A Basilea un Balthus fuori da ogni pregiudizio. Uno dei più grandi e singolari maestri del XX secolo in mostra alla Fondation Beyeler.
Balthus (1908-2001) è uno degli ultimi grandi maestri dell’arte del XX secolo. La retrospettiva della Fondation Beyeler riunisce numerosi dipinti rappresentativi di tutte le fasi della vita creativa di questo artista leggendario e intende riflettere sull’ambiguità dei suoi lavori. Le sue opere, caratterizzate da atmosfere tranquille ma al contempo colme di tensione, combinano opposti, unendo in modo unico realtà e sogno, erotismo e innocenza, obiettività e mistero, atmosfere familiari e lugubri.
La Fondazion Beyeler, con sede a Riehen, Basilea, dedica una mostra retrospettiva al leggendario artista Balthus, pseudonimo di Balthasar Kłossowski de Rola (1908-2001). Si tratta della prima esposizione dedicata a Balthus allestita in un museo svizzero da dieci anni a questa parte e della prima ampia presentazione del suo operato nella Svizzera tedesca. Vi troviamo una cinquantina di opere che ripercorrono tutta la carriera dell’artista, dal 1961 al 1975 direttore dell’Accademia di Francia Villa Medici a Roma e figura centrale dell’arte del XX secolo, singolare ed enigmatico, venerato e controverso al tempo stesso. Balthus nasce a Parigi da padre polacco, critico d’arte, e madre russa, pittrice. Trascorre l’infanzia tra Berna, Ginevra e Berlino e solo nel 1924 rientra nella capitale francese, dove comincia a seguire i corsi di disegno dal vero di Pierre Bonnard.La sua formazione si nutre degli studi su Nicolas Poussin al Louvre, dell’ammirazione per Cézanne, cresciuta durante un viaggio in Provenza nel ’25, della scoperta di Piero della Francesca e del Rinascimento toscano nel ’26, in un viaggio tra Firenze e Arezzo, e dell’incontro con i surrealisti, in Svizzera, nel 1932. Lo stretto legame che unisce l’artista alla Svizzera è evidente in tutte le fasi della sua vita: la tarda infanzia vissuta tra Berna, Ginevra e Beatenberg, il matrimonio con la svizzera Antoinette de Watteville, i soggiorni in Francia e nella Svizzera tedesca, fino agli ultimi decenni della sua vita trascorsi nel comune di Rossinière.
Balthus è uno dei grandi maestri dell’arte del XX secolo, nonché uno dei più singolari. Nel suo lavoro vario e sfaccettato, amato da alcuni e disprezzato da altri, Balthus ha perseguito un percorso artistico alternativo, quasi contrapposto alle correnti avanguardistiche moderne. L’atteggiamento di opposizione dell’eccentrico pittore fa riferimento a numerosi precursori e tradizioni storico-artistiche. Il suo allontanamento dal modernismo, definito quasi «postmoderno», ha allo stesso tempo portato Balthus a sviluppare una forma di avanguardia, oggi ritenuta più attuale che mai. Il punto di partenza della mostra è il monumentale capolavoro, Passage du Commerce-Saint-André del 1952-1954 proprietà di un’importante collezione privata svizzera e già da molti anni in deposito alla Fondation Beyeler. In questo dipinto enigmatico, si condensa l’intensa preoccupazione di Balthus per le dimensioni spaziali e temporali e il loro rapporto con la figura e l’oggetto. Nell’opera di Balthus gli opposti convergono: sogno e realtà, oggettività e mistero, erotismo e innocenza. Nel dopoguerra l’artista si dedica ai nudi, spesso mettendo in scena fanciulle in pose ambigue, tanto da essere accusato di oscenità e anche di pedofilia. Sulla base di questo fil rouge, la mostra riunisce circa 50 delle principali opere dell’artista risalenti a tutti i periodi creativi. In questa prospettiva, vengono messe in luce le strategie talvolta provocatorie di Balthus relative alla messa in scena pittorica e, soprattutto, l’ironia e l’inscrutabilità della sua arte. Così, le sue opere, caratterizzate da atmosfere tranquille ma al contempo colme di tensione, combinano opposti, unendo in modo unico realtà e sogno, erotismo e innocenza, obiettività e mistero, atmosfere familiari e lugubri. Scivolando lungo la mostra il visitatore è invitato a immergersi in una scena di strada parigina che fa da cornice a La Rue, tra personaggi enigmatici, irrigiditi nei loro ruoli e nelle loro posture come su un palcoscenico. La Jupe blanche del 1937 – probabilmente il più bel ritratto mai eseguito da Balthus della prima moglie Antoinette de Watteville – corre accanto a Le Roi des chats del 1935, uno dei rari autoritratti che mostra il pittore, allora ventisettenne, nei panni di un fiero ed elegante dandy accompagnato da un gatto. E sempre i gatti – animali che hanno ricoperto un ruolo importante nell’opera e nella vita dell’artista – fanno costantemente capolino nei suoi quadri, non di rado come espressione di libertà e alter ego del maestro. – opera particolarmente carica di tensione e solo raramente concessa in prestito – affianca il discusso ritratto Thérèse rêvant del 1938, con le sue fanciulle alle soglie dell’età adulta, oscuramente sospese tra spensieratezza infantile e seducente erotismo.
La mostra della Fondation Beyeler, realizzata con il generoso sostegno della famiglia dell’artista, è allestita dal Dott. Raphaël Bouvier, curatore, e da Michiko Kono, curatrice associata. In un secondo momento, l’esposizione verrà presentata anche al Museo Thyssen-Bornemisza di Madrid.
Carlo Franza