La Fondazione Merz riprogramma le attività dopo il lockdown e presenta, da lunedì 7 settembre a domenica 31 gennaio 2021, il nuovo progetto espositivo e culturale: PUSH THE LIMITSa cura di Claudia Gioia e Beatrice Merz. La mostra raccoglie le voci di 17 artiste donne: una polifonia di segni ed esperienze la cui immaginazione ci parla della capacità di far transitare sulle soglie del pensiero tutte quelle realtà che sono ‘oltre’.

Principio costitutivo dell’arte è PUSH THE LIMITS e questo è anche il miglior augurio che la Fondazione Merz può farsi per celebrare i primi 15 anni di attività e per iniziare con quelli che ancora verranno. Il titolo PUSH THE LIMITS, che vuol dire “spingersi oltre i limiti”, dichiara sin da subito la volontà di indagare la capacità dell’arte di porsi costantemente al limite per spostare l’asse del pensiero, della percezione e del discorso, immettendo nuovi elementi nel sistema. PUSH THE LIMITS racconta senza sforzo, finalismi e sovrastrutture che non siano quelli del pensiero e della creatività dell’arte contemporanea, un percorso di ricerca per trovare un linguaggio consapevole e capace di raccontare il presente. “PUSH THE LIMITS, perché un limite può nascere in qualsiasi momento e in un luogo dove prima non c’era, può manifestarsi come una malattia dove prima c’era solo la quotidianità, può essere inventato e modellato su un avversario da esso stesso creato. Ma un limite è anche fatto per essere oltrepassato, rinominato, dilatato, ridisegnato e per consentire il passaggio. PUSH THE LIMITS: perché l’arte è ‘spingere oltre i limiti’ continuando a offrire, attraverso il tempo, uno spazio dove i codici correnti di comportamento sono sospesi e la trasformazione diviene possibile; dove il ‘come se’ consente un flusso di più visioni e linguaggi nella ricerca di nuovo senso. Generazioni, storie, sguardi, immagini e logos per dire che quella che chiamiamo realtà altro non è che una crosta sull’infinità dei possibili e che se proviamo a spingere la crosta, questa si rompe facendo emergere tutti quei possibili che ancora non conosciamo” spiegano le curatrici della mostra, Claudia Gioia e Beatrice Merz. Le artiste in mostra sono: Rosa Barba (1972, Agrigento, Italia), Sophie Calle (1953, Parigi, Francia), Katharina Grosse (1961, Friburgo, Germania), Shilpa Gupta (1976, Mumbai, India), Mona Hatoum (1952, Beirut, Libano), Jenny Holzer (1950, Gallipolis, Ohio, USA) Emily Jacir (1972, Betlemme, Palestina), Bouchra Khalili (1975, Casablanca, Marocco), Barbara Kruger (1945, Newark, New Jersay, USA), Cinthia Marcelle (1974, Belo Horizonte, Brasile), Shirin Neshat (1957, Qazvin, Iran), Maria Papadimitriou (1957, Atene, Grecia), Pamela Rosenkranz (1979, Uri, Svizzera), Chiharu Shiota (1972, Osaka, Giappone), Fiona Tan (1966, Pekanbaru, Indonesia), Carrie Mae Weems (1953, Portland, Oregon, USA), Sue Williamson (1941, Lichfield, Regno Unito).
Seguirà il progetto la pubblicazione di un volume dedicato che raccoglie, oltre alla documentazione iconografica del progetto, contributi critici delle artiste coinvolte e di filosofi, storici, critici e scrittori: un happening editoriale di cultura e vita.

 Carlo Franza

 

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