La Galleria d’Arte L’Incontro di Erminia Colossi a Brescia  presenta venti carte di Riccardo Guarneri(Firenze, 1933) che coprono un arco temporale di circa dieci anni. Un bel traguardo, anche perchè gli artisti spesso lavorano su altri supporti come la tela, tralasciando la carta che possiede un suo abito  carico di intimità, semplicità,  di colori e di poesia. Venti carte che  sono tutte avvolte e intrise di un’anima analitica, perchè è dal 2000 che Guarneri viaggia alla grande in questo chiaro stradone che è come una sorta di via lattea. Sono lontani i tempi da quando una mostra nel ‘ 59, si intitolava “ Baldi – Fallani – Guarneri – Masi – Verna. Cinque informali a Firenze” , che  movimentava l’artista nell’informale. Adesso Guarneri vive testualmente la sua anacoresità  nel gruppo degli analitici le cui  componenti fondamentali sono  analisi del processo pittorico, azzeramento monocromatico, emanazione del colore-luce, tensione concettuale degli strumenti operativi, decostruzione degli elementi formativi dell’immagine. Le definizioni proposte dalla critica che ha sostenuto queste ricerche sono state varie  e hanno messo  in evidenza la complessa identità del fare pittura: astrazione analitica, pittura-pittura, nuova pittura, pittura fredda e radicale, pittura aniconica, il corpo della pittura. Ebbene ci pare che quest’ultima nozione  terminologica  sia molto cara alle posizioni critiche  di Riccardo Guarneri. Carlo Battaglia, Paolo Cotani, Marco Gastini, Giorgio Griffa, Riccardo Guarnieri, Elio Marchegiani, Vittorio Matino, Claudio Olivieri, Paolo Patelli,  Claudio Verna, e ancora Pinelli, Morales, Cecchini, Cacciola e  Zappettini possono tutti ritrovarsi in questo movimento; d’altronde essi sono sempre stati in dialogo con i critici che hanno sostenuto la pittura analitica soprattutto nel periodo iniziale, vale a dire  Italo Mussa, Giorgio Cortenova, Gianni Contessi, Carlo Franza, Filiberto Menna, Paolo Fossati, Tommaso Trini e  Giovanni Maria Accame. Carte che parlano come un bisogno di canto, di traduzione musicale, di rigore che contorna e muove tutto il nucleo della loro ispirazione. Riccardo Guarneri  pur nel suo eremitaggio fiorentino è riuscito ad essere artista degno e illustre della Pittura Analitica, e vanta oggi numerose mostre personali sia in Italia che  all’estero, con una presenza alla 32° Biennale di Venezia nel 1966 e una sala personale alla 57° Biennale di Venezia nel 2017. Beh, vi dirò che queste carte sono di una bellezza strabiliante, dove bellezza vuol dire armonia, dosaggio del colore, ritmi, accostamenti, composizione aurea, l’infinito nel finito, e losguardo che si perde in un racconto spirituale, oltre il corpo e oltre i sensi. Ecco cosa ci dice Riccardo Guarneri: “Ho lasciato emergere la luce del bianco. Ho voluto che diventasse leggerissimo, trasparente, poco decifrabile. Affascinato dalle chine dei maestri Zen, ho lavorato sui bianchi e, con matite o l’acquerello, che trasfiguravano nella leggerezza e nella sfumatura il loro stesso colore, ho conferito la luminosità che volevo, divenuta poi caratteristica delle mie opere. La luce viene dalla trasparenza, da dentro al quadro, e si proietta nell’esteriorità. Pensavo sempre alla musica… Del resto in lei c’è tutto, c’è la mutazione continua del fare che rinnova sempre ogni cosa. C’è una mutazione con metodo, concetto che ha permeato il mio lavoro. Penso che ci sia la necessità di dare valore non alla ridondanza e alla spettacolarità, alla superficiale sciocchezza, ma a quello che ha un valore profondo, sensibile, che tocca l’interiorità. L’opera d’arte deve impegnarsi a comunicare ogni valore possibile, come la letteratura, la musica”.

In questa mostra tutto vive di una sorta di attesa, sospensione, di transitorietà musicale che avvolge le opere,  come ho  potuto notare ultimamente questo tema novello in una  tesi di laurea di  biennio specialistico elaborata da Francesco Franza (dal titolo “L’occhio musicale. Intrecci tra musica e arti visive nel XX secolo. Aspetti e figure); dunque, aria musicale che avvolge il clima della visione della mostra  dell’artista  fiorentino in corso a Brescia.  Segni, tracce, linee, geometrie, tutto è disposto da Guarneri sulle  carte con colori  tenui, pastellati, quasi nebbiosi, evanescenti  e sfumati  che hanno in loro la ricchezza di una ricerca che va oltre il presente e arriva da secoli lontani, basti pensare ai toni giotteschi, per ritrovarsi oggi  nuovamente propositivi, come modelli del presente, di un’idea mentale più che materiale, per non dire concettuale.  Per Riccardo Guarneri questa mostra  e queste opere sono appunti ed opere concluse insieme, scritture del colore, autorevole visione del rappresentato su una carta nobile dove il colore è sincopato con ritmo musicale,  dove il tutto è divenuto certo occasione spendibile  come testamento estetico del suo percorso  capace così di avvalorare intellettualmente l’arte contemporanea in modo totale.

Carlo Franza  

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