La neve cade, la neve cade,/come se non cadessero i fiocchi,/ma in un mantello rattoppato/scendesse a terra la volta celeste”, così scriveva Boris Pasternak. Pagine di letteratura e dipinti famosi descrivono la neve, l’inverno, il biancore della neve e i riverberi e le ombre, e i contrasti dei toni che catturano la visione di adulti e bambini. Ora una mostra a tema si tiene alla galleria Ponterosso di Via Brera a Milano dal titolo “Il grande inverno” in cui sono esposti oltre quaranta dipinti di artisti italiani del Novecento e contemporanei dedicati al soggetto dell’inverno e in particolare al paesaggio innevato. Il paesaggio innevato ha magicamente interessato pittori italiani e stranieri di chiara fama tra fine Ottocento e Primo Novecento, basti pensare a Segantini chiamato “il pittore della neve” e ancora a Munch, Van Gogh, Monet, Sisley, Pisarro, Calleibotte e tanti altri. Mi preme maggiormente ricordare Chagall e le sue opere come “Sopra Vitebsk”(1914), “Chiesa ricoperta dalla neve” (1927), “Villaggio russo”(1929),tele inconfondibili, dove il paesaggio innevato diventa sogno. Ora, qui, in mostra alla Ponterosso, come si è soliti fare e ordinare magistralmente con perizia e professionalità e soprattutto gusto, ecco tele di artisti che si sono misurati sull’inverno e sulla neve; tele di Dina Bellotti, Alfredo Beltrame, Luigi Brambati, Silvio Consadori, Carlo Dalla Zorza, Cristoforo De Amicis, Francesco De Rocchi, Vittorio Emanuele, Piero Giunni, Giuseppe Flangini, Letizia Fornasieri, Donato Frisia, Dino Lanaro, Umberto Lilloni, Attilio Melo, Enzo Morelli, Gino Moro, Paolo Paradiso, Ezio Pastorio, Giancarlo Perelli Cippo, Attilio Rossi, Alberto Salietti, Adriano Spilimbergo, Renato Vernizzi, Mario Vellani Marchi. Sono pittori della montagna, pittori delle Alpi e delle Prealpi, pittori delle dolomiti venete e carniche. I pittori della neve, appunto. Nelle loro tele narrano la poesia della neve, le sue luci, le ombre, i silenzi, i vuoti, i profumi. Hanno dipinto territori senza barriere, con intimità, una sorta di eremitaggio, dove l’artista si confondeva nel paesaggio. E padroni di una tecnica pittorica elevata, in grado di usare con padronanza le gamme cromatiche, i dipinti di questi pittori hanno il potere di emozionare con il loro lirismo, tanto che Stefano Crespi ha scritto: “Ecco il bianco (pagina o tela) a dirci l’inizio, il termine, l’assenza, il desiderio, il sogno, l’enigma. Il bianco a dirci la tenerezza, la tersità, la segretezza misteriosa dei nostri viaggi interiori, senza storia. Il bianco a dirci le epifanie e l’effimera eternità di ciò che abbiamo amato e non è stato vissuto. Il bianco dagli archetipi della fiaba al silenzio del cielo in tanti richiami del Novecento. La nozione d’inverno sembra consegnarci l’ultima illusione come gli infiniti congedi, le infinite voci della neve”. E mostra, dunque, da non perdere, e da visitare proprio adesso che Milano è imbiancata di neve.

Carlo Franza

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