L’officina inquieta di Jiri Kolar racconta le radici dell’Europa attraverso uno straordinario alfabeto morale. Frammenti e tracce diventano respiro del mondo.
Intellettuale insieme cosmopolita e profondamente innestato in una storia di tradizione alle radici dell’Europa contemporanea, interprete altissimo di quell’inquietudine culturale che ha connotato il XX secolo, Jiří Kolář è protagonista di un importante evento espositivo al Museo di Pittura Murale di San Domenico e alla Galleria Open Art di Prato. In collaborazione con la Galleria Open Art, con le sue oltre centocinquanta opere, esposte nelle due sedi, la mostra è la prima ampia retrospettiva dedicata a Kolář in Italia dalla sua scomparsa nel 2002 e intende testimoniare la straordinaria attualità e freschezza inventiva del suo linguaggio creativo. Le immagini sono per Kolář il luogo privilegiato in cui condensare la complessità del pensiero umano; vi si raccolgono e mescolano frammenti e tracce di scrittura, arte, comunicazione, lacerti parlanti che richiamano il paesaggio del mondo. Egli le costruisce secondo distruzione, attraverso una radicalità tecnica riconducibile alla pratica del collage, declinata in un proliferare pressoché inesauribile di variazioni operative, tese a corrispondere il più possibile al divenire stesso del mondo, alle sue dinamiche di unione e separazione, composizione e conflitto, per rigenerarlo continuamente. E così che prende il via un’incessante attività che, partendo sempre dalle immagini, lo porta a esplorare il collage in tutte le sue forme: dai “Rollage” ai “Frottage” fino agli “Intercollage”, Kolář, dopo avere ereditato il modus operandi della tradizione dada-surrealista (ma senza carica provocatoria), continua a ricercare un linguaggio poetico e lieve con cui decifrare la realtà. Una sorta di “alfabeto morale” – come scrisse Claudio Parmiggiani in occasione della sua morte avvenuta nel 2002 – con cui l’artista ha saputo “rendere fantastiche le cose più umili dello sguardo quotidiano”, sottraendole al loro destino e rallentando il corso della loro esistenza. Questa è l’opera di Kolář, un’officina immaginifica che squaderna e dispiega al nostro sguardo, con cristallina esattezza e inesauribile ricchezza, il ritmo della vita stessa, l’autentico e profondo respiro del mondo. E a comporre la trama di questi “Chiasmage” sono pagine del Larousse, della Bibbia, del Corano, tabelle di orari ferroviari, atlanti stellari, carte musicali, testi in caratteri latini, ebraici, gotici, arabi, ideogrammi cinesi… ridotti prima in brandelli e poi ricomposti seguendo una trama segreta.
In occasione della mostra, è stata pubblicata da Carlo Cambi Editore un’ampia monografia di circa 300 pagine, con una puntuale e dettagliata contestualizzazione storico-artistica che raccoglie, insieme a un corpus di opere fortemente emblematico, numerosi scritti dell’artista e documenti d’epoca che permettono una nuova e completa lettura della sua opera. Tra essi, materiali inediti legati alle personali dell’artista al Museum Haus Lange di Krefeld (1972) e al Solomon R. Guggenheim Museum di New York (1975): mostre cruciali nel percorso di Kolář, dalle quali la retrospettiva di Prato presenta al pubblico anche alcune tra le opere più significative che vi furono esposte dall’artista. E così che ha preso il via un’incessante attività che, partendo sempre dalle immagini, lo ha portato a esplorare il collage in tutte le sue forme: dai “Rollage” ai “Frottage” fino agli “Intercollage”, Kolář, dopo avere ereditato il modus operandi della tradizione dada-surrealista (privata però della carica provocatoria), ha continuato a ricercare un linguaggio poetico e lieve con cui decifrare la realtà.
Carlo Franza