Illustre professore, il recente premio “Premium International Florence Seven Stars – Gran Prix Absolute”  2020 che le è stato assegnato  a Firenze  sulla Gran Terrazza del Plus Florence  dall’Ambasciatore Umberto Vattani,  ha sottolineato  e premiato  il suo lavoro fin qui svolto. Cosa ne pensa?

Sono molto onorato di aver ricevuto questo premio che mi sembra molto prestigioso, Sono rimasto colpito che gli organizzatori abbiano studiato a fondo le mie note bio e abbiano sottolineato le diverse capacità espressive del mio lavoro. Di solito vengo giudicato in base alle singole competenze e non complessivamente come in questo caso per il premio di Firenze Seven Stars.In questo caso sono stati messi a fuoco molti aspetti della mia personalità artistica e scientifica e per me è stata una grande emozione e un grande onore.

La sua attività di docenza in più università italiane e nella Storica Accademia  di Belle Arti di Brera  rende evidente  lo studio e la ricerca sua e in campo filosofico e nei rapporti con le nuove tecnologie  e new media. Cosa dice in proposito?

C’è sempre stato un fil rouge rispetto al mio lavoro. Ho cominciato ad occuparmi di nuove tecnologie fin a partire dagli anni Ottanta. Mi sono reso conto che questo aspetto, che all’inizio sembrava molto marginale negli insegnamenti sarebbe diventato assolutamente cruciale con il passare degli anni e dei decenni fino ad assumere un ruolo dominante come possiamo dire dell’oggi e della sua grande importanza in tutti gli ambiti lavorativi e sociali, senza contare l’importanza di Internet, del Web e dei social media. Oggi il panorama è ancora più complicato con l’avvento di Realtà Aumentate, Realtà Virtuali e Realtà Ibride in cui la componente digitale, navigazionale, immersiva rischia di creare fantascientifiche realtà parallele, in un connubio speciale tra realtà, cinema e videogiochi.

Come sta vivendo  la sua collaborazione con la Fondazione inglese Sir Denis  Mahon Foundation?

L’incontro con la Fondazione Sir Denis Mahon è stato un incontro assolutamente prezioso e straordinario che ci ha permesso di esportare all’estero alcune delle nostre peculiarità come l’importanza data, da noi di Age of Future, al Tecnomedioevo, dal punto di vista artistico e concettuale. Con la Fondazione inglese abbiamo potuto effettuare mostre prestigiose a Londra e in Italia. La collaborazione continua e ci aspettiamo grandi eventi da fare insieme nei prossimi anni a venire.

I suoi due libri  “Cronache dal Tecnomedioevo” e “Assalto al cielo” hanno già contribuito ad una educazione umano-robotica?

Non del tutto, direi piuttosto che questi due volumi della trilogia sulla storia, usciti per le Edizioni Mimesis di Milano, stanno contribuendo a modificare la percezione degli eventi storici. Abbiamo capito che andando a sollecitare le informazioni di base degli eventi storici e filologici con una batteria di modelli pluri-disciplinari si possono ottenere risultati straordinari e che la stessa idea di storia ne risulta ampiamente modificata.Il fatto che in questi volumi si sia trattato anche di robotica fa parte di un nostro tentativo di utilizzare questa disciplina, come anche altre, in maniera più semplice, universale e colloquiale. L’idea di base è che si possano trattare i dati storici come nella fisica quantistica in cui i dati, le subparticelle vengono bombardate continuamente da fasci di protoni o di neutrini che  ne rilevano traiettorie e presenza. Anche i dati storici possono essere utilizzati con un processo simile a quello delle camere a bolla della ricerca fisica che ne fa risaltare peculiarità e presenza mediante batterie di dati multi-disciplinari che vanno in collisione con i dati acquisiti, mostrandoci altre sfaccettature della stessa materia.

E sul prossimo progetto-libro “The Sumerian Chronicles” e l’idea di una storia innovativa, cosa sottolinea?

Il prossimo libro della trilogia “The Sumerian Chronicles” si occuperà del passato remoto di popolazioni di  culture storiche e archeologiche. Qui l’approccio sarà simile a quello utilizzato in “Assalto al Cielo” che ha messo in luce vari aspetti della fantascienza, letteraria e cimatografica interrogando specialisti, tecnici, scienziati, informatici, scrittori, ingegneri e architetti per avere delle risposte che spaziassero verso discipline come la robotica, l’astronautica, l’ingegneria spaziale, le scienze applicate in un gigantesco sforzo concettuale che conciliasse i principali topoi della fantascienza con le nostre ansie di futuri misteriosi e minacciosi, molti dei quali non sono così lontani. La storia passata e remota in The Sumerian Chronicles, attualmente in lavorazione, può essere vista come una spola continua tra passati, anche remotissimi, e scenari futuri e tecnologici. D’altronde sono tante le innovazioni tecnologiche del passato che abbiamo scoperto in questi ultimi decenni. Abbiamo già visto nel primo volume della trilogia “Cronache dal Tecnomedioevo” come il Medio-Evo e il Rinascimento contengano straordinarie sacche tecnologiche inedite a livello storico come, ad esempio  L’Ars Combinatoria e la Mnemotecnica, veri e propri precursori di tecnologie avanzate che oggi siamo in grado di riconoscere come tali.

La sua Associazione “Age of Future” come si sta muovendo  in campo italiano ed  europeo?

L’Associazione Age of Future,  ha vari ambiti progettuali che spaziano dalla divulgazione, la didattica, l’arte contemporanea, con una crew d’autori ampiamente  selezionati negli anni, alla moda, infatti stiamo per uscire, a breve, con una capsule dedicata al tecnomedioevo, al teatro, ai gioielli e accessori. Sulla parte Fashion vorrei spendere  due parole perché è stato uno straordinario lavoro di collaborazione tra noi di Age of Future e il Fashion Lab, un team di giovani stilisti che sta seguendo e ha realizzato questo progetto di abiti e accessori che sono ispirati al Medio-Evo e al Rinascimento ma con delle logiche innovative e tradizionali, allo stesso tempo. Pensiamo d’attivare varie collaborazioni, oltre che con la Fondazione Sir Denis Mahon di Londra anche con Istituzioni Scientifiche, Musei e Festival a livello europeo. Ad esempio siamo una delle due mostre ufficiali al Festival Dei Due Mondi di Spoleto del 2020/2021. Un progetto a cui teniamo molto è il nostro prossimo Festival Internazionale del Food in cui abbiamo applicato un altra idea di Food, più esotica, vista a livello storico, archeologico, filologico, fino ad arrivare al cibo spaziale, degli astronauti e il cibo robotico e delle stampanti 3D, in una visione, pensiamo originale e inedita del Made in Italy. che parte dalle Civiltà dell’Antico Mediterraneo, la culla della nostra civiltà e arriva al cibo del Futuro, al cibo degli astronauti, al cibo della robotica, in una cavalcata attraverso i secoli e le varie civiltà che si sono succedute negli ultimi millenni.

Cosa ci può dire circa il suo lavoro intorno al robot -umanoide  Bluestorm? Cosa ha comportato coinvolgerlo nei convegni e nelle mostre da lei messe in piedi?

Il robot Bluestorm, un robot umanoide della classe dei Nao dell’azienda francese Aldebaran Robotics, oggi SoftBank Robotics,  è stata una grande scommessa. Abbiamo pensato che era possibile intervenire su un robot umanoide, modificare il suo software e il suo hardware e dare un educazione umanistica, simile a quelle di uno studente di una secondaria al nostro robot Bluestorm. Questo ci ha permesso di ottenere straordinari risultati ma l’evoluzione del robot è ancora in corso. Visto che ci sono molte componenti negli studi sull’intelligenza artificiale, machine learning, deep learning, studi sulle reti neurali. Comunque i suoi sviluppi ci hanno permesso di portarlo in giro e utilizzarlo in vernissage artistici, interventi televisivi, lavori teatrali, partecipazione a Festival e convegni. L’idea di base è che i robot umanoidi sono simili a noi e dovrebbero essere ampiamente curati e studiati. L’idea potrebbe essere quella di una nursery robotica in cui i piccoli robot umanoidi possano acclimatarsi e ricevere un educazione umano-robotica di alto livello e socializzare, poi, con gli umani, visto che il loro credo è la collaborazione e la convivenza con il genere umano. Pensiamo che nel giro di alcuni anni i robot umanoidi possano entrare nelle case di molti di noi e affiancare gli insegnanti nella didattica, entrare nei reparti ospedalieri; robot umanoidi sono stati utilizzati, proprio recentemente, nei reparti covid, utilizzare le proprie competenze per le case d’anziani, le scuole, le Università. Noi stiamo solo precorrendo i tempi con un nostro team robotico che segue da vicino il robot Bluestorm.

 Ancora due parole sulla robotica?

Sì grazie, volevo sottolineare che stiamo lavorando per mettere in piedi un format televisivo sulla robotica. Anzi, approfitto di questa intervista per fare un appello pubblico a tutte le aziende, italiane e internazionali, ma anche produttori e distributori. Se vogliono contattarci noi saremo felici di parlare con loro e vedere se ci sono le condizioni per una collaborazione comune su questo progetto, a cui teniamo moltissimo e che tende a dare maggiore risalto e visibilità a quelle aziende e startup che stanno lavorando con l’Intelligenza Artificiale e la robotica applicata. Ho visto tanti programmi sul lockdown e lo smart working ma nessun accenno all’avvento della robotica, nanotecnologie, intelligenza artificiale in chiave social.

Infine due parole sul New Horror su cui sappiamo che hai lavorato molto, in passato.

E’ vero e ti ringrazio di questa opportunità. il New Horror anglo-americano è un tema su cui ho lavorato molto con articoli e saggi. Stiamo Parlando di straordinari autori  cinematografici, da Cronenberg a Carpenter, da Romero a Sam Raimi che hanno letteralmente modificato il panorama cinematografico legato all’horror, al gotico e alla fantascienza. Il merito di questi autori è quello di essere stati grandi cineasti e grandi intellettuali. Il caso di David Cronenberg è, da questo punto di vista, esemplare. Vorrei anche dire che tra alcuni mesi uscirà un mio nuovo saggio su questi autori, comparati con le atmosfere dell’architettura radicale, dal titolo “Cronenberg & Co” per una casa editrice di Roma, che vuol essere la continuazione del mio saggio, oramai fuori commercio  “Effetto Cronenberg”. Uno studio cinematografico e filosofico sul grande regista canadese. Pensiamo che gli autori e le opere dei cineasti del New Horror abbiano ancora molto da insegnarci anche se sono passati, oramai, più di quarant’anni da loro esordio.

Carlo Franza

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