Guercino, grandissimo maestro e il suo mestiere di pittore ai Musei Reali di Torino
Con la proroga al 15 settembre 2024, sarà presentata al pubblico una nuova opera di grande interesse: una veduta settecentesca dell’interno di San Pietro, con una rara immagine del seppellimento di Santa Petronilla, capolavoro del pittore un tempo lì conservato. In un periodo di grande attenzione e di rinnovati studi sull’opera e la figura di Giovanni Francesco Barbieri detto il Guercino (Cento 1591 – Bologna 1666) e all’indomani della riapertura della Pinacoteca Civica di Cento, spicca la ricchissima esposizione che i Musei Reali di Torino – con Direttore avocante Mario Turetta, Segretario Generale del Ministero della Cultura – presentano nelle Sale Chiablese dal 23 marzo al 28 luglio 2024, prodotta da CoopCulture con Villaggio Globale International.
Oltre 100 opere di Guercino e di artisti coevi, provenienti da più di 30 importanti musei e collezioni, tra cui il Prado e il Monastero dell’Escorial, per presentare la grande arte del Maestro emiliano e insieme raccontare il mestiere e la vita dei pittori del Seicento, in un affascinante, grande affresco del sistema dell’arte. Dall’importante nucleo delle collezioni sabaude a molti altri raffinati e monumentali capolavori di Guercino, una mostra sorprendente che, tra le novità, per la prima volta dopo 400 anni, riunifica anche il ciclo di dipinti commissionati a Bologna da Alessandro Ludovisi, futuro papa Gregorio XV.
«…gran disegnatore e felicissimo coloritore: è mostro di natura e miracolo da far stupire chi vede le sue opere. Non dico nulla: ei fa rimaner stupidi li primi pittori» (Ludovico Carracci a Don Ferrante Carl, riferendosi a Guercino – 25 ottobre 1617)
Un evento spettacolare e di grande originalità curato da Annamaria Bava dei Musei Reali e da Gelsomina Spione dell’Università di Torino, con un comitato scientifico di prestigio, cui partecipano: Daniele Benati, David García Cueto, Barbara Ghelfi, Francesco Gonzales, Fausto Gozzi, Alessandro Morandotti, Raffaella Morselli, Sofia Villano.
Al centro dell’esposizione è il mestiere del pittore nel Seicento esemplificato sulla figura di uno dei maggiori protagonisti della scena artistica dell’epoca. Ripercorrendo temi e aspetti che attraversano tutta la carriera del Maestro, grazie a capolavori di primo piano, la mostra intende dare conto più in generale della professione del pittore a quel tempo: le sfide del mestiere, i sistemi di produzione, l’organizzazione della bottega, le dinamiche del mercato e delle committenze, i soggetti più richiesti.
A partire dal significativo nucleo di dipinti e disegni appartenenti alle collezioni della Galleria Sabauda e della Biblioteca Reale, oltre cento opere del Maestro emiliano e di artisti coevi come i Carracci, Guido Reni e Domenichino – provenienti da più di 30 importanti musei e collezioni, compresi il Museo del Prado di Madrid e il Monastero di San Lorenzo a El Escorial – daranno vita a un grande affresco del sistema dell’arte nel Seicento, guidati dal talento di quel “mostro di natura e miracolo da far stupir” che fu Guercino, secondo la definizione che ne diede Ludovico Carracci, impressionato dal suo talento.
Guercino, grazie a una strutturata bottega e alla ricchissima documentazione lasciata, alla rete di mentori e intermediari, ai rapporti con tanti e diversi committenti – richiesto come fu da borghesi, nobili, pontefici e prelati, ma anche dalle più prestigiose corti europee – diventa l’exemplum perfetto della vita, dell’iter creativo e del mestiere di ogni pittore.
Le importanti opere riunite a Torino nell’occasione – inclusi due dipinti inediti di collezioni private e le tele che permettono lo straordinario ricongiungimento dopo 400 anni del ciclo Ludovisi – sono dunque particolarmente significative per questo racconto, sviluppato in 10 sezioni tematiche tra confronti, parallelismi, testimonianze.
Per la prima volta dopo 400 anni il ricongiungimento del ciclo Ludovisi. Eccone il percorso. Si parte dalla presentazione dell’artista. Guercino ci appare, circa quarantenne, e con gli strumenti del mestiere, nel raro Autoritratto della Schoeppler Collection di Londra che ben introduce al percorso: un’opera intima e privata che proprio per questo non risulta nel suo famoso “Libro dei conti”, ma che testimonia il carattere di un uomo fiero e semplice ad un tempo.
La fase della formazione è debitrice, come per tutti i pittori, dello studio di opere di grandi maestri e dell’incontro con personalità che incidono nella maturazione di un artista: per Guercino punti di riferimento furono in particolare Ludovico Carracci, ammirato a Bologna ma anche a Cento – di cui si espone in mostra il prezioso olio su rame con l’Annunciazione dai Musei di Strada Nuova di Genova – e sul versante ferrarese (prima del viaggio a Venezia) lo Scarsellino e Carlo Bononi. Entrambi gli autori sono presenti nel percorso, accanto a due importanti lavori giovanili di Guercino: la piccola tavola con Il matrimonio mistico di santa Caterina in prestito dalla Collezione d’arte Credem e la suggestiva pala della chiesa parrocchiale di Renazzo con Un miracolo di san Carlo Borromeo.
Quindi l’incontro con la realtà e la spiccata vocazione per il quotidiano, che nei primi anni apre alle opere di paesaggio in analogia con quanto proposto da altri artisti come Annibale Carracci, Domenichino e Agostino Tassi di cui la mostra dà testimonianza insieme a importanti disegni di Guercino della Biblioteca Reale di Torino e alle pitture murali di Casa Pannini, che il giovane pittore realizza a Cento tra il 1615 e il 1617 insieme a collaboratori.
“L’ Accademia del nudo” sarà la fase successiva: Guercino ormai famoso in patria, apre la sua Accademia nel 1616 – così come era uso per i migliori -, facendone un punto di riferimento per molti giovani artisti.
In mostra – oltre all’interessante nucleo di 22 incisioni di Oliviero Gatti, tratte dai disegni di Guercino per farne dono al duca di Mantova (Pinacoteca Nazionale di Bologna), restaurate per questa speciale occasione, e accanto alle opere di Annibale e Agostino Carracci -, intenso e suggestivo è il dialogo tra i disegni di nudo del Maestro e il San Sebastiano curato da Irene (1619) proveniente dalla Pinacoteca di Bologna. Richiesto da Jacopo Serra, cardinale legato di Ferrara e raffinato mecenate di Guercino, il dipinto è di qualità straordinaria, per il vivace e intenso naturalismo tipico della poetica del Maestro, che riesce a tradurre la vicenda sacra in vita quotidiana.
Prima di affrontare il tema della bottega e delle sue dinamiche, la mostra ricorda le fasi dell’affermazione del pittore e la geografia delle committenze, che sempre nella carriera di un artista rivestono un ruolo centrale.
In questo contesto, fondamentale risulta la figura di Alessandro Ludovisi, arcivescovo di Bologna e dal 1621 papa Gregorio XV. Questi aveva già conosciuto Guercino grazie alla mediazione di padre Mirandola, grande promotore dell’artista di Cento, e all’apprezzamento di Ludovico Carracci folgorato, come sappiamo, dalla pittura del giovane artista e chiamato dall’arcivescovo Ludovisi a valutare il costo delle opere da lui commissionate.
Tra il 1617 e il 1618 Guercino realizza infatti per Alessandro Ludovisi e il nipote Ludovico, quattro grandi tele, eccezionalmente riunite dopo quattro secoli nella mostra di Torino: Lot e le figlie proveniente da San Lorenzo a El Escorial, Susanna e i vecchioni prestata dal Museo del Prado, la Resurrezione di Tabita dalle Gallerie degli Uffizi- Palazzo Pitti e Il Ritorno del figliol prodigo dei Musei Reali.
Un dipinto quest’ultimo che non compare nell’inventario di Alessandro Ludovisi del 1623, ma che nel 1631 è già descritto nelle collezioni sabaude: forse un dono mirato al duca Carlo Emanuele I da parte del Ludovisi, nominato nel 1616 nunzio apostolico presso la corte di Torino per dirimere le controversie tra la casata dei Savoia e la Spagna.
Il ciclo di tele Ludovisi segna una svolta: con la salita al soglio pontificio di Gregorio XV, Guercino si trasferirà per alcuni anni a Roma, ricevendo nella capitale pontificia importantissimi incarichi.
A mostrare la varietà delle committenze che sugellano la fama di un artista, troviamo altri dipinti significativi, sia frutto di incarichi locali che di richieste dalle più prestigiose corti. Tra questi: la splendida tela con Venere, Marte e Amore (1633) delle Gallerie Estensi, acquistata per Francesco I d’Este e inclusa nelle decorazioni della «Camera dei Sogni» nel Palazzo Ducale di Sassuolo; Apollo scortica Marsia (1618) di Palazzo Pitti, opera intensa che il Malvasia ricorda eseguita per il granduca di Toscana; e ancora l’Assunta (1620), un tempo nella chiesa del Rosario a Cento, alla quale il pittore era particolarmente legato.
La bottega diretta da Guercino, frutto del connubio tra i Barbieri e i Gennari – prima a Cento e dal 1642 a Bologna – era organizzatissima, con ruoli e metodi esemplari del sistema del tempo. Il fratello di Guercino , Paolo Antonio Barbieri, ad esempio era specializzato nei dipinti con soggetti “di ferma”, come evidenziano la Natura morta con bottiglia, frutta e ortaggi di collezione privata e la Natura morta con paramenti vescovili e argenti dalla Pinacoteca di Cento; così all’interno di un’opera gli elementi naturali erano spesso già predisposti e Guercino interveniva aggiungendo all’ultimo le figure, come nell’affascinante Ortolana, che Giovanni Francesco termina nel 1655, sei anni dopo la morte del fratello, autore dei bellissimi cesti di frutta e ortaggi.
A rendere evidente, invece, la prassi della riproposizione dei modelli e il ricorso a un repertorio di invenzioni, la mostra offre alcuni accostamenti di grande efficacia: dalle due versioni di Dio Padre della Galleria Sabauda e della Pinacoteca Nazionale di Bologna (entrambe del 1646) poste accanto all’Immacolata Concezione dalla Pinacoteca Civica di Ancona (1656) – con in cielo un’analoga figura dell’Eterno – al suggestivo confronto tra il San Matteo e l’angelo, capolavoro dei Musei Capitolini (1622), e il coevo San Pietro liberato da un angelo, uno dei prestigiosi prestiti del Museo del Prado.
Un’infilata di preziosi disegni del centese racconta dell’iter creativo e del momento fondamentale dell’invenzione tramite l’opera grafica: emblematico il “caso” della Vestizione di San Guglielmo ricordato grazie a tre degli oltre venti disegni preparatori originali.
Le logiche del mercato non erano estranee a Guercino e alla sua impresa e il “listino prezzi” variava in base alla tipologia delle figure, alle dimensioni della tela e all’uso dei preziosi pigmenti. Principale concorrente di Guercino sul mercato bolognese era Guido Reni, di cui viene esposto il San Giovanni Battista della Galleria Sabauda, mentre a testimoniare il costo elevato delle opere realizzate da Giovanni Francesco Barbieri con il prezioso lapislazzuli e il maggior prezzo dei dipinti con figure intere o a più figure vi sono il San Francesco riceve le stimmate (1633) concesso dalla diocesi di Novara, o alcune delle importanti opere presenti nelle collezioni sabaude come le Sante Gertrude e Lucrezia (1645) e la Madonna benedicente (1651).
Le ultime tre sezioni della mostra sono dedicate ad alcuni dei temi e dei soggetti più aderenti alla realtà del tempo o di particolare successo e dunque maggiormente indagati dal pittore e dalla bottega. E’ il caso delle novità scientifiche legate al rivoluzionario pensiero galileiano, che accendono l’interesse di committenti, intellettuali e artisti compreso Guercino, il quale su richiesta dei Medici dipinge il famoso Atlante che regge il globo (Museo Bardini di Firenze) e con sguardo disincantato disegna invece il Mago Brumio, testimonianza delle credenze popolari ancora diffuse.
Quindi, il “gran teatro della pittura barocca” con altri capolavori, tra cui Il ritorno del figliol prodigo (1627-28) della Galleria Borghese proveniente dalla collezione romana dei Lancellotti, o Amnon e Tamar dalla Galleria Estense di Modena.
Il Seicento porta all’estremo il gusto per la rappresentazione degli affetti, la gestualità accesa, la visione ravvicinata e coinvolgente degli eventi e Guercino è un vero maestro in questo, sia nella resa delle figure che nel dipingere l’apparato scenico ricco di particolari.
La resa teatrale delle tensioni e delle psicologie, dei drammi e delle passioni si coglie anche in uno dei soggetti più amati e di successo dell’arte del tempo e della produzione guerciniana.
Una carrellata sorprendente di grandi eroine del mito e della storia – “femmes fortes” che trasmettono coraggio, dignità, intelligenza – chiude la mostra con grande impatto emotivo.
Sono personaggi che Guercino ha contribuito ad eternare nell’iconografia e nell’immaginario: le Sibille – con un confronto suggestivo tra quattro differenti raffigurazioni – Diana, Lucrezia e Cleopatra, quest’ultima protagonista di un’opera dei Musei di Strada Nuova a Genova, imponente per dimensioni, e di coinvolgente sensualità e modernità.
“Guercino – scrivono le curatrici – mette magistralmente in scena l’ultimo atto della tragedia, rendendo partecipe lo spettatore e trasportandolo nella sublime emozione dello spettacolo barocco”.
Sezione tematiche
“Fu di statura competentemente alta, gracile, carne bianca e rossa, con subdominio di bile, temperamento buono, tirante al sanguigno. Natura piacevole, allegra, e di conversazione gustosissima, d’applicazione indefessa, sincerissimo, inimico della bugia, cortesissimo, umile, compassionevole, religioso, casto”.
Sezione I – Come si forma un pittore: il confronto con i maestri. Nella formazione di un pittore conta molto non solo l’apprendistato nella bottega di un maestro più anziano, ma anche lo studio della produzione artistica del contesto in cui vive. Cento dipendeva politicamente da Ferrara, ma apparteneva alla diocesi di Bologna: tra questi due centri gravita, nei suoi anni di formazione, il giovane Guercino. Come ricordava Malvasia, il pittore si reca “spesso a Bologna a veder le cose de’ Carracci e ad osservarle e a farne memoria”, ma l’attenzione al dato di natura, fatta propria dai maestri bolognesi nella loro Accademia, si offre già allo sguardo del Guercino nella sua stessa città, dove nel 1591 era arrivata la Sacra famiglia con san Francesco e due donatori di Ludovico, ora alla Pinacoteca Civica di Cento. Alla cultura di avvio del giovane artista va aggiunto il versante ferrarese, con il grande modello cinquecentesco di Dosso Dossi, le opere di Scarsellino e soprattutto di Carlo Bononi, e si completa con il viaggio a Venezia nel 1618 dove Guercino può confrontarsi direttamente con le opere di grandi artisti della stagione del Cinquecento come Tiziano, Tintoretto e Veronese.
Sezione II – Rappresentare la realtà: il paesaggio
Oltre al confronto con le opere di altri artisti, in bottega o nel contesto di formazione, poteva essere il rapporto diretto con la realtà a ricoprire un ruolo chiave nella crescita di un pittore. Guercino è un osservatore straordinariamente attento, dotato di una spiccata vocazione nell’interpretare la natura e le scene della quotidianità. Alla sua primissima produzione appartengono gli affreschi centesi di Casa Pannini raffiguranti episodi di vita locale realizzati con deciso brio pittorico e cromatico. Egli si cimentò in questo campo con grande passione, seguendo l’attività pionieristica di Annibale e Agostino Carracci, anche se la produzione di paesaggi sembra concentrarsi soprattutto nel periodo della sua attività giovanile. Il Libro dei conti, compilato dal 1629 fino alla morte del Guercino, non registra infatti più quadri di paesaggi: secondo le leggi del mercato, l’incessante richiesta di pale d’altare e di dipinti di storia portano al progressivo esaurimento della produzione di opere di piccolo formato. Per contro, lo straordinario numero di disegni di vedute dei dintorni della città, attesta che la produzione grafica paesaggistica dovette accompagnare l’intero arco della vita di Guercino, dando credito a quello che racconta il suo biografo Cesare Malvasia secondo il quale il pittore disegnava in ogni momento della giornata, anche la sera dopo la cena, quando s’intratteneva con i familiari.
Sezione III – Da allievo a maestro: l’Accademia del nudo
Nella formazione degli artisti un passaggio importante era la pratica del disegno e dello studio dal vero del corpo umano, all’interno di accademie private tenute da pittori più maturi. Anche il giovane Guercino si forma, affinando le sue abilità, attraverso il disegno su modelli dal vivo. Nel 1616, a qualche anno dall’avvio della sua attività di pittore e ormai già affermato in patria, Guercino istituisce a Cento, in due stanze messe a disposizione dall’amico Bartolomeo Fabbri, un’Accademia del nudo, modellandola sull’esempio di quella bolognese dei Carracci o del loro allievo Pietro Faccini. Il successo della scuola è immediato ed è testimoniato dal numero dei “molti giovani” che, secondo il racconto del Malvasia, giungono “da Bologna, da Ferrara, da Modena, da Rimini, da Reggio e sin dalla Francia”. Una risposta positiva che spinge Guercino, su suggerimento di padre Mirandola, presidente del convento di Santo Spirito e tra i primi e più convinti sostenitori del pittore, a tradurre a stampa i suoi disegni in un manuale antologico destinato ai giovani artisti, I principi del disegno, illustrato dalle incisioni del piacentino Oliviero Gatti ed edito nel 1619 con dedica al duca di Mantova Ferdinando Gonzaga.
Sezione IV – L’affermazione del pittore: viaggi, relazioni e committenze. La rete degli estimatori, dei protettori e dei committenti è fondamentale per un pittore. Cento, a dispetto delle sue dimensioni, è un centro economicamente e culturalmente vivace e Guercino mantiene un rapporto saldo e costante con i personaggi più abbienti del luogo: cruciale è l’arrivo nel 1612 di padre Antonio Mirandola, che ne diviene promotore e di fatto agente. Grazie alla sua mediazione il pittore entra in contatto con i Ludovisi: tra il 1617 e il 1618 Guercino realizza per Alessandro Ludovisi, arcivescovo di Bologna, e il nipote Ludovico, quattro grandi tele. L’incarico apre a Guercino la strada verso Roma, dove è invitato dal potentissimo arcivescovo bolognese, divenuto nel 1621 papa Gregorio XV. Il breve soggiorno romano, tra il 1621 e il 1623, getta le basi per una carriera in continua ascesa. Dal 1629 Il Libro dei conti del Guercino ci fornisce i nomi dei destinatari di gran parte della sua produzione, tra i quali figurano esponenti della curia, della piccola nobiltà locale, ma anche un’ampia rappresentanza della borghesia centese, a cui si aggiungeranno committenti forestieri e altolocati, prova del prestigio raggiunto dal pittore, apprezzato ormai in ambito internazionale: la regina di Francia Maria de’ Medici, Carlo I d’Inghilterra, Francesco I d’Este duca di Modena, i Gonzaga, i Savoia, i Medici e molti altri signori europei richiedono le sue opere.
Sezione V – Nella bottega dell’artista: natura e oggetti in posa. La produzione di una bottega, per rispondere alle molteplici richieste del mercato, copriva generi differenti che richiedevano una sempre più marcata specializzazione e una differenziazione dei compiti all’interno dell’impresa.
Notevole impulso nell’atelier di Guercino venne dato alla produzione di dipinti con soggetti “di ferma”, ovvero di natura morta. Dal Libro dei conti apprendiamo che il fratello Paolo Antonio si specializzò in questo genere molto promettente dal punto di vista economico. I ruoli all’interno della bottega erano ben definiti: Guercino è pittore “di figura”, mentre Paolo Antonio si occupa in modo continuativo di soggetti “di ferma”, intervenendo per questo specifico aspetto anche nei dipinti di Giovanni Francesco.
Sezione VI – Il processo creativo: l’invenzione, la riproposizione di modelli, l’organizzazione della bottega.
Il disegno all’interno della bottega non è solo esercizio di studio, ma costituisce una fase importante per l’invenzione, la progettazione e la messa a punto dell’opera attraverso varie fasi, consentendone tra l’altro la trasmissione della memoria e il riuso da parte degli allievi. L’Inventario dei beni di casa Gennari, redatto nel 1715 a seguito della morte di Benedetto, il nipote prediletto del pittore, figlio della sorella Lucia, elenca quasi 5340 fogli, di cui più della metà dello stesso capobottega. Nell’elaborazione di un dipinto, Guercino era solito produrre una grande quantità di prove grafiche: esemplare è il caso della pala con la Vestizione di san Guglielmo eseguita nel 1620, ora presso la Pinacoteca Nazionale di Bologna, per la quale realizza ben 23 disegni. Guercino per altro attinge spesso al repertorio di sue invenzioni replicandole con l’aggiunta di varianti o adattandole a soggetti differenti; così come importante nelle strategie economiche è la produzione di copie, gestita dal Maestro con attenzione a non far circolare repliche prima dell’uscita dell’originale. L’organizzazione della bottega, diretta da Guercino con il fratello e condivisa con i Gennari, arriva a maturazione con il trasferimento a Bologna nel 1642, quando la guerra di Castro minaccia Cento e la scomparsa improvvisa di Guido Reni dà modo a Guercino di assumere un ruolo predominante sul mercato.
Sezione VII – Il mercato e il prezzo delle opere.
Per l’analisi del mercato e del valore economico delle opere uno strumento di notevole importanza è costituito dai registri dei conti tenuti presso le botteghe degli artisti.
Il Libro dei conti del Guercino, ora custodito a Bologna presso la Biblioteca Comunale dell’Archiginnasio, a partire dall’anno 1629 registra con grande scrupolo il titolo onorifico e il nome dei committenti, la provenienza, i soggetti dei dipinti e la spesa totale convertita da ducatoni in scudi. Alla morte di Paolo Antonio, nel 1649, il libro è continuato da Guercino stesso e da altri collaboratori della bottega fino alla scomparsa del maestro, avvenuta nel 1666. Dal Libro emerge l’ampiezza e l’importanza della produzione dell’atelier e il suo rigido sistema per definire il prezzo delle opere: un costo prestabilito per ogni figura intera, per una mezza figura o per una testa; un prezzario da adattare poi a seconda dei committenti e intermediari. Incideva sul prezzo anche la scelta dei colori, alcuni dei quali particolarmente costosi e prestigiosi come le lacche e il lapislazzuli, di cui è annotato il costo aggiuntivo.
Sezione VIII – Il mondo intorno al pittore: scienza vs magia. Nel primo Seicento l’importanza della rivoluzione del pensiero galileiano coinvolge committenti e artisti e trova riflesso nella produzione figurativa.
Su questo tema si sofferma anche Guercino in opere realizzate su commissione dei Medici e che hanno come protagonisti Endimione e Atlante. In antitesi alla scienza moderna di Galileo, si pone la magia, la stregoneria, tema che sembra altrettanto attirare l’interesse del pittore come documentano alcuni suoi disegni. Con un misto di ironia e scetticismo il Maestro centese raffigura streghe, maghi, diavolerie e sortilegi. Fa da sfondo il dissenso protestante diffuso anche nella piccola e cattolicissima Cento, dove si svolgevano processi inquisitori per sospette simpatie luterane, possesso di libri di negromantica o incantesimi.
Sezione IX – Il gran teatro della pittura
Il Barocco è per antonomasia l’epoca teatrale in cui la rappresentazione degli affetti diventa un tema centrale della pratica e della teoria artistica. La teatralizzazione della pittura si ottiene scegliendo un taglio compositivo che offra una visione ravvicinata degli eventi e favorisca il coinvolgimento dello spettatore, con l’accentuazione dei gesti e delle espressioni. I personaggi agiscono come su un proscenio, con prospettive e apparato scenico.
La pittura teatrale è nelle corde di Guercino, sia che metta in scena una singola figura sia che rappresenti un episodio corale: le composizioni appaiono influenzate dal moderno melodramma e la scelta degli abiti e degli oggetti di scena, descritti in modo naturalistico, conferisce alle rappresentazioni un senso di tangibile realtà.
Sezione X – Un tema di successo: Sibille e “Femmes fortes”. La richiesta del pubblico decreta il successo di un tema e la sua insistente riproduzione in diverse varianti. Nei primi decenni del Seicento si deve ad alcuni artisti bolognesi, come Guido Reni, Domenichino, Guercino, Elisabetta Sirani, la riforma e la vasta fortuna del tema iconografico delle Sibille che coniuga l’enigma profetico alla bellezza giovanile, il tema arcaico a quello esotico.
I personaggi di grandi eroine diventano tra i temi più fortunati e Guercino torna a più riprese con nuove composizioni e formule inventive su tali soggetti che gli permettono di esprimere contestualmente pudore e sensualità, chiarezza e mistero.
Carlo Franza