“Vite in scatola. Contenitori artistici dal ‘400 all’800”. Mostra insolita di una collezione e di un collezionista dell’Oltrepò pavese.
Una collezione insolita, una collezione quella di Franco Riccardi, -un bancario in pensione che vive a Rivanazzano tra i colli pavesi dell’Oltrepò- , messa insieme con grande passione, documentata storicità e curiosità incredibile. Qui nello spazio attorno alla villa (una ex vitivinicola, in via Buonarroti 10), è possibile vedere opere di Alighiero Boetti, Yannis Kounellis, Mario Schifano, Emilio Isgrò, Jean Dubuffet, Giuseppe Capogrossi, Joseph Kosuth, Ben, Carla Accardi, Gastone Novelli, Jiri Kolar, Elisabetta Novello, Ettore Colla, Sean Shanahan, Richard Tuttle, Sergio Fermariello, Salvatore Garau, Luca Pancrazzi, Franco Saviotti, Sabrina Mezzaqui, Marco Gastini, Mauro Bellucci. E con il titolo “Il segno e la scrittura”, qui tempo fa era apparsa la prima mostra firmata Riccardi, un’occasione per mostrare a tutti una parte del suo tesoro privato.
Già, perché la raccolta infatti conta un centinaio di opere che documentano mezzo secolo di correnti artistiche, dagli anni ’30 alla fine degli anni ’70, sconfinando in alcuni più giovani contemporanei.
“Si tratta di un percorso personale, di vita, e non è stato facile psicologicamente fare il “grande passo” e mettere la collezione a disposizione del pubblico -spiega Riccardi-. Vorrei fare qualcosa di più per il mio territorio e così ho pensato non solo di rendere visibile la raccolta, ma di organizzare mostre e soprattutto workshop e appuntamenti che possano “educare” al contemporaneo in un’area geografica dove ciò è praticamente assente”. Ora a Rivanazzano Franco Riccardi collezionista s’è dato da fare per mettere in piedi una mostra intitolata “Vite in scatola. Contenitori artistici dal ‘400 all’800. Circa 120 pezzi di un oggetto -scatole- che segna vita e morte, riti e benessere, viaggi e transiti ; un oggetto anche magico, ora qui divisi in cassette, scrigni di varia epoca, dimensione, provenienza, svariati usi, per raccontare come i contenitori hanno “ispirato artisti e professionisti” di varia natura, anche grazie alla normalità e l’ampiezza del loro utilizzo. Una rassegna di scatole, raggruppate per epoca e funzione, si va da una borsa rinascimentale di notaio a un’urna usata durante la rivoluzione francese per raccogliere le schede votanti dei giurati che dovevano decidere la sorte degli imputati. E ancora vasi da farmacia, pilloliere, piccoli reliquiari, contenitori di ostie, e persino gli antenati dei beauty-case.
“Da un lato il contenitore è creato per proteggere nel modo più ingegnoso e macchinoso la sicurezza del segreto: cassetti a scomparsa, false cerniere, congegni che impediscono lo scatto della serratura, tutti tesi a scoraggiare la curiosità ed il tentativo di una facile effrazione. Dall’altro il concetto dell’elemento d’arredo che si vuole bello e prezioso, ispirato alla necessità di un adeguamento allo “status” sociale, quindi con il richiamo il più appariscente possibile, impreziosito e soggetto alla moda o comunque alla evoluzione del decor” sottolinea Franco Riccardi. E tra le scatole e i contenitori persino il paniere posto sotto la ghigliottina di Parigi dove rotolavano le teste ai tempi del Tribunale della Rivoluzione francese; o ancora l’urna dove si raccoglievano i testamenti, ovvero ricorda il “notaro” che andava in giro con la sua bella scatola nell’Italia centrale del XV secolo. Oggetti preziosissimi, come le scatole porta trucchi che le donne dell’Alto Veneto del XVIII secolo portavano in viaggio. Scatole di utilità e scatole di piacere, scatole di morte e scatole di vita, scatole povere e scatole ricche; gusti, utilità e bellezza raccontano non solo i secoli passati ma epoche di gloria e di miseria.
Carlo Franza