“Giappone segreto”. 140 capolavori della fotografia dell’800 in mostra a Parma al Palazzo del Governatore.
Al Palazzo del Governatore di Parma, in esposizione fino al 5 giugno 2016, è da non perdere la mostra “Giappone segreto” che fa luce su uno dei capitoli più importanti della storia della fotografia. E’ un capitolo nuovo e di impegno sul versante della fotografia mondiale che sta avendo di questi tempi un successo inaudito. La fotografia fa rivivere l’estasi del presente e della bellezza, grazie anche allo studio prezioso di storici della fotografia che incorniciano un capitale di immagini senza confini.
L’esposizione presenta 140 fotografie originali, autentici capolavori e vertice della fotografia nipponica, sviluppatasi tra il 1860 e il 1910. In questo periodo, infatti, il Giappone fu testimone di un insolito connubio tra la tecnica fotografica occidentale e la maestria dei pittori locali, eredi di un’antica e raffinata tradizione, capaci di applicare perfettamente il colore anche su minuscole superfici.
I risultati artistici furono di sorprendente bellezza e i soggetti rappresentati così verosimili da non riuscire a distinguerli dalle moderne immagini stampate a colori. La produzione di tali opere rispondeva alle esigenze dei viaggiatori occidentali – i cosiddetti globetrotter – di portare con sé il ricordo di un Paese straordinario, che la modernizzazione forzata del periodo Meiji (1869-1910) stava rapidamente trasformando in una nazione industriale.
L’iniziativa è parte del programma ufficiale delle celebrazioni del 150° anniversario della firma del Trattato di Amicizia e di Commercio tra Italia e Giappone, siglato nel 1866, che sanciva l’avvio delle relazioni diplomatiche tra i due paesi e celebra il recente accordo di scambio tra Parma e la Prefettura di Kagawa in campo economico, culturale e di promozione del territorio.
Il legame tra Parma e il Giappone ha peraltro profonde radici storiche. Ne è una prova la figura di Enrico II di Borbone, fratello minore di Roberto I di Borbone, ultimo regnante del Ducato di Parma. Questi, accompagnato dalla moglie Adelgonda di Braganza, figlia del re Michele del Portogallo, si rese protagonista, tra il 1887 e il 1889, di un celebre viaggio in Asia, in particolare in Giappone, da cui riportò un’enorme numero di opere d’arte che hanno costituito il patrimonio da cui è nato, nel 1925, il Museo d’Arte Orientale di Venezia. Dei coniugi sono esposti i ritratti in abiti tradizionali e il carteggio scritto da Adelgonda di Braganza, attualmente conservato a Parma dall’Ordine Costantiniano di San Giorgio.
La rassegna, curata da Francesco Paolo Campione, direttore del Museo delle Culture di Lugano, e Marco Fagioli, col patrocinio del Comune di Parma, è prodotta da GAmm Giunti, in collaborazione con il Museo delle Culture di Lugano e la Fondazione Ada Ceschin e Rosanna Pilone di Zurigo che ha voluto depositare a tempo indeterminato il suo patrimonio di opere d’arte giapponesi al Museo delle Culture di Lugano, affinché potesse essere messo a disposizione del mondo degli studi e dell’arte.
Il percorso espositivo ruota attorno ai capolavori della scuola di Yokohama, uno dei vertici della fotografia dell’Ottocento, e all’esperienza del viaggio dei ‘globetrotter’, e segue un itinerario tematico, intervallato da tre piccole aree che presenteranno otto preziosi album-souvenir con le copertine in lacca giapponese, 20 rare carte de visite, 12 stampe xilografiche policrome dei migliori maestri dell’ukiyo-e quali Hokusai, Hiroshige e Utamaro.
Le fotografie saranno messe in relazione anche ad alcuni esempi di arte decorativa giapponese, tra cui spiccano un’armatura da samurai del XVIII secolo, le maschere del teatro classico nō e alcuni splendidi kimono.
La prima sezione della mostra ripercorre Il viaggio dei globetrotter lungo le strade del Giappone, attraverso vedute dall’alto di paesi e città, di villaggi, castelli e spazi urbani, oltre a scenari marini e fluviali con tutto il contorno di vie d’acqua, ponti, canali e imbarcazioni. Quindi ecco vivere il dominio della natura con la rappresentazione del paesaggio e di una natura ‘educata’ dalla cultura e si prosegue analizzando la vita quotidiana, fatta di scene rurali e ritratti di contadini, interni delle case e di individui impegnati in altre attività economiche, il mondo dell’arte che presenta, oltre alle immagini di momenti di teatro, musica e danza, anche i protagonisti di questi spettacoli e venti rari biglietti da visita che ritraggono attori del teatro kabuki, , la religione e la ritualità, con i ritratti dei diversi operatori del sacro e le immagini delle occasioni liturgiche e cerimoniali, gli eroi dell’ultraesotico, con i ritratti di alcuni dei personaggi tipici della cultura giapponese del tempo, come sàmurai, kendoka, lottatori di sumo, tatuati.
La mostra si chiude con la sezione dedicata all’immagine della donna, che permette di cogliere le coordinate ideologiche di un modello idealizzato di bellezza femminile asiatica che s’impose attraverso una sorta di cliché, destinato a durare a lungo nel tempo.
L’esposizione offre anche l’occasione di approfondire un momento della fotografia nipponica passato sotto il nome di Scuola di Yokohama e dei suoi maggiori interpreti – Felice Beato (1832-1907), Raimund von Stillfried-Ratenicz (1837-1911), Adolfo Farsari (1841-1898), Ueno Hikoma (1838-1904), Kusakabe Kimbei (1841-1934), Tamamura Kōzaburō (1856-1923) e Ogawa Kazumasa (1860-1929), la cui caratteristica risiedeva nell’unire la fotografia, la forma artistica più d’avanguardia di quel tempo, con la tradizione delle grafiche giapponesi, realizzando stampe fotografiche su carta all’albumina delicatamente colorate singolarmente a mano da raffinati artigiani.
Carlo Franza