Gianni Cella, eroe italiano del postmodern. Una mostra singolarissima e colta dell’artista lombardo alla Galleria Antonio Battaglia di Milano.
Maschere e poi totem e non solo, è così che sorprende non poco la bella mostra di Gianni Cella, illustre docente dell’Accademia di Belle Arti di Brera, aperta fino al 15 giugno 2019 alla Galleria Antonio Battaglia nel quartiere breriano a Milano, luogo sempre di novità e di storicizzazioni. Maschere che ammiccano, che fanno sberleffi, sono pronte ad accogliervi e a calarvi immediatamente in un mondo che non è quello delle forme e delle costrizioni che la società contemporanea impone. Con uno sguardo volto anche a culture esotiche, africane, americane, il lavoro di Gianni Cella si nobilita proprio per il clima anche colto che l’artista gli ha addossato forse inconsapevolmente, da richiamare gli oggetti e le belle cose di pessimo gusto di gozzaniana memoria.
E se anche Loredana Parmesani apparenta i lavori di Gianni Cella al Nuovo Futurismo, teorizzato da Renato Barilli nei primi anni Ottanta, subito dopo il Postmoderno e i Nuovi- Nuovi, è invece per noi più sensato apparentare il lavoro di Cella con il Postmodern. D’altronde il Postmodern è stato promotore di un recupero delle tradizioni passate, anche primitive – e qui sono tante le opere che vi si legano- , si è espresso come opposizione al funzionalismo e al razionalismo, volgendo una chiara riconsiderazione del processo estetico finalizzato in parte al ritorno all’ornamento, ma soprattutto anche all’affermarsi di un diffuso edonismo. Non dimentichiamo che il movimento Postmodern si diffuse dagli anni 1960/70, principalmente in ambiente nord-americano, dove, in aperta polemica con il linguaggio promosso da certo “stile internazionale”, accolse significative influenze dal genere artistico Pop. Tale atteggiamento è chiarito anche nel testo di R. Venturi del 1972 dal titolo: “Imparando da Las Vegas”, dove l ‘autore infatti ci parla di postmodern e di una contaminazione del linguaggio della Pop art.
Eppoi la storia di Gianni Cella è stata chiara sin dall’inizio, dalla frequentazione dei Plumcake Eroi della pittura a questo odierno Gianni Cella ancora Eroe della pittura. Dal Duemila l’artista si è staccato dal gruppo, nato nel 1983 nella Galleria Diagramma di Luciano Inga-Pin, in pieno clima Postmoderno; proseguendo la sua personale e solitaria ricerca intimistica tra pittura, scultura e disegno, creando personaggi dall’immaginazione fantastica, misurati da un piglio ironico, colorati con accese monocromie, gialle, rosse, verdi, ecc. che raccontano l’evolversi della società contemporanea e della storia, con le loro ebbrezze, le febbrili presenze, il tripudio del Kitch. L’utilizzo di materiali industriali in chiave Neo-pop, come la vetroresina dipinta con vernici da carrozzeria, conferiscono alle opere una patina luccicante, che ne accentuano certo l’aspetto pittorico. Il lavoro di Cella parte da una forte consapevolezza della pittura, che prende spunto anche dalla classicità, che qui “esce” dal quadro tradizionale. “Una vita lemme lemme”, come la definisce l’artista stesso, un procedere lento nella vita e nell’arte illustrato nel suo libro d’ artista (disegni, progetti e scritti) dal duemila ad oggi, disponibile in galleria Battaglia. Cella è anche presente alla mostra annuale L’arte sul grande fiume, al Borgo d’Arte di Arena Po, dal 4 maggio 2019, a cura di Gaetano Grillo.
Gianni Cella è nato a Pavia nel 1953, dove vive e lavora. Diplomato in pittura all’Accademia di Belle Arti di Brera, dove insegna disegno e illustrazione. Nel 1990 partecipa con il gruppo Plumcake (Cella, Pallotta, Ragni) ad Aperto 90, Corderie dell’Arsenale, XLIV Esposizione Internazionale d’Arte La Biennale di Venezia. Ha partecipato alle mostre dei Nuovi Futuristi curate da Renato Barilli, tre le più recenti, nel 2010 alla Fondazione Bandera di Busto Arsizio (omaggio a Luciano Inga-Pin) e nel 2012 alla Casa D’Arte Futurista Depero a Rovereto e Spazio Oberdan a Milano
Carlo Franza