola Roma”, anzi  la Piccola Roma d’Africa.  Nell’ex colonia italiana, ancora oggi costellata  da insegne in italiano, gli architetti dell’epoca fascista vi riportarono lo stile razionalista del Ventennio anche se liberamente  reinterpretato. In questa direzione nacquero  edifici come la stazione di servizio Fiat Tagliero,  edificio che fu progettato e realizzato nel 1938,  asmara-nostra-signora-del-rosarioun vero e proprio inno al futurismo con la sua forma d’aeroplano e le due ali autoportanti, e i  grandiosi cinematografi  “Impero” e “Roma” in stile art decò. Asmara, oggi capitale dell’Eritrea,   vero e grande  gioiello modernista, -checchè ne dicano Emanuele Fiano del PD e la Boldrini Presidente della Camera con la loro legge contro il fascismo  in giacenza al Senato-  da  poco  è iscritta nella lista del Patrimonio Mondiale dell’Umanità dell’Unesco. Ecco una perla del Fascismo salutata dal mondo intero. L’Unesco, nella sua sessione annuale tenutasi a Cracovia, ha dichiarato Asmara «Patrimonio dell’umanità»,  si tratta della prima città africana ad entrare nel Patrimonio come “città modernista d’Africa”, in riferimento alla sua struttura urbanistica che porta la firma degli architetti italiani del Ventennio. AsmaraIl fascismo investì molto in Etiopia e la sua popolazione aumentò di ben  30 volte fino a raggiungere le 100.000 unità prima della Seconda guerra mondiale, con oltre il 50% di italiani che rimodellarono  la città secondo il loro stile con “il corso, i caffè, i mercati e i luoghi di culto”, racconta l’urbanista eritreo Gabriel Tzeggai, che con Barrera ha curato il libro “Asmara, Architettura e pianificazione urbana nei fondi dell’Istituto italiano per l’Africa e l’Oriente”. AsmaraA differenza di quanto accadde ad Addis Abeba – la capitale dell’ altra colonia italiana-, perché qui in Etiopia gli architetti, come spiega Tzeggai, non sentirono  il peso dell’impero e della monumentalità.  In Eritrea e ad Asmara   nacquero opere di eccezionale creatività tutta italiana come la pompa di benzina Fiat Tagliero, che divenne  il simbolo della città.

Ma quelAsmara che più sorprende  è l’affetto- proprio così a dispetto di Fiano e compagni-  che questa piccola capitale coloniale è riuscita a conquistarsi nella popolazione locale, tanto che  quando  ottenne  la libertà e l’indipendenza, il governo eritreo ha deciso di salvaguardare il centro storico e di vietare nuove costruzioni. All’inizio dAsmaraegli anni Duemila arriva il primo accordo con la Banca Mondiale per la conservazione dei beni culturali e nel 2005 la richiesta di accesso alla tentative list dell’Unesco per i circa 4.300 edifici contenuti in 380 ettari di area urbana. Nel 2016  fu avviata la domanda formale, con tanto di dossier preparato con la collaborazione dell’ambasciata italiana locale e con le traduzioni dei documenti storici, con il risultato oggi raggiunto  e cioè di iscrizione come Patrimonio dell’Umanità. A ben osservare  talAsmarauni  aspetti dell’urbanistica, dell’architettura e della storia di Asmara è possibile partire dalla stessa definizione che l’Unesco dà della città, ovvero  di “una città modernista in Africa”, nel senso che con il termine di modernismo si inglobavano tutti gli stili architettonici  che datavano l’arte occidentale tra fine OttocentoAsmara  e il secondo Dopoguerra. E nella descrizione sul sito dell’Unesco, si legge quanto segue: “posizionata a più di 2.000 metri sul livello del mare, la capitale dell’Eritrea si sviluppò dagli anni Novanta dell’Ottocento in poi come avamposto militare del potere coloniale italiano. Dopo il 1935, Asmara fu sottoposta a un programma urbanistico di larga scala, con l’applicazione dell’idioma razionalista italiano del tempo per gli edifici governativi, le costruzioni residenziali e commerciali, le chiese, le moschee, le sinagoghe, i cinema, gli hotel, ecc. Il sito comprende l’area della città risultante dalle varie fasi di pianificazione Asmaratra il 1893 e il 1941, così come i quartieri indigeni non pianificati di Arbate Asmera e Abbashawel. Si tratta di un eccezionale esempio di precoce urbanistica modernista agli inizi del XX secolo e della sua applicazione in un contesto africano”. Un’architettura che sapeva anche di libertà, ed una  libertà che certamente caratterizzava  l’architettura coloniale italiana, al contrario di quella della madrepatria  Italia che doveva invece attenersi a canoni  mirati. Un ingegnere inglese residente ad Asmara e autore di diversi articoli sull’architettura asmarina, Mike Street, così ha Asmaradescritto l’aspetto della città in un suo saggio del 1998: “la gente vive nel centro della città, in maestosi o modesti villini, sopra ai negozi o in appartamento, in piccoli alberghi o in pensioni a conduzione familiare. Interi quartieri di ville Art Déco sono sparsi tutt’intorno alle assolate colline. Cinema, negozi, fabbriche, stazioni di servizio, uffici, ospedali, chiese, moschee e piscine sono stati tutti costruiti nello stesso stile fresco e pulito. Non si tratta più di architettura fascista, ma di Mediterraneo-Moderno sulle montagne dell’Africa”. Non dimentichiamo l’aspirazione alla mediterraneità, e  Asmaraquest’architettura pur con il  respiro europeo e internazionale, nutriva  scontati riferimenti al cosiddetto “retaggio romano”, come la chiara  espressione utilizzata nel  saggio di Adalberto Libera pubblicato sul catalogo della Prima Esposizione Italiana di Architettura Razionale, che si tenne a Roma nel 1928. In questo testo, considerato uno dei manifesti del razionalismo italiano, si possono rintracciare sia le basi in comune con il movimento moderno europeo (“L’architettAsmaraura razionale – come noi la intendiamo – ritrova le armonie, i ritmi, le simmetrie nei nuovi schemi costruttivi, nei caratAsmarateri dei materiali e nella rispondenza perfetta alle esigenze cui l’edificio è destinato”), sia le prese di posizione sul carattere intrinsecamente nazionale del razionalismo (“Noi italiani che dedichiamo a questo movimento le nostre più vive energie, sentiamo che questa è la nostra architettura perché nostro è il retaggio romano della potenza costruttiva. E profondamente razionale, utilitaria, inAsmaradustriale, è stata la caratteristica intima dell’architettura romana”).  Certo non tutti gli edificî di Asmara oggi tutelati dall’Unesco sono stati  realizzati durante il periodo dell’occupazione fascista, taluni  risalgono a fasi precedenti della storia del colonialismo italiano. Il Palazzo del Governatore, per esempio, fu edificato in stile neoclassico nel 1897, quando la città dovette prepararsi ad accogliere la sede del governatorato italiano che, fino a quel momento, si trovava a Massaua.  Molte poi le costruzioni  dell’età gioAsmaralittiana, durante la quale Asmara conobbe un rapido e intenso sviluppo (certo non paragonabile a quello che ci fu  durante il ventennio fascista, resta che  gli anni immediatamente successivi alla prima guerra mondiale videro sorgere diversi cantieri in città).  Vanno ricordati due edificî che condividono il preciso rifarsi a uno “stile neoromanico” particolarmente in voga al tempo: il primo, in ordine cronologico, è il Teatro dell’Opera, progettato da Odoardo Cavagnari nel 1918, e il secondo è la chiesa di Nostra Signora del Rosario, cominciata nel 1921 da Oreste Scanavini e terminata nel 1923 , già in epoca fascista. Sempre all’estro di Cavagnari si deve il santuario di Degghi Selam, la cui costruzione data  al 1917, e  così pure  anche la facciata della “cattedrale di Enda Mariam”, risalente al 1920 ma ampiamente rimaneggiata in epoca fascista.

Il riconoscimento oggi all’Asmara fascista, all’Asmara coloniale, all’Asmara con l’architettura fascista, all’Asmara razionalista, sono un dato storico, un dato di cultura, un dato di arte, che né Fiano né la Boldrini potranno mai cancellare; sono certamente  gloria e vanto ancora una volta della storia dell’Italia fascista.

Carlo Franza

 

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