Michele Sapone. Il sarto di Picasso
Di sarti importanti nella mia vita ne ho conosciuti tanti, sia di bravi e di eccellenti nel campo della moda, che di creativi e col senso dell’affare a tal punto da diventare veri e propri galleristi d’arte.Tra questi ultimi il caso più eclatante è quello di Michele Sapone,il sarto di Picasso,nato in un piccolo paese del casertano nel 1912 e vissuto tra Torino, Spalato, Ginevra, Parigi e Nizza dove si stabilirà nel secondo dopoguerra. “Tu lavorerai per me e io lavorerò per te”: furono queste le parole che Picasso pronunciò,dopo aver notato l’abito indossato da un amico, verso il sarto italiano al primo incontro che ebbe con lui. Un personaggio che con centimetro, forbici, ago e filo, e soprattutto finezza nello scegliere la stoffa prima del taglio,ha saputo coniugare estetismo e bellezza, arte e passionalità, economia e valore. Un libro scritto da Luca Masia dal titolo “Il sarto di Picasso”, uscito per i tipi di Silvana editoriale in Italia e in Francia (332 pagine formato pocket 15×21,con foto bianco nero e colori e al costo di 18 euro) racconta con la formula del “memoire” un capitolo da aggiungere a chi Storico dell’Arte, descrivendo opera e poetica dell’autore/artista deve anche tener conto di mille fattori tra economia e sociologia.
Come Sapone sia arrivato a Picasso è presto detto. Nel dopoguerra era emigrato dall’Italia a Nizza con una giovane moglie di Spalato. Inizia a lavorare in un laboratorio sulla Promenade des Anglais che si affacciava sui giardini pubblici dove giocava la figlia Aika dopo essere uscita da scuola. La svolta l’abbiamo nel 1950, quando conosce il ceramista Manfredo Borsi a Saint-Paul de Vence, luogo di raduno di artisti e bel mondo bohemienne che lo colpirà subito portandolo a fare scelte precise. Borsi è il primo ad avere avuto un abito confezionato dalle sue mani e pagato poi con un’opera d’arte. Da qui è tutto un susseguirsi di ordinazioni,ovvero casacche di tweed senza colletto per il tedesco Hans Hartung,abiti in velluto per l’astrattista Alberto Magnelli, pantaloni e camicie e bluse da lavoro per Gino Severini, mantelline di feltro per l’artista informale Alfred Manessier, e ancora vestiti in pelle scura per Massimo Campigli. Per Picasso,divenuto subito amico, Sapone confeziona più di duecento pantaloni, un centinaio di giacche e altrettanti cappotti. Sapone barattava abiti con dipinti,con opere che hanno fatto grande non solo il suo atelier ma arricchito inesorabilmente la sua collezione, una delle poche al mondo così varia e così raffinata. Il libro con una grazia infinita e uno stile di ineccepibile spessore rimanda ad una storia di grande magia,riportando inoltre aneddoti di vita artistica e l’intero costume della Costa Azzurra in quegli anni, marcando nomi come Giacometti,Arp, Mirò, Sonia Delaunay e Alberto Burri, fino a quando la figlia del sarto, Aika Sapone e suo marito Antonio non hanno aperto una galleria d’arte a Nizza. Ma questa è storia recente,e il miracolo era già compiuto.
(la foto è di ” Photo Edward Quinn”)
Carlo Franza