Media, multimedia, epoca digitale, un passaggio che caratterizza  gli ultimi decenni del Novecento, tanto che nelle  Università e Accademie di Belle Arti nascono i Dipartimenti e i Corsi di laurea in Nuove Tecnologie. E’ stata la nascita del cinema e, alla fine degli anni Sessanta del Novecento, del videoregistratore, che  hanno segnato una svolta decisiva nel nostro modo di considerare le espressioni artistiche. Sicchè la tradizionale divisione tra arti dello spazio (pittura, scultura, architettura) e arti del tempo (musica, letteratura, spettacolo), elaborata da Lessing nel Laocoonte, viene oggi messa in discussione perché tutto tende a confluire nel video; basti vedere  le mostre che sono costellate di schermi, i libri che sono accompagnati da cd e lo stesso accade a film e spettacoli teatrali. Caduto il discrimine dello spazio contro il tempo, l’epoca digitale  assiste al riemergere di una distinzione elementare: i video brevi che escludono il racconto, l’intrigo, la trama (e dunque puntano solo su aspetti cromatici, tattili, sonori, corporali) e i lungometraggi, le telenovelas e gli spettacoli che si giustificano solo se sorretti da una narrazione e da un’ opportuna lunghezza. Questo saggio di Renato Barilli offre una nuova chiave di lettura per comprendere ciò che sta accadendo nel mondo in cui viviamo.

Il collega Pier Luigi Panza  su Il Corriere della Sera  ha scritto che “a pochi fortunati l’età concede di accedere alla dignità di “venerato maestro”. Pur non essendosi mai sentito tale, questo ruolo spetta a Renato Barilli, docente emerito dell’Università di Bologna che nel solo 2020 ha pubblicato quattro libri, uno dei quali è una riedizione con nuova prefazione e un altro una raccolta di articoli di critica letteraria già pubblicati sulla rivista “l’immaginazione”. Un impegno vasto (Barilli è nato nel 1935), che scavalca raggruppamenti disciplinari e la distinzione netta tra testo scientifico e divulgativo, ricerca, militanza e pedagogia. Il “maestro” e l’intellettuale, figure sostituite da quella del micro-specialista, vivono ancora in Barilli che è studioso, docente, critico militante, poligrafo, artista, curatore. Studioso di cosa, intanto? Studioso di estetica vecchia maniera, intesa come riflessione filosofica e individuale sulle arti, impegno che richiede una vasta conoscenza delle diverse espressioni artistiche…I due libri che Barilli ha pubblicato nel 2020 per l’editore Marietti sono uno di storia dell’estetica (Filosofi all’alba del contemporaneo. Kant, Schelling, Schopenhauer, Nietzsche), e ricorda un testo di Stefano Zecchi intitolato La fondazione utopica dell’arte. Kant, Schiller, Schelling (Unicopli, 1984); l’altro si sposta sul contemporaneo osservando l’esito dell’idea di arte fondata da questi filosofi (Una mappa delle arti nell’epoca digitale, Marietti,pp 93, 2019-20)”.  Una mappa delle arti nell’epoca digitale, è l’irruzione di Barilli  nel digitale, avendo avuto subito l’accortezza di dire che la tecnologia segna  il passaggio di paradigma tra l’età moderna e quella contemporanea;   e  le tecnologie, quelle della nostra età digitale, hanno portato  a  una trasformazione che ha anche condotto alla perdita della narrazione come l’avevamo conosciuta ad oggi, mentre  oggi impera  la curiositas, il video breve ( vedi TV Libero )  la serie tv, tutto brucia in un attimo, nell’attimo, in una sorta di bigino mediale, di pillola pseudo culturale. Il libretto in questione, 93 pagine, ha un titolo imperante, “Una mappa”, con sei lezioni pregne di rigore metodologico, dell’abilità classificatoria e  della ricca limpidezza lessicale. Pensate che a pag. 70  scrive che “la migliore performance non è se non la propria esistenza.” La mappa delle arti non tralascia nulla, Barilli sa bene che  il video domina il presente, la contemporaneità,  ma sicuramente il quadro generale è  ancor più mosso e interessante; la pittura, se intesa come “wall painting,  graffitismo,  street art, ha un   bell’avvenire.  E se non regge la distinzione tra spazio e tempo, sincronia e diacronia (pag.81), sull’iniziale  filo conduttore del  Lessing, da cui è partito il saggio di Barilli per aprire al   “nuovo Laocoonte”, ecco affiorare  quella fra corti e lunghi metraggi, ovvero la “conquista del tempo che fa della videoarte un prodotto decisamente innovativo” (pag.84) con “un pioniere come Andy Warhol” (vedi Francesco Franza, Andy Warhol, Amiga, il multimediale e la serialità. La produzione come occhio della mente” in Graphie, Forlì, N. 2,  2021), e  l’attuale tecnologia imperante del digitale che ha fatto  cancellare del tutto i confini fra le arti.

Carlo Franza

 

 

 

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