“Giardino e Rizoma” è il libro-saggio che esplora i giardini all’italiana.
Ha per titolo “Giardino e Rizoma” il libro saggio di María del Carmen Molina Barea, tradotto da Chiara Giordano (pubblicato da Graphe.it, pp 166, Euro 15,90, 2024); è un saggio che esplora i giardini all’italiana come microcosmi filosofici, intrecciando sapientemente la prospettiva estetica con quella ontologica.
L’opera affonda le proprie radici nel Rinascimento fiorentino, culla dell’Accademia neoplatonica, in cui il giardino si considerava modello del mondo. Attraverso i giardini cinquecenteschi, Molina Barea sovrappone un filtro innovativo: le cartografie di Deleuze e Guattari
Il rizoma, principio di molteplicità e connessione, si contrappone all’albero, simbolo di ordine e gerarchia. In questo dialogo tra visioni contrastanti, i giardini di Ficino si rivelano come mappe del desiderio inconscio e dispositivi di produzione della soggettività. Chi legge è invitato a perdersi nel labirinto dei viali, ad abbracciare lo spirito critico e il gusto del dibattito, per assistere con gioia al dialogo tra filosofie distanti.
Giardino e rizoma è un incoraggiamento ad avventurarsi in un viaggio interiore, in cui la bellezza diventa catalizzatrice di metamorfosi. Non lasciarti sfuggire l’occasione di varcare i cancelli di questo libro e lasciati trasportare in un mondo di sogni e riflessioni.
Con “giardino” nel libro ci si riferisce certamente ai giardini rinascimentali della Firenze dei Medici. E con “rizoma” si allude all’accezione filosofica di questo vocabolo botanico, che Gilles Deleuze e Félix Guattari -sostiene ancora la scrittrice- hanno preso in prestito per argomentare una strategia di produzione di soggettività trasversale e connettiva. Nel libro collego questi due termini sono collegati, ovvero analizzare il giardino come un sistema rizomatico. Il risultato di tale combinazione è un incontro sorprendente tra due cosmografie di stampo rinascimentale. In un’intervista Maria del Carmen Molina Barea ha detto: “Anni fa, quando studiavo Storia dell’Arte, scoprii l’intrigante bellezza dei giardini del Rinascimento italiano e il loro arcano ermetismo simbolico. Da allora ho sempre avuto interesse ad approfondire i loro segreti e soprattutto a evidenziare i processi operativi che ne sono alla base. Quando ho conseguito la mia tesi sulla filosofia di Deleuze e Guattari ho avuto l’opportunità di indagare i meccanismi teorici che mi hanno permesso di articolare un modo per affrontare tale studio. Tuttavia, credo che l’argomento mi si sia imposto e non viceversa. Ci sono temi che arrivano e ti scelgono senza margine di decisione. Quasi non rendendomene conto mi sono appassionata all’idea e quando ne ho preso coscienza mi trovavo a Firenze per un soggiorno di tre mesi finanziato dall’Agenzia Statale di Ricerca spagnola. L’esperienza è stata molto gratificante per tutto ciò che il giardino rinascimentale mi ha dato durante quel periodo e non sono stata in grado di separarmene emotivamente fino a quando il libro ha preso forma, come se questo stesse chiedendo il suo diritto di esistere”. Giardino e rizoma si conclude con un invito a vivere i giardini, “Il giardino come ars vivendi”. Per questo, il libro è un buon compagno da portare con sé quando ci si addentra nel giardino vivendi. In poche parole, il giardino ideale è “quel” luogo fisico che si trasforma in luogo dell’anima.
La traduttrice aggiunge anche che “effettivamente, è un “viaggio” piuttosto particolare quello effettuato da Giardino e rizoma: dal punto di vista della ricezione, abbiamo un testo fonte concepito a Firenze – dove l’autrice ha svolto un soggiorno di ricerca –, che pone al centro dell’indagine il giardino all’italiana e sulla base di fonti spesso italiane, latine e volgari; poi fatto entrare in contatto con la filosofia post-strutturalista francese, successivamente scritto in spagnolo e infine tradotto per il lettore italiano di Graphe.it, che possiamo supporre conosca abbastanza bene quei giardini – quelle forme del pensiero – di cui si parla. stimolante tradurre un libro che, fin dal primo momento, mi era sembrato naturalmente destinato al pubblico italiano”.
María del Carmen Molina Barea è docente di Estetica e Filosofia dell’arte all’Università di Córdoba. Dopo gli studi in storia dell’arte e filosofia, ha ottenuto il master in Teoria dell’arte contemporanea (Goldsmiths College University of London) e si è laureata con una tesi internazionale sul surrealismo spagnolo. Ha, quindi, studiato all’Università degli Studi di Firenze, al Warburg Institute di Londra e al Centre d’histoire et de théorie des arts (École des Hautes Études en Sciences Sociales) di Parigi. Tra i suoi interessi di ricerca si trovano anche la Filosofia del cinema, Studi visivi e Studi di genere. Ha pubblicatoArte y Deseo. El Surrealismo desde la filosofía de Deleuze y Guattari (2017) ed è autrice di numerosi articoli in riviste specializzate.
Carlo Franza