Ippolito Caffi, geniale vedutista dell’800,viaggiatore tra Italia e Oriente, esposto a Trieste al Castello di Miramare.
Il Castello di Miramare a Trieste ospita una mostra di grandi suggestioni dedicata a un artista che fu tra i più importanti e originali vedutisti dell’Ottocento: Ippolito Caffi (Belluno 1809 – Lissa 1866).
Erede del vedutismo settecentesco ma anche suo profondo innovatore, Caffi intreccia la sua vita all’arte e alla politica. Instancabile viaggiatore, artista-reporter e patriota, è mosso dall’esigenza continua di documentare la realtà dei numerosissimi luoghi visitati, con attenzione per ogni sfaccettatura percettibile.
Caffi trova nel viaggio una fonte continua d’ispirazione, fervore e conoscenza; è nella pittura descrittiva di luoghi ed eventi – tanto realistica e puntuale quanto immaginifica e visionaria – la vera anima della sua arte.
“Ippolito Caffi. Dipinti di viaggio tra l’Italia e l’Oriente”, curata da Annalisa Scarpa, presenta oltre quaranta dipinti delle raccolte della Fondazione Musei Civici di Venezia, da molto non esposti e in parte restaurati per l’occasione, che faranno rivivere i viaggi e i sogni, le geniali invenzioni e la scenografica arte del pittore bellunese.
L’omaggio di Miramare a Ippolito Caffi – che prelude alla ricorrenza dei 150 anni dalla scomparsa dell’artista, nel 2016 – si ricongiunge idealmente all’esperienza di un altro grande viaggiatore: Massimilano d’Asburgo.
Una passione per la scoperta del nuovo e per la sua documentazione che ha accomunato due persone tanto diverse, per origine, estrazione e cultura, che hanno trovato nel viaggio una ragione positiva del vivere e che ora – idealmente – si incontrano a Miramare.
Qui da sempre è conservato anche il bellissimo dipinto che lo stesso arciduca volle commissionare, per farne dono alla sua sposa, proprio a Ippolito Caffi, ovvero al pittore che con le sue inedite soluzioni cromatico-luministiche aveva traghettato il genere della veduta nella modernità, conquistando i contemporanei.
Meravigliosi capolavori del vedutismo ottocentesco, capaci di far rivivere i viaggi e i sogni, nonchè le geniali invenzioni e la scenografica arte del pittore bellunese. Attraverso i dipinti di viaggio, che fissano su tela e carta una personalissima visione di città molto amate da Caffi (e mete imprescindibili del Grand Tour), Venezia e Roma, cui si uniscono quelle di Napoli e dell’Oriente, è possibile seguire l’evolversi dello stile dell’artista che, addirittura in alcuni casi reporter di guerra, seppe traghettare il genere della veduta nella contemporaneità, interpretandolo in chiave assolutamente moderna. Animato dall’esigenza continua di documentare la realtà dei tanti luoghi visitati, il pittore unì infatti a una grande abilità prospettica un profondo senso di ampiezza atmosferica e un ricercato studio sugli effetti di luce, dei quali si servì per mettere in scena soluzioni cromatico-luministiche assolutamente inedite per l’epoca, fatte di feste suggestive, di fuochi d’artificio, di vedute notturne teatralmente illuminate da romantici aloni lunari, di incantevoli trascrizioni di accadimenti naturali: la nebbia, la neve, un tramonto infuocato.
Una libertà creativa che prende corpo in Caffi proprio durante i soggiorni nella città eterna, dove l’artista si era recato per la prima volta per fuggire alle rigidità teoriche e ai modelli settecenteschi sperimentati a Venezia, quando era allievo all’Accademia di Belle Arti. Dai celebri soggetti romani affrontati negli anni ’40, come ‘Carnevale di Roma. La festa dei moccoletti (tema più volte replicato e di cui è in mostra il prototipo conservato a Ca’ Pesaro), il pittore affina la sua arte (complici i numerosi viaggi dovuti anche a un’ingiusta proscrizione da Venezia) fino ad arrivare alle numerose vedute notturne e diurne del Colosseo, alle tele degli anni ’50, come quelle in mostra con Piazza San Pietro (1856) o il Foro Romano (1856). Tra le opere che invece ritraggono la città lagunare, in diverse fasi della sua carriera, particolarmente rappresentative e toccanti sono “Neve e nebbia in Canal Grande” (1852), “Veduta del Molo” (1857) e “Panorama dal ponte della veneta marina” (1858), in cui il maestro vedutista mette in pratica la più recente empatia per le tecniche fotografiche. Bellissima, inoltre, la tela seducente e scenografica dal titolo “Serenata sul Canal Grande” (1858), traguardo significativo della sua poetica dello “spettacolare”.
Il percorso espositivo prosegue nella Sala del Trono dove, dopo l’immersione nella luce calda e vibrante delle opere eseguite a Napoli (quali “La lanterna del Molo di Napoli” a Torre Annunziata (1843) e la “Riviera di Posillipo”), si assiste agli esiti del sogno del pittore: il viaggio in Oriente, intrapreso da Napoli nel 1843. Ecco la luce candida e vivida e le geometrie perfette delle vedute di Atene (tra cui “Il Partenone” e “Sull’Acropoli”) o le immagini più liquide, avvolte da un’atmosfera dorata, come quelle eseguite a Costantinopoli (splendida la “Veduta dalla acque dolci d’Europa”), via via fino al lirismo delle memorie d’Egitto, tra cui figurano “Vento di Simun nel deserto” e “Istmo di Suez”.
Caffi si spinge quindi fino a Gerusalemme (esposta “La Veduta dal Monte Oliveto”) e poi a Efeso, a Laodicea, e a Hierapolis, che immortala in un capolavoro dalla luce onirica. Il percorso espositivo si conclude ricongiungendosi nuovamente all’esperienza di grande viaggiatore di Massimiliano, con i dipinti delle collezioni del Museo di Miramare, che lo stesso arciduca fece realizzare nel corso dei suoi prediletti viaggi in Europa e in Oriente.
Mostra di allargata cultura che incornicia un artista quale il Caffi che spaziò con il suo riprendere scene di viaggi, immortalando paesaggi del tour, città italiane e orientali, luoghi di civiltà. E vederla a Trieste questa mostra, lascia intendere come la città sia di gran lunga ancora oggi “città di transito”, città italiana, città mitteleuropea.
Carlo Franza