Arriva l’estate e riapre OCA Oasy Contemporary Art and Architecture, lo splendido luogo dedicato all’arte e all’architettura, che si svela al pubblico a 900 metri di altezza, sull’Appennino Pistoiese, all’interno dell’Oasi Dynamo. Sotto la direzione artistica di Emanuele Montibeller, come recita il nome stesso del luogo, ad OCA l’arte e l’architettura si integrano con la natura dell’oasi, ed attendono il visitatore dopo una lunga camminata nel bosco (ad OCA si arriva solo a piedi) per accoglierlo con una mostra, all’interno di uno spettacolare spazio espositivo ricavato da un ex stalla, e, presto, con un percorso all’aperto, con installazioni ambientali di artisti ed architetti. Il 30 giugno, OCA inaugura la sua stagione con Love Letter, una grande mostra dell’artista camerunense Pascale Marthine Tayou, la cui ricerca è incentrata da sempre sull’ambiente, organizzata in collaborazione con Galleria Continua e curata da Marco Bazzini e Emanuele Montibeller. Nel frattempo, sotto la direzione dell’architetto Roberto Castellani dello studio ss67architetti, nel parco i lavori fervono per arricchire il percorso con le installazioni di Alejandro Aravena, Stefano Boeri, Michele De Lucchi con Mariangela Gualtieri, fuse*, Kengo Kuma, Davide Quayola, Diana Scherer, Matteo Thun, Edoardo Tresoldi.

OCA Oasy Contemporary Art and Architecture non è uno spazio espositivo come gli altri. L’arte contemporanea e l’architettura sono qui ospitati all’interno di un’oasi naturalistica, con la convinzione che proteggere la natura non significhi cessarne la fruizione, ma piuttosto viverla facendo propria la cultura del rispetto e della conoscenza. Col suo percorso in quota, OCA propone al visitatore un mondo nuovo, da scoprire e vivere insieme, in cui l’uomo e ciò che crea – sia esso prodotto artistico o architettonico – convivono con l’ambiente ed anzi vi interagiscono costantemente. Il luogo si raggiunge solo a piedi, con una passeggiata nel bosco di circa 30 minuti, che fa iniziare l’esperienza del visitatore nel momento in cui lascia la macchina in località Croce di Piteglio, non quando arriva a destinazione. L’immersione nella natura sarà totale e le installazioni artistiche parteciperanno con il pubblico a questa immersione.

OCA, inaugurato lo scorso anno, è accolto all’interno dell’Oasi Dynamo, una riserva naturale affiliata al WWF, che si estende per circa mille ettari, arrivando sino a 1100 metri di altitudine. Questo immenso terreno era un tempo la riserva di caccia della famiglia Orlando, che sulla montagna pistoiese, agli inizi del Novecento, aveva fondato lo stabilimento della SMI, la Società Metallurgica Italiana. Recuperata nel 2006, la riserva è oggi un territorio prevalentemente boschivo, dove vivono una grande varietà di animali selvatici e tante specie di piante rare. In parte dedicata alle tradizionali attività dell’allevamento e dell’agricoltura, l’oasi si è aperta negli anni anche all’ospitalità, all’eco turismo, alla divulgazione di una cultura sostenibile dell’ambiente. E con OCA Oasy Contemporary Art and Architecture, dalla scorsa estate, sono arrivate in alta quota anche l’arte e l’architettura, sempre nel rispetto più totale del luogo.

Pascale Marthine Tayou in Love Letter

Percorso il sentiero nel bosco, dopo aver camminato all’ombra dei castagni, OCA ti accoglie su un pianoro soleggiato, da cui si gode una vista splendida sulle montagne tutt’intorno. Qua, in quella che sino allo scorso anno era una grandissima stalla per le mucche, è nato lo spazio-museo che per questa stagione, dal 30 giugno al 3 novembre 2024, ospita la mostra Love Letter di Pascale Marthine Tayou, organizzata in collaborazione con Galleria Continua, per la cura di Marco Bazzini e Emanuele Montibeller.

Pascale Marthine Tayou descrive sé stesso con un “produttore”, non un artista. Concepisce un’arte senza confini e norme, così come intende il mondo. Nato nel 1966 in Cameroun, Tayou ha sviluppato un linguaggio artistico che si nutre delle proprie radici culturali, ma anche dei tanti viaggi fatti. In uno scambio continuo tra arte e vita, che è il fondamento della sua azione artistica, ha deciso nei primi anni Novanta di cambiare il proprio nome in Pascale Marthine, entrambi tipicamente femminili, cosciente della mutevolezza e non staticità dell’identità personale.

Da sempre interessato alle problematiche ambientali, come l’inquinamento del pianeta e il conseguente esaurimento delle risorse, Tayou utilizza materiali comuni, per lo più di riciclo, e dà vita ad opere che vogliono far riflettere sulla convivenza tra l’uomo e la natura.

Nella grande sala espositiva di OCA il visitatore si trova davanti a un’eterogenea e diversificata presenza di forme scultoree, manufatti, oggetti ed energie di vario tipo che ancora una volta offrono la multiformità del linguaggio visivo di Tayou; un linguaggio basato su archetipi, oggetti realizzati o trovati, che fanno riferimento sia alla maestria dell’artigianato sia ai resti di una società dei consumi. Esempi in mostra di questo linguaggio sono i Poupée Pascale o i Bantu Towels, due iconici corpi di opere che richiamano l’attenzione su un processo basato sull’arricchimento culturale e l’ibridazione. Alle pareti, i grandi affreschi colorati e le Colorful Stones, 2019, raccontano di viaggi e degli effetti della globalizzazione da cui nessuno può considerarsi al sicuro. Tra le altre opere presenti, anche uno dei suoi lavori più rappresentativi, Plastic Bags, 2001-24, una scultura monumentale realizzata con sacchetti di plastica, simbolo del consumismo e dell’inquinamento prodotto dalle nostre società.

Per la mostra, Tayou ha realizzato due grandi opere al neon, tra cui Love from Dynamo, 2024, un vero e proprio atto d’amore verso chi, nella vita quotidiana, “serve i valori umani”, secondo le parole dell’artista, a partire dal vicino Dynamo Camp con cui l’OCA condivide il confine. Ma è anche un messaggio di generosità reciproca per il paesaggio che accoglie armoniosamente la sua mostra. La mostra avrà un catalogo con testi di Marco Bazzini ed Emanuele Montibeller, Metilene edizioni.

Nato a Nkongsamba, Cameroun, nel 1966. Tayou vive e lavora a Gand, in Belgio, e a Yaoundé, in Cameroun. Sin dall’inizio degli anni Novanta e poi dalla sua partecipazione a Documenta 11, a Kassel (2002), e alla Biennale di Venezia (2005 e 2009), Pascale Marthine Tayou è conosciuto da un vasto pubblico internazionale. Il suo lavoro si caratterizza per la sua variabilità, dal momento che non si limita a un solo medium né a una particolare serie di temi. Sebbene i suoi temi possano essere diversi, tutti utilizzano come punto di partenza l’artista stesso come persona. Le sue opere non solo mediano tra le culture, o pongono l’uomo e la natura in relazione ambivalente tra loro, ma sono prodotte con la consapevolezza di essere costruzioni sociali, culturali o politiche. Il suo lavoro è volutamente mobile, sfuggente a schemi precostituiti, eterogeneo. È sempre strettamente legato all’idea del viaggio e del contatto con ciò che è altro da sé, ed è così spontaneo da sembrare quasi casuale. Gli oggetti, le sculture, le installazioni, i disegni e i video prodotti da Tayou hanno una caratteristica ricorrente: si soffermano su un individuo che si muove nel mondo ed esplora la questione del villaggio globale. È in questo contesto che Tayou negozia le sue origini africane e le relative aspettative.

Il percorso di OCA prosegue l’anno venturo

Nel frattempo, sotto la direzione artistica di Emanuele Montibeller, architetti ed artisti stanno lavorando alle loro opere che, dal prossimo anno, andranno ad ampliare il percorso nel parco. In armonia con il territorio della riserva, il curatore proporrà un cammino esperienziale nella natura, tutto dedicato al tema della convivenza tra l’uomo e l’ambiente. Il percorso, ad anello, partirà dallo spazio espositivo e durerà circa due ore. Le prime installazioni ad inaugurare, l’estate prossima, saranno il Dynamo Pavillion dell’architetto giapponese Kengo Kuma; Il cerchio della partenza e dell’arrivo, una grande opera firmata a quattro mani dall’architetto Michele De Lucchi e dalla poetessa Mariangela Gualtieri; l’installazione dell’architetto cileno Alejandro Aravena; l’Omaggio a Jeorge Bergoglio di Matteo Thun e Oberton di Stefano Boeri. Nei mesi successivi arriveranno poi le installazioni degli artisti Diana Scherer, Edoardo Tresoldi, Davide Quayola e fuse*. Le opere, molto diverse fra loro per stile, dimensione e materiali utilizzati, seguono però tutte il fil rouge di indagare il rapporto tra l’uomo e la natura, partendo dalle sue criticità e cercando soluzioni ed idee per renderlo sempre più armonioso.

Carlo Franza

 

 

 

 

 

 

 

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