Ho appena visitato al Musée d’Orsay di Parigi la mostra “Sade. Attaquer le soleil”, dedicata al Marchese de Sade, il controverso personaggio storico vissuto alla fine del Settecento autore di diversi libri erotici, drammi teatrali e saggi filosofici, molti dei quali scritti mentre si trovava in prigione. La mostra, coordinata da Ann Le Brun, specialista di Sade ha ripercorso le vicende di Alphonse Donatien de Sade (1740-1814) attraverso una selezione di opere d’arte di Goya, Géricault, Ingres, Rops, Rodin e Picasso, e affrontato temi come “la ferocia e la singolarità del desiderio, della distanza, dell’estremo, del bizzarro e del mostruoso, del desiderio come principio di eccesso e di ricomposizione immaginaria del mondo”. E proprio per i temi trattati, sul sito dell’esposizione si poteva leggere l’avvertimento “il carattere violento di alcune opere e documenti può urtare la sensibilità dei visitatori”. Figura controversa, condannato per il tipo di racconti e di opere prodotte, per i temi affrontati e per uno stile di vita tutt’altro che irreprensibile, e forse proprio per questo meritevole di un approfondimento che si muova al di là dei preconcetti moralistici tanto cari a una certa intellettualità bigotta, de Sade è molto più di uno scrittore di erotismo spiccio. Senza nascondere il ruolo fondamentale che il sesso ha giocato nell’esperienza di vita e artistica del marchese, nelle sue accezioni e declinazioni più varie – è a lui, e alle pratiche erotiche estreme di cui la sua biografia è piena, che si deve il conio della parola sadismo – il Museo d’Orsay ha ospitato la mostra “Sade, attaccare il sole”, proponendo al pubblico un video promozionale che ha fatto scandalo, filmato provocatorio e definito “non adatto ai minori”, realizzato dai videoartist David Freymond e Floreale Michel. Così, nel percorso espositivo hanno trovato spazio e sapiente collocazione, accanto a manoscritti e cimeli del protagonista, opere come il “Ratto delle Sabine” di Picasso (con implicito riferimento a come il mito artistico di Sade fu originariamente creato ed attualizzato proprio da Apollinaire e dalla sua cerchia), la “Giuditta con Oloferne” e le visioni erotiche di Franz von Stuck, una strepitosa piccola tela di Fragonard dal titolo “Les curieuses” le cui due immagini femminili scrutano l’osservatore simulando l’effetto del buco di una serratura, i fantasmi onirici di Füssli, e tutta una pregevole serie di Goya, Ingres, Rodin, Delacroix ed altri raggruppati lì per l’occasione, con l’ulteriore corredo di una videorassegna di opere cinematografiche ispirate al mondo del Divin Marquis. Particolarmente notevole l’antologia di immagini anatomiche e dissezioni del corpo umano che Sade, con l’insaziabile curiosità scientifica dei suoi contemporanei, aveva avuto modo di ammirare compiaciuto alla Specola di Firenze durante il suo viaggio in Italia. Da Delacroix a von Stuck, da Goya a Kubin, da Füssli a Beardsley, da Ernst a Bellmer, l’esposizione s’è concentrata sull’impossibilità di rappresentare il desiderio, sul corpo, sulla crudeltà. La filosofia sadiana, per quanto negata e messa al bando per più di un secolo, si rivela in realtà un fil rouge, insinuatosi clandestinamente nel mondo dell’arte, che unisce pittori differenti e lontani fra loro nel tempo e nello spazio, una sorta di corrente sotterranea che porta fino alla “riscoperta” dell’autore da parte dei Surrealisti e al suo successivo sdoganamento. Un tour nel mostruoso, nel bizzarro, negli eccessi del desiderio e del dolore, un tour nella mente tutt’altro che semplice e banale di un artista – de Sade era scrittore, filosofo, poeta, politico – che se può essere biasimato per alcune scelte di vita – come l’imprigionamento e la successiva fustigazione della mendicante Rose Keller – ha comunque consegnato al mondo uno spettro di produzioni artistiche che hanno contribuito alla storia della letteratura e della filosofia engagé. De Sade era un rappresentante illustre del nichilismo e dell’Illuminismo più radicale: con la sua filosofia del boudoir, de Sade si è scagliato a più riprese contro il perbenismo di chi vuole ridurre l’uomo a un sacco di carne capace solo di pregare, negando gli istinti carnali e animali che ci accomunano e ci restituiscono a quella Natura che ci ha originati. Non a caso è stato Pasolini a portare sullo schermo, pur con debiti adattamenti, Le 120 giornate di Sodoma. L’arte non è soltanto pelle levigata e pose composte in studio, l’arte moderna e più ancora quella contemporanea ha saputo ritrarre anche gli istinti dell’uomo e de Sade, nello specifico, è stato maestro e filosofo della perversione, nella sua accezione più stuzzicante. Certo non era un uomo da ammirare, ma la storia ci ha insegnato che occorre scindere,talvolta, l’artista dalla sua produzione artistica per poter porgere meglio un giudizio critico.

Carlo Franza

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