E’ il cibo il tema fondante dell’Expo 2015 e molti artisti hanno già prodotto opere a tema. Così è stato per Gabriella Ventavoli, artista di chiara fama, che in anticipo di qualche mese dall’apertura dell’avvenimento internazionale espone a “La Porta Verde” a Milano un capolavoro che ha per titolo “l’Ultima Cena”.

 L’opera ritenuta un vero e proprio capolavoro dell’artista milanese Gabriella Ventavoli, presenta un dipinto in acrilico di grandi dimensioni e appena realizzato in più parti assemblate, per creare una installazione dove, in un ordine geometricamente calcolato, elementi e simbologie diverse danno vita a un austero rito conviviale fortemente segnato dal presagio e dai simboli di memoria cristiana. L’opera va ritenuta non solo un autentico capolavoro dell’artista, opera di grande impegno e profondo significato, ma ripropone in una sintesi di intensa suggestione, aspetti e momenti diversi della sua produzione, e li riformula in una prospettiva di assoluta novità. Sottolinea l’artista “Siamo tutti invitati all’ultima cena, il pianeta depredato non potrà più nutrirci se continueremo a credere che le risorse siano infinite, se continueremo a inquinare e a distruggere tutta la bontà e la bellezza di cui è depositaria nostra madre terra. E’ ormai finita l’età della non consapevolezza dei disastri che compromettono la vita sul nostro bellissimo pianeta. Con la speranza che l’arte possa contribuire a tener desta l’attenzione su tematiche di vitale importanza”. Sarà bene vedere come nell’arte contemporanea “l’ultima cena” abbia trovato singolari interpretazioni. Dall’ 800, e poi nel ‘900, l’ opera stessa di Leonardo è diventata un’icona sulla quale ciascun artista ha impiantato poetiche nuove. L’ Ultima Cena di Salvador Dalì è un dipinto (olio su tela 167 × 268 cm.) realizzato nel 1955 in cui il catalano rompe l’iconografia tradizionale, e incomincia la fortunata «poetica» delle provocazioni. Andy Warhol, invece, lavora sulla duplicazione, tecnica tipica del pop art, così fotografa Leonardo fornendo poi una duplicazione con dei ritagli di colore. Nell’ arte contemporanea, il soggetto è stato sottoposto a scioccanti dissacrazioni. Nel 1972 un collage di Mary Beth Edelson intitolato Some Living American Women Artists, che dà l’avvio al rapporto arte-femminismo, raffigura 80 donne con, al posto di Cristo, la pittrice degli anni Venti Georgia O’ Keeffe. L’ artista Renée Cox realizza poi qualcosa di simile, ponendosi nuda al posto di Gesù al centro del Cenacolo. Donne al posto degli apostoli sono presenti anche nella Cena del tedesco Andreas Sachsenmaier. Questa sostituzione si diffonderà dall’arte alla pubblicità; le modelle di Neidermair Brigitte in posa come i dodici nell’Ultima Cena leonardesca sono usate per la campagna pubblicitaria M+F Girbaud. David Lachapelle realizzò invece una commovente Ultima Cena hippy-gay; simile a questa è quella di Bettina Rheims e Serge Bramley, con hippy anni Settanta che suonano e fumano intorno a Cristo. La decostruzione del modello leonardesco a fini dissacratori è diventata, a questo punto, un troppo retorico, che ha finito per creare un superscandalo nel 2008 nella retrospettiva dedicata all’austriaco Alfred Hrdlicka quando, nell’arcivescovado di Vienna ha finito la sua Ultima cena di Leonardo restaurata da Pierpaolo Pasolini. Eppoi da non tralasciare le ultime cene di James Ensor, Nik Spatari ,Ivo Dulcic, Sodoo Wotanobe, Francesco Ferrucci, Vanni Viviani, ecc. Anche Vanessa Beecroft non si sottrae al gusto della dissacrazione. L’ artista Leone d’ oro alla Biennale del ’77, il 16 marzo del 2009 realizza al Pac di Milano una performance nella quale degli immigranti africani stanno seduti a una tavola trasparente di dodici metri vestiti con smoking fuori misura, strappati o impolverati. Sono i nuovi «apostoli» e mangiano carne e pane nero senza piatti e posate.

Per dare forma a uno austero rito conviviale, Gabriella Ventavoli ha dipinto terra, mare e cielo in un amalgama in cui la madre terra, terra generante, diventa la carne di Cristo, ovvero Cristo che ha raccolto attorno a sé poche cose e le ha organizzate, in un ordine geometricamente calcolato, che segnalano drammaticamente il presagio e i simboli della passione, dell’abbandono e del dolore. E’ il grido di dolore dell’artista che in quest’opera raccoglie le violenze portate a terra e cielo. Sono tutte presenze evocative e modi che a distanza di millenni ricostruiscono un evento che appartiene profondamente alla nostra cultura. L’universalità dell’opera della Ventavoli è tale da permettere a ciascuno di noi di leggere in essa la nostra storia, e la sua “Ultima Cena”, non celebra solo un rito di addio, ma è anche capace di evocare simbolicamente la riunione di corpo e anima, dell’umano e divino, ovvero del cielo e della terra.

 Carlo Franza

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