Il Seicento lombardo fra realismo, gloria, passione e dramma. Una mostra di capolavori alla Pinacoteca di Brera racconta uno dei periodi più intensi, teatrali ed espressivi della nostra storia dell’arte.
Risale al 1973 l’ultima mostra sui dipinti del Seicento lombardo a Palazzo Reale, curata da Mina Gregori, Marco Rosci, Giovanni Testori e Filippo Maria Ferro. Oggi la Pinacoteca milanese ospita una nuova mostra temporanea dedicata a questo periodo artistico. “Faceva male tenerle nei depositi queste opere“, ha detto all’apertura dell’esposizione Sandrina Bandera,direttrice della Pinacoteca di Brera e Soprintendente per il Patrimonio storico artistico ed etnoantropologico di Milano, ricordando la fatica e l’impegno che gli enti pubblici sono costretti a mettere in campo per fronteggiare gli ingenti tagli ai fondi per la cultura. E’ così che oggi la Pinacoteca ospita la mostra “Seicento lombardo a Brera”, un percorso dedicato all’arte del XVII secolo, con opere finora poco esposte al pubblico. In mostra 46 capolavori, tra cui importanti pale d’altare, come “Noli me tangere” di Fede Galizia, e dipinti di piccolo e medio formato, tra cui “Natività e adorazione dei pastori” di Giuseppe Vermiglio, un chiaro esempio di Realismo lombardo ispirato alla lezione caravaggesca; eppoi disegni, ritratti, dipinti da chiese e quadrerie. E grazie a Skira e due Rotary Club milanesi e l’ingente contributo di un signore americano, vengono messi in campo, uscendo dai depositi, un gruppo di significative opere lombarde del ‘600, in massima parte restaurate negli ultimi decenni con finanziamenti ministeriali e di privati. Il Seicento lombardo vive e privilegia la teatralità, la forma e l’apparenza, il gioco, il grandioso fragore, lo scintillio, l’intensità espressiva e un cromatismo sgorgante, con ritratti in abiti dai tessuti ricchissimi, in contrapposizione al rigorismo di quello emiliano. Il percorso espositivo attraversa la produzione artistica dell’intero secolo, avvalendosi di ventun opere, oggi custodite nei depositi interni ed esterni del museo e destinati ad essere esposti nel futuro progetto museale della “Grande Brera”. Ma sono quarantasei, prevalentemente di grandi dimensioni, i dipinti complessivi oggi in mostra. Siamo nell’età dei Borromeo, dei cardinali cugini Federico e Carlo ; con Carlo Borromeo artefice della Controriforma e con Federico Borromeo, negli anni della fondazione dell’Accademia Ambrosiana, che sono anche gli anni del Barocco e della terribile peste di manzoniana memoria. L’esposizione parte dalla sala XXX, con le opere risalenti al primo decennio del Seicento e, superato il crinale segnato dall’avvento della peste nel 1630, si approda alla stagione barocca e alla successiva corrente classicista che prende le mosse nel 1668 dalla seconda Accademia Ambrosiana. Le opere più significative della mostra sono rappresentate da quattro importanti pale d’altare, tre delle quali firmate e datate: di Fede Galizia il “Noli me tangere” (1616), della maturità di Carlo Francesco Nuvolone è “l’Assunzione della Vergine”(1648), ormai pienamente barocca, e di Giuseppe Nuvolone il “San Francesco in estasi”(1650), in deposito presso la chiesa parrocchiale di Cornate d’Adda; di Giovan Battista Crespi detto il Cerano è invece il “Cristo nel sepolcro, San Carlo e Santi”(1610 circa), fino a qualche mese fa in deposito presso la chiesa milanese di Santo Stefano. Va segnalata l’opera di Cerano, Morazzone e Procaccini, noto come “Quadro delle tre mani“ e il ritratto di “Santa Caterina da Siena”,dipinto da Francesco Cairo, appartenuto appunto alla collezione di Giovanni Testori, critico e storico d’arte, scrittore, poeta, drammaturgo, grande studioso tra l’altro del ‘600 e che nell’aria, passione e dolore e la teatralità di questi dipinti si ritrovava e si ispirava.Testori ha donato a Brera anche il “Portarolo”di Giacomo Ceruti.”Quella bellezza che – diceva Testori – supera se stessa divenendo struggimento.” Rivelazione l’opera dell’unica artista donna, la pittrice milanese Fede Galizia (1578-1630) con la grande pala”Noli me tangere“. Esposte anche altre opere importanti diAgostino Santagostino, Daniele Crespi, Giovanni Stefano Montalto, Morazzone, Giuseppe Vermiglio, Giulio Cesare Procaccini, Luigi Scaramuccia e il raffinato Tanzio da Varallo. Tutte le opere dialogano in armonia con quelle degli altri pittori del ‘600 in mostra permanente.Questa era la cultura e l’arte della Milano dei Borromeo e di cui va ricordata anche la fraterna amicizia tra Anna Borromeo e il Caravaggio e il periodo di una chiesa controriformista che consentì a Federico Borromeo di regalare alla popolazione milanese una copia stampata del Catechismo. Esposizione di ampio respiro con opere, talune, ancor più sconosciute che ci raccontano un secolo di guerre, di epidemie, di lotte religiose, di passioni e drammi, di morte e di penitenza.
Carlo Franza