Gigi Guadagnucci, sculture tra bianco e colore. L’omaggio allo scultore al Forte Leopoldo I a Forte dei Marmi.
Gigi Guadagnucci (Massa 1915 – 2013). La sfida del bianco all’universo del colore è il progetto che la Società di Belle Arti, con il Patrocinio del Comune di Forte dei Marmi e in collaborazione con Villa Bertelli, propone dal 18 settembre 2021 (visitabile fino al 7 novembre 2021) negli spazi del Forte Leopoldo I, simbolo della Città toscana.
Attraverso una mirata selezione di circa quindici sculture provenienti dallo studio dell’artista versiliese, la mostra mette in risalto la produzione astratta parigina, a partire dalla fine degli anni Cinquanta. “Scoperta” da Claude Rivière e ammirata da Marc Gaillard e Pierre Courthion, che definisce Gigi Guadagnucci “poeta della forma” apprezzando “i suoi sogni e i suoi umori, i suoi dubbi e le sue convinzioni, la sua ragione di vita, la sua passione, il suo genio”, l’opera di Guadagnucci si è nutrita del fervore artistico respirato a Montparnasse, a contatto con gli interpreti delle tendenze più aggiornate del momento: da Giacometti a Zadkine, da Klein e Tinguely, da Moore, Lipchitz sino a Marini.
Un progetto che, a otto anni dalla morte e a tredici dall’ultima personale alla Galleria Forni di Bologna, invita a riconsiderare l’opera di Guadagnucci tra le più originali del suo tempo per l’estro creativo nella trasfigurazione della realtà, secondo le linee e le immagini della contemporaneità.
Nella concentrazione di forme protese nell’aria alla ricerca di una dimensione che ne esalti l’armonia, la mostra restituisce il profilo di un artista di grande talento, raffinato ed elegante che, forgiatosi nella “bella montagna di marmo”, dov’è nato e cresciuto, plasma con audacia una materia con la quale l’uomo da sempre si confronta, rendendola leggera e delicata, al limite dell’impalpabile, trasformandola “nelle più svariate figure – sono parole dello scultore – in epidermidi di fanciulle appena sbocciate, in trasparenze di petali di fiori attraversati dai raggi del sole e cambiati in molti colori, in meteore bianchissime anche, in lame sensuali e folli di velocità, di ieri, di oggi, di sempre”.
È il pensiero che sta dietro ad un lavoro estremamente sofisticato, che la mostra esalta con originalità, contrapponendo, in una sorta di sfida, il candore assoluto di quelle forme aeree alla vivezza di una straordinaria galleria di nature morte – anch’esse prestiti eccezionali, esposte al primo piano – dove ad imporsi è invece il colore.
In realtà, l’ossimoro estetico generato dall’affiancamento ai lavori di Guadagnucci delle raffigurazioni silenti di Donghi, De Chirico, De Pisis, Ghiglia, Lloyd, Longoni e di altri protagonisti del Novecento che nella natura morta hanno trasferito parte dell’interiorità e percezione visiva non è più di tanto provocatorio, vista la comune ricerca di plasticità, eleganza e purezza assoluta.
Carlo Franza