Come una tradizione nella tradizione, da anni in prossimità del Natale i Musei Civici d’Arte Antica del Settore Musei Civici Bologna in collaborazione con il Centro Studi per la Cultura Popolare, organizzano presso il Museo Civico d’Arte Industriale e Galleria Davia Bargellini una mostra dedicata al presepe.

Grazie al prestito di una straordinaria “scarabattola” proveniente dal Museo Giannettino Luxoro di Genova, quest’anno l’esposizione – curata da Adele Tomarchio e visitabile dal 7 dicembre 2024 al 19 gennaio 2025 con ingresso gratuito – presenta al pubblico un presepe siciliano, con lo scopo di documentare la fortuna di questo specifico tipo di produzione artistica e il suo declinarsi in maniera diversa di regione in regione.

Fulcro della scena del gruppo presepiale è l’Adorazione dei Magi di Giovanni Antonio Matera (Trapani, 1653 – Palermo, 1718), al cui nome si lega la fortuna della scultura presepiale modellata secondo la tecnica della “tela e colla”, di cui fu insuperato caposcuola.

L’identità artistica di Matera fu così descritta da Giuseppe Maria Fogalli barone d’Imbrici, vissuto a Trapani tra il 1770 e il 1840, autore di Memorie biografiche di trapanesi illustri: fu inimitabile nello scolpire le piccole figure di legno, nelle quali seppe riunire tutti i caratteri del bello, che possono nelle grandi figure concorrere e risplendere (…) I pastori fatti da lui in tela e colla, o in legno, per uso di presepe ed altro gli accrebbero tale onore che nessuno in Palermo volle comprare tale sorta di pastori se non costasse a loro di essere sortiti dalla mano del Matera. Tanto fu il merito di questo trapanese, scultore in piccolo“.

Elogiato per la «insuperabile semplicità, verità ed espressioni ne’ pastori», Giovanni Antonio Matera si distingue dall’infinita schiera dei “pasturari” del tempo, per porsi come originale creatore di una tipologia iconografica che avrà numerosissimi imitatori. Per modellare i suoi pastori, si avvaleva di materiali poveri, come il legno, la tela e la colla. Intagliava solo viso braccia e gambe, sbozzando appena il corpo, fatto di legno di tiglio o cipresso, quindi immergeva piccole strisce di telo di lino in una mistura di colla e gesso, variamente colorata e le applicava ancora bagnate, organicamente sovrapposte, sul corpo delle statuine. La colla, indurendosi, conferiva alle vesti morbidamente drappeggiate un aspetto plastico e armonioso. Per infondere infine effetti mimetici e naturali, interveniva rifinendo a pittura le parti in legno, rivelando notevoli doti non solo nell’arte plastica, ma anche nella resa di sensibili sottigliezze cromatiche. Le tecniche e lo stile adoperati dal Matera furono a lungo modelli di riferimento per i costruttori di pastori da presepe siciliani, grazie anche all’economicità dei materiali usati che favorì una larga diffusione popolare di questa tradizione artigianale.

Posto a confronto con la consistente e coeva collezione permanente del presepe felsineo che, come è noto, era modellato interamente in terracotta, il presepe di Matera esprime un realismo narrativo dalla forte carica gestuale, in cui si possono cogliere echi del naturalismo pittorico seicentesco e della scultura di Bernini, per corrispondere meglio alle esigenze di fede che la cultura artistica dell’Isola, sotto al dominio spagnolo, aveva necessità di trasmettere in termini di coinvolgente e spettacolare retorica. Strumenti di catechesi e di devozione popolare, i gruppi presepiali si prestavano ad attivare l’empatia e la partecipazione dei fedeli, per promuovere un ritorno a valori religiosi profondamente sentiti.

La grande scena dell’Adorazione dei Magi riferito alle Collezioni Civiche genovesi, sottoposto a intervento di pulitura e consolidamento in occasione dell’esposizione a Bologna, rivela l’arte squisita e pregevole del Matera nella raffinata resa dei dettagli. Su una base sagomata in legno dorato, poggiante su piedini a zampa di leone, si erge una scenografia architettonica, che associa una costruzione in rovina con un’ambientazione rurale, precipua del presepe. Al centro della composizione vi è il gruppo della Natività, verso cui convergono umili pastori e magnificenti Re Magi, avvolti in mantelli scenograficamente sostenuti dai caudatari.

Se l’architettura aderisce al gusto del ‘rovinismo’, da intendersi sia come richiamo al mondo classico, sia come allegoria cristiana della distruzione del paganesimo, l’ambientazione si completa nelle ‘meraviglie’ della natura – conchiglie, madrepore, concrezioni calcaree, rametti di corallo – che giungono dal mare e connotano in modo unico la produzione presepiale siciliana, capace di unire materiali ‘ricchi’ del mondo dell’oreficeria con quelli ‘poveri’, quali la cartapesta e il sughero, utilizzati dall’autore per realizzare le rocce.

Carlo Franza

 

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