E’ morto Maurizio Calvesi, l’amico e collega Storico dell’Arte, intellettuale di prim’ordine, che amava farsi anche chiamare “allievo di Argan”.
I lutti in questi ultimi mesi mi hanno colpito in prima persona, ad iniziare dalla morte del mio unico fratello Antonio Franza (Lecce), commercialista e collezionista di arte contemporanea di chiara fama; di mio cugino Francesco Damiani (Alessano-Le) e poi di una serie di amici ( tra cui Giuseppe Colazzo presidente dell’Associazione Vito Raeli di Tricase- Le) e di colleghi di insegnamento alla Sapienza a Roma con i quali ho vissuto anni intensi e carichi di ricordi ( ne ho fatto memoria anche su Il Giornale del Prof. Mario Ursino); fra questi ultimi il professor Maurizio Calvesi. È morto a Roma a 92 anni Maurizio Calvesi, tra i più autorevoli e influenti storici e critici d’arte del Novecento, attivo sulla scena internazionale da oltre sessant’anni, e maestro e mentore di generazioni di storici e critici a lui successive. Oggi confesso ai più che Calvesi ha avuto per me sempre grande stima e venerazione provenendo dalla Scuola Arganiana, stima per i miei studi e le mie ricerche sul contemporaneo e soprattutto sul fiuto che ho avuto intorno ai nuovi percorsi dell’arte internazionale. Calvesi è stato infatti collega e docente universitario, autore di saggi ancora oggi considerati fondamentali per lo studio della storia e della critica d’arte (tra tutti, quelli su Piero della Francesca, Dürer, la Cappella Sistina, Caravaggio, Piranesi, Boccioni e il Futurismo, de Chirico e Duchamp), curatore di due edizioni della Biennale di Venezia (1984 e 1986). A dare la notizia della scomparsa di Maurizio Calvesi è stato, su Facebook, il suo allievo e critico Alberto Dambruoso, che così ha scritto: “oggi(24 luglio 2020) è un giorno molto triste per l’arte italiana che perde uno dei più importanti storici dell’arte, se non il più importante di tutto il Novecento. È venuto a mancare stamattina il mio mentore Maurizio Calvesi. A lui devo praticamente tutto della mia carriera. Tra le cose più importanti che mi ha lasciato l’archivio di Umberto Boccioni… Buon viaggio Maurizio e che tu possa vedere ora da vicino gli angeli del Mantegna, di Raffaello, Michelangelo e del Caravaggio descritti come pochi altri hanno saputo fare in oltre 60 anni di studi”. “Maurizio Calvesi affrontava agevolmente tutti i repertori come un grande pianista: non solo i suoi saggi fondamentali su Caravaggio o su Dürer ma anche quel suo coraggioso aver fatto giustizia sulle avanguardie del Novecento, sottraendo il Futurismo ai luoghi comuni della storiografia per la sua vicinanza al fascismo”, così lo ricorda Claudio Strinati che propone una rapida istantanea di Maurizio Calvesi dopo una densissima vita di studioso, ricercatore, divulgatore, docente universitario. Il suo multiforme impegno in diversi capitoli storico-artistici rende impossibile ricostruirne in un unico schema la personalità, l’opera e il grande lascito. Calvesi nasce a Roma il 18 settembre 1927. Da bambino frequenta lo studio romano di Giacomo Balla, al piano superiore di casa Calvesi in via Oslavia 39/b. E Balla padre, nel 1934, interviene nel ritratto a pastello di Calvesi a sette anni realizzato dalla figlia Elica. Grazie a Balla conosce Filippo Tommaso Marinetti nel 1941 ed entra a far parte del gruppo Aeropoeti Sant’Elia. Due amicizie adolescenziali che gli suggeriranno future riletture. Calvesi si laurea con lode in Lettere e Filosofia nell’Università La Sapienza di Roma nel 1949 con Lionello Venturi con una bellissima tesi su Simone Peterzano, il maestro di Caravaggio; “tutti dicono che fu Longhi a riscoprirlo ma non è vero, proprio Venturi cominciò a studiarlo nel 1909”, aveva detto nel luglio 2001 al «Corriere della Sera» (per il quale scrisse dal 1972 al 1978). Il futuro critico d’arte, durante l’adolescenza, si dedica alla scrittura di poesie futuriste, firmate insieme a Sergio Piccioni, che oggi sono custodite all’Università di Yale nel Centro di Documentazione Futurista. Oltre a Venturi, suo maestro e mentore è anche Giulio Carlo Argan, oltre a Francesco Arcangeli, che conoscerà a Bologna.
Con quella di Venturi, la sua formazione porta l’impronta di Giulio Carlo Argan, mio maestro e mentore di cui sono stato allievo e assistente; ebbene Argan è stato una sorta di suo padre culturale (anche da maturo lo definiranno “allievo di Argan” anche se in realtà non è mai stato così). Molte esperienze ministeriali (la Soprintendenza di Bologna, la direzione della Pinacoteca di Ferrara e della Calcografia nazionale, la Galleria nazionale di arte moderna come vice di Palma Bucarelli) quindi le cattedre di Storia dell’arte moderna a Palermo, tra il 1970 e il 1976, poi l’approdo a Roma, tra il 1976 e il 2002 dove è prima direttore dell’Istituto e, infine, direttore del Dipartimento. Questo per quel che riguarda le date e la sua capacità di creare una scuola che ha in Alessandro Zuccari il suo prestigioso erede. E poi si dovrebbe sintetizzare senza pericolo di trascuratezze gli studi in Italia e in campo internazionale. Carriera intensa, interessi sterminati – dall’età moderna alla contemporaneità – , studioso raffinato, che aveva esordito negli anni Cinquanta occupandosi di Alberto Burri e di altri maestri, ma anche delle incisioni dei Carracci e del Futurismo. È del 1966 la prima edizione di un libro che è diventato sacro nel mondo della ricerca storico-artistica: “Le due avanguardie. Dal futurismo alla Pop Art”; sono anni intensi per il critico d’arte, d’altronde Roma in quel momento è al centro del dibattito internazionale e molti dei protagonisti di quella temperie culturale sono suoi amici e compagni di strada. Tra tutti Mario Schifano – magnifica, nella sua casa romana, la parete con i paesaggi anemici degli anni Sessanta, alcuni con dediche affettuose, fraterne – e Mario Ceroli, che l’ha ritratto insieme alla moglie, la studiosa Augusta Monferini. E poi Fabio Sargentini, gallerista che lo coinvolge in tante occasioni come autore di testi critici sugli artisti de L’Attico, tra cui Pino Pascali. E poi Umberto Boccioni ( è recente il catalogo generale curato con il suo allievo Alberto Dambruoso) , Giorgio De Chirico e Duchamp: sono numerosi gli artisti che ha approfondito con saggi fondamentali. E naturalmente Caravaggio, altro suo riferimento primario. Tra le pubblicazioni recenti, il volume sulla Collezione Burri (con Bruno Corà) e sulla collezione della Farnesina, curato con il suo allievo Lorenzo Canova. Non vanno dimenticati il “Piero della Francesca” del 1998, le ricerche sul Futurismo alla fine degli Anni 60 e i primi 70, la rinnovata visione di De Chirico. Ancora Claudio Strinati: “In La metafisica schiarita/ Da De Chirico a Carrà. Da Morandi a Savinio c’è tutta la capacità sintetica e scientifica di Calvesi, a partire dal geniale titolo. Lui “chiariva”. Ovviamente vanno ricordati i suoi scritti su Caravaggio, punto di partenza per qualsiasi studioso nella seconda metà del Novecento (anche nella divulgazione, basti pensare a Le realtà di Caravaggio, Einaudi). Sempre Strinati ricorda l’attaccamento di Calvesi per la rivista «Storia dell’arte», prima diretta dal mio indimenticabile maestro Giulio Carlo Argan e poi da lui affidata nel 1969 a Calvesi che si concentra nel far emergere i nuovi studiosi: proprio Claudio Strinati, Michele Cordaro, futuro direttore dell’Istituto centrale del restauro, Enzo Bilardello, Carlo Franza e Maria Andaloro. Tale è il legame con la rivista che, quando emergono difficoltà economiche, Calvesi con sua moglie Augusta Monferini (a sua volta storica dell’arte e già direttrice della Galleria nazionale di arte moderna) fonda la casa editrice CAM (Calvesi Augusta Monferini) e la rileva. E così la rivista è a tutt’oggi viva (ma Calvesi dirigerà anche “Art e dossier” e “Ars”). Gli incarichi pubblici non mancano: il Consiglio nazionale dei Beni culturali, la curatela della Biennale d’arte di Venezia nel 1984 e nel 1986, socio dei Lincei e dell’Accademia di San Luca
Altri interessi, in ordine necessariamente sparso: Duchamp, la Pop Art, Piranesi, la Cappella Sistina, la passione per Burri (presiederà la sua Fondazione) per Umberto Mastroianni e Marino Marini, le amicizie personali: Fabio Mauri, Pino Pascali, Franco Angeli, Mario Schifano, lo scultore Mario Ceroli che realizza la monumentale (e celebre) libreria lignea «Calvesi-Monferini» in pino di Russia, per trentamila volumi, con cento ritratti in silhouette dei due padroni di casa. Il volume più amato era una copia lisa di Psicologia e alchimia, di Carl Gustav Jung, edita nel 1951 dall’Astrolabio: “Capii che La melanconia di Dürer era l’ allegoria della prima fase della nerezza alchemica”. Fu il punto di partenza che lo portò al suo folgorante saggio Einaudi La melanconia di Albrecht Dürer.
Biografia. Nato a Roma nel 1927, Maurizio Calvesi fin dall’infanzia frequenta lo studio di Giacomo Balla, che lo sollecita nell’entrare in contatto con Filippo Tommaso Marinetti: ciò avviene nel 1941, e Calvesi entra così a far parte del gruppo “Aeropoeti Sant’Elia”. Il futuro critico d’arte, durante l’adolescenza, si dedica alla scrittura di poesie futuriste, firmate insieme a Sergio Piccioni, che oggi sono custodite all’Università di Yale nel Centro di Documentazione Futurista. Nel 1949 Calvesi si laurea con lode in Lettere e Filosofia nell’Università “La Sapienza” di Roma con una tesi su “Simone Peterzano” assegnatagli da Lionello Venturi, iniziando così a intraprendere i suoi primi studi su Caravaggio. Oltre a Venturi, suo maestro e mentore è anche Giulio Carlo Argan, oltre a Francesco Arcangeli, che conoscerà a Bologna. Qui, nel 1955, presta servizio alla Soprintendenza, per poi dirigere la Pinacoteca nazionale di Ferrara e, a Roma, la Galleria nazionale d’arte moderna e contemporanea e la Calcografia Nazionale. Dal 1967 insegna nelle Accademie di Carrara e di Roma, e nel 1969 vince il concorso universitario come ordinario di Storia dell’Arte e svolge il suo ruolo di docente nella Facoltà di Lettere di Palermo dal 1970 al 1977, per poi ricoprire prima la terza e poi la prima cattedra di Storia dell’Arte Moderna della Facoltà di Lettere de “La Sapienza” a Roma, in cui è stato prima Direttore dell’Istituto e poi del Dipartimento di Storia dell’Arte fino all’ottobre del 2002. Nel 2003 è nominato Professore Emerito presso la Facoltà di Lettere della “Sapienza”. Dal 1983 al 1988 e dal 1992 al 2001 è dapprima Vicepresidente, poi Presidente del Comitato per i Beni Artistici e Storici nell’ambito del Consiglio Nazionale per i Beni Culturali, dal 1983 è stato socio corrispondente dell’Accademia Nazionale dei Lincei, e dal 1988 socio nazionale. È stato inoltre socio dell’Accademia di San Luca, dell’Istituto di Studi Romani e dell’Accademia Clementina di Bologna. Calvesi ha presieduto la Fondazione Burri (“Fondazione Albizzini-Collezione Burri”) di Città di Castello, è stato consulente della Fondazione Marino Marini a Pistoia e dal 1969 al gennaio 1992 è stato redattore della rivista quadrimestrale “Storia dell’Arte” fondata e diretta da G.C. Argan, per poi dal 1992 diventarne direttore. Nel 1984 Calvesi fonda la rivista mensile “Art e Dossier” e ne è direttore scientifico fino al 1995. Muore a Roma nel 2020 a 92 anni.
Carlo Franza