Di eccezionale valore storico e interesse  non  comune la mostra che si tiene  presso il Museo Nazionale di Palazzo de Nordis a Cividale del Friuli (oggi sito Unesco) fino al 12 ottobre 2014.  L’esposizione nasce da un’indagine scientifica decennale avviata sulla scultura lignea di epoca tardoromanica (secoli XII e XIII) nell’Alto Adriatico e nelle Alpi centro-orientali. Lo studio si è orientato in particolare sulle opere degli antichi domini del Patriarcato di Aquileia, di cui l’imponente Crocifisso del Duomo di Cividale costituisce la testimonianza più illustre, un autentico capolavoro che, già venerato fin dalle origini,  è divenuto  prototipo per altri esemplari dell’area in questione fino a gran parte del Duecento. Si menzionano al riguardo il Crocifisso di Cerknica (Lubiana, Narodna-galerija), quello nella parrocchiale di Portis, nonché le derivazioni dirette dei Dolenti già nel tempietto di Santa Maria in Valle a Cividale (ora in restauro) e dei Crocifissi istriani di Motovun (Montona) e Gracišce (Gallignana). L’intensa suggestione espressiva del caso cividalese incarna sia l’immagine del Christus triumphans che patiens, ponendolo peraltro tra i maggiori esempi di scultura lignea monumentale del Medioevo europeo. Ciò lo si deve anche  grazie al restauro di cui è stato oggetto: un intervento estremamente complesso che, conclusosi nel giugno del 2012 dopo sette anni, è stato finanziato dal Ministero per i Beni e le Attività culturali e curato dalla Soprintendenza per i Beni Storici, Artistici ed Etnoantropologici del Friuli Venezia Giulia presso il proprio Laboratorio di Udine.

Con l’esposizione di trenta opere rarissime provenienti da Friuli Venezia Giulia, Carniola slovena, Istria, Veneto, Alto Adige, Tirolo, Carinzia, Stiria e Baviera, sono state  raggruppate per la prima volta la quasi
totalità delle sculture lignee superstiti del contesto patriarcale e, con esse, alcuni esempi parimenti significativi degli regioni limitrofe. In prevalenza crocifissi, spesso di dimensioni monumentali e di tipologia eterogenea, questi manufatti non solo concorrono a delineare la cultura del Cristo cividalese,
ma sono soprattutto emblematici della precoce vocazione mitteleuropea del Patriarcato. Nel corso del secolo XII e in quello seguente, la loro prevalente ascendenza d’Oltralpe ha trovato idealmente un riferimento nelle origini del presule Pellegrino II (1195-1204), cividalese di nascita ma di famiglia Ortenburg-Sponheim, che, oltretutto, dopo l’incendio del 1186 diede impulso alla ricostruzione del Duomo di Cividale e lo arricchì anche del grande Antependio d’altare in argento dorato datato 1204 (eccezionalmente in mostra insieme ad preziosi esempi di arte suntuaria). Già dai tempi della fiorente rinascenza politica avviata dal celebre Popone (1019-1042), infatti, fino all’incirca alla metà del XIII secolo, in virtù del ruolo strategico nell’Alto Adriatico, la Chiesa aquileiese fu soggetta alla forte intromissione dell’autorità imperiale tramite patriarchi di nobili casate di Franconia, Svevia e Carinzia. Ciò condizionò anche la committenza artistica, incline ad ispirarsi ideologicamente a modelli nordici, talvolta importati direttamente o veicolati da maestranze itineranti. Nonostante la suggestione della koinè
bizantina rimanga viva nei centri del litorale, come per esempio nel Crocifisso della Cattedrale di San Giusto a Trieste, la produzione plastica in legno nel Patriarcato si connota in particolare per opere quasi sempre frutto di scultori aggiornati o ispirati a prototipi svevi e stiriani, di cui il Cristo di Cividale è interprete fedele, ma allo stesso tempo caratterizzato da una sintassi di stile unica nel suo genere, senza dubbio esito di una commissione di rango tra la fine del XII secolo e il primo decennio del Duecento.
Una variante non meno interessante e chiara  di questa propensione è il magnifico Christus triumphans già documentato ad Aquileia presso la distrutta Basilica dei Santi Felice e Fortunato e che ora è venerato nella piccola Cappella Bresciani di Cervignano del Friuli. Imponente e realizzato sul finire del XII secolo da un importante maestro della Val Pusteria, tale Crocifisso costituisce un’ulteriore qualificata conferma dello stretto legame col mondo germanico. Un’esposizione che, dunque, unisce quattro nazioni (Italia, Austria, Slovenia e Croazia) sotto il segno dell’antico Patriarcato di Aquileia e – aggiunge il Soprintendente – “sotto il simbolo centrale del cristianesimo. Grazie alla presenza di Crocifissi di dimensioni monumentali e preziosissime oreficerie e avori – continua Caburlotto – la mostra racconta gli “antefatti” storici e culturali delle due Arcidiocesi metropolitane di Gorizia e di Udine, che furono istituite in seguito alla soppressione del Patriarcato di Aquileia nel 1751 e della sua divisione fra le terre della Repubblica di Venezia e dell’Impero Asburgico, non più gestibili ormai sotto una unica giurisdizione ecclesiastica”. “L’esposizione  -ha affermato ancora il soprintendente-  si propone di riscoprire le origini culturali comuni di queste due realtà storiche, ora appartenenti a quattro differenti Stati tornati a riunirsi grazie all’Unione europea”.

 

In virtù del tema proposto, incentrato sui saldi legami transfrontalieri dello storico
Patriarcato di Aquileia, e, in particolare, della straordinarietà dei prestiti coinvolti nell’esposizione, l’evento aperto  al Museo Nazionale di Palazzo de Nordis ha ottenuto anche i prestigiosi riconoscimenti dell’Alto Patronato della Presidenza della Repubblica Italiana, della Presidenza della Repubblica di Austria, della Presidenza della Repubblica di Croazia e della Presidenza della Repubblica di Slovenia.

 

La mostra, unica e irripetibile, da non perdersi, fa vivere ancora oggi interrogativi forti sul cristianesimo in Europa, sull’arte che ne mostra impronte precise, e sulla bellezza dei capolavori che in mostra certificano la cultura dei secoli.

 Carlo Franza

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