“Comment voulez-vous qu’un spectateur vive mon tableau comme je l’ai vécu? Un tableau me vient de loin; qui sait de combien loin, je l’ai deviné, je l’ai vu, je l’ai fait, e cependant le lendemain je ne vois pas moi-même ce que j’ai fait.”

“Come è possibile che uno spettatore viva un mio quadro come l’ho vissuto io? Un quadro mi viene da lontano. Chissà da quanto lontano! Io l’ho sentito, l’ho visto, l’ho dipinto eppure il giorno dopo non riconosco nemmeno io quanto ho fatto.”

Pablo Picasso, 1935

BUILDING presenta BUILDING TERZO PIANO, uno spazio che nasce dal desiderio di esplorare la creatività in tutte le sue sfaccettature, attraverso modalità inedite non ancora sperimentate in BUILDING e BUILDINGBOX.  Fino  al 27 maggio 2023, al BUILDING TERZO PIANO , la mostra Picasso. Un tableau me vient de loin. 15 disegni dal 1905 al 1970, a cura di Paolo Rusconi, con la collaborazione di Antonello Negri e Veronica Bassini.

“Un tableau me vient de loin” [“Un quadro mi viene da lontano”] dichiara Picasso a Christian Zervos in una conversazione pubblicata nel 1935 su “Cahiers d’Art” e poi sul catalogo della celebre mostra Picasso: Forty Years of his Art curata da Alfred H. Barr Jr. e tenutasi al MoMA di New York nel 1939. Un testo estremamente suggestivo e a tratti enigmatico che ripropone l’istinto rabdomantico dell’artista alla ricerca del proprio nucleo creativo e al contempo rivela quell’aspetto genetico e aperto – in continuo sviluppo – della propria opera. Il disegno rappresenta il sismografo di questa tensione originaria: è la registrazione spontanea dell’idea, prima esteriorizzazione dell’espressione artistica, il disegno è il punto di partenza, una porta di ingresso per comprendere la genesi dell’opera.   Il tirocinio grafico quotidiano di Picasso è, dunque, la visualizzazione di un lento o veloce processo da una immagine ad un’altra come necessità di comunicazione.

I dati quantitativi dei materiali grafici prodotti da Picasso ripropongono la sua straordinaria vitalità e le opere grafiche riunite nella piccola e preziosa raccolta qui presentata ci riconducono a questa prospettiva di immediatezza e di massima potenza espressiva. Un percorso che in questa sede ricopre, in 15 passaggi, quasi tutta la biografia del pittore spagnolo (1881-1973).

Dal primo disegno del 1905, Saltimbanque et jeune fille che si inscrive nell’orbita del Periodo Rosa e nello specifico degli studi per la produzione del dipinto Famille de saltimbanques (1905), al grande cartone che riproduce dei pescatori al lavoro (1957) e che sarà poi inciso con la tecnica del béton soufflé dallo scultore Carl Nesjar, collaboratore e amico al quale è infatti dedicato il frontespizio Tete d’homme (1965), qui esposto. Fino ad arrivare a una testa di moschettiere del 1969 che si collega a un momento di ritorno ai grandi maestri della formazione giovanile: Rembrant, Goya, Velázquez, ritrovati e rivisitati negli ultimi anni di vita dell’artista. O ancora, al piccolo cartoncino disegnato a pennarello Nu couché au collier / Deux têtes (1970), dedicato al musicista Norman Granz, con il quale Picasso ebbe una stretta amicizia, testimoniata anche dalla scelta di Granz di intitolare una delle sue etichette musicali “Pablo Records”. In mostra si dipana così un diario di immagini che ripercorrono la creatività e la biografia del pittore di Malaga, la sua potenza artistica, la sua quotidiana dedizione. “Je suis le cahier”: “Io sono i miei disegni”, scrive sul quaderno n. 40.

 

Pablo Ruiz nasce a Malaga nel 1881 da Maria Picasso e José Ruiz Blasco. Il padre, insegnante di disegno e curatore del Museo di Malaga, è il primo a spingere il giovane Pablo verso le arti visive. Nel 1891 la famiglia Ruiz-Picasso si trasferisce a La Coruña e Pablo dal 1895 vive tra Madrid e Barcellona dove frequenta la taverna “Els Quatre Gats”, punto di ritrovo dell’avanguardia spagnola. Nel 1900 decide di adottare il cognome della madre e iniziano i suoi soggiorni a Parigi, dove conosce il poeta Max Jacob e il mercante Ambroise Vollard. La prima fase pittorica di Picasso riflette le sue difficili condizioni di vita: il tratto è influenzato dallo scuro realismo di Zurbaràn e del primo Velàzquez, i soggetti raccontano la sofferenza di ambienti poveri e disagiati. Dopo aver incontrato l’opera di Van Gogh, Lautrec, Steinlen, Picasso produce una serie di lavori dai toni cupi: è il cosiddetto periodo blu. Nel 1904 si trasferisce definitivamente a Parigi nell’atelier del Bateau-Lavoir. Gli studi che Picasso conduce sul circo e i suoi abitanti (saltimbanchi, arlecchini, clown, equilibristi) traghettano la disperazione fin-de-siècle del periodo blu verso immagini nuove, spostando la palette, sempre tendente al monocromo, verso il periodo rosa. Anche la sua fortuna come artista muta: incontra Gertrude e Leo Stein, il collezionista russo Shukin, Guillaume Apollinaire, André Salmon.

A questa fase segue un periodo di riflessione sulla pittura di Cézanne a cui si aggiungono le suggestioni dell’arte iberica di Gósol e delle visite alle collezioni etnografiche del Trocadéro di Parigi. In questa temperie, nel 1907 nasce, Les demoiselles d’Avignon, lo chef-d’œuvre dell’arte del primo Novecento, “un laboratorio, un campo di battaglia di processi e esperimenti”(Alfred H. Barr Jr. 1939). Successivamente, la vicinanza con il pittore George Braque, la partecipazione del poeta Guillaume Apollinaire e il sostegno del mercante Daniel H. Kahnweiler, segnano la maturazione del nuovo linguaggio cubista. Alla prima stagione, monocroma e analitica, subentra il passaggio al cubismo sintetico con il quale l’artista tende alla ricostruzione dell’oggetto.  Durante la Prima guerra mondiale Picasso rimane a Parigi; nel 1916 conosce Jean Cocteau che gli propone di disegnare scenografie e costumi per il balletto Parade con musiche di Erik Satie. Picasso produce una serie di disegni nello stile di Ingres, rinnovando il suo interesse per le linee naturali del corpo umano, un ritorno alla figura ravvivato anche dal viaggio che compie tra Roma e Firenze. L’esperienza della scomposizione cubista convive con il periodo neoclassico. Nel 1932 Christian Zervos pubblica il volume del Catalogo Ragionato delle opere, mentre Picasso si avvicina agli ambienti del surrealismo. Rientrato in Spagna per un breve periodo, lascia il paese agli albori della Guerra Civile, e quando viene incaricato dal governo di realizzare un’opera che rappresenti la Seconda Repubblica Spagnola all’Esposizione Universale di Parigi del 1937 denuncia gli orrori della guerra con l’enorme tela Guernica. La fama di Picasso è ormai consolidata, nel 1939 il MOMA organizza la grande mostra Picasso: Forty Years of his Art consacrando la sua arte oltreoceano.  Durante la Seconda Guerra Mondiale Picasso rimane in Francia, nel novembre 1944, dopo la Liberazione di Parigi, il Salon d’Automne gli dedica una retrospettiva. Nel dopoguerra esplora diverse tecniche: dalla litografia approfondita nell’atelier di Fernand Murlot, alla produzione ceramica che avvia nel 1947 nella cittadina di Vallauris. In quello stesso periodo insieme al tipografo Arnéra, si dedica anche all’incisione su linoleum, tecnica prediletta per la realizzazione di poster promozionali per la cittadina francese e per le esposizioni personali dell’artista. Nel 1953 vengono organizzate le importanti retrospettive di Roma e Milano: Guernica, conservata oltreoceano, viene esposta, grazie alla mediazione di Attilio Rossi, nella sala delle Cariatidi di Palazzo Reale. Inizia un periodo di intensissima produttività e isolamento. Nel 1968 espone la Suite 347 alla Galleria Louis Leiris di Parigi: 347 incisioni che toccano tutti i temi ricorrenti nell’opera di Picasso, mescolando tecniche e stili incisori differenti. Vista l’altezza cronologica nella quale viene prodotta, la serie si inserisce nel contesto di revisione e rilettura dei grandi maestri della formazione, in un momento di riflessione nel quale visioni del passato e del presente si intrecciano in una attività quasi testamentaria. Nell’aprile del 1973 muore nella masseria di Notre-Dame-de-Vie a Mougins, suo ultimo luogo di residenza.

Carlo Franza

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