La Venere di Urbino del Tiziano torna a corte dopo 4 secoli. Un ritorno ben atteso nelle Marche.
La Venere di Urbino di Tiziano è tornata per la prima volta nelle Marche dopo ben quattro secoli. A quasi cinque secoli dalla committenza di Guidobaldo II Della Rovere, per la prima volta la Venere di Urbino, dipinta da Tiziano nel 1538 e custodita oggi nelle Galleria degli Uffizi, è tornata nella celebre città marchigiana e vi rimarrà fino al 18 dicembre.
Il quadro più celebre al mondo che ha nel titolo proprio la parola “Urbino”, è adesso esposto nel Palazzo Ducale di Urbino. Vi dico che mi ha fatto una certa impressione, però bella, bellissima. Commissionato al maestro allo scadere del quarto decennio del Cinquecento dal duca Guidubaldo della Rovere, duca di Camerino e futuro signore di Urbino e del Montefeltro, la carnale, sensuale e misteriosa donna nuda fu vista da un sorpreso e ammirato Giorgio Vasari nel guardaroba dei duchi nel 1548 e, dopo un passaggio all’Imperiale di Pesaro dove il capolavoro risultava presente nell’inventario del 1624, giunse poi a Firenze – insieme a centinaia di altre opere di immenso valore – con l’ultima discendente della dinastia della Rovere, Vittoria, che nel 1637 sposò Ferdinando II de’ Medici.
Già nel 1654-55 la celebre Venere si trovava esposta nella Villa di Poggio Imperiale, residenza suburbana di Vittoria della Rovere, e infine nel 1736 figurava nel patrimonio della Galleria degli Uffizi dove oggi la troviamo permanentemente esposta.
Oltre che nella sede museale fiorentina, negli ultimi tredici anni il grande dipinto su tela -dal forte, ermetico e simbolico messaggio erotico- è stato ammirato anche nel Museo del Prado di Madrid, nel Palais des Beaus Arts di Bruxelles, nella National Gallery of Western Art di Tokyo e nel Palazzo Ducale di Venezia, ma non era mai tornato a Urbino, dove quasi cinquecento anni fa iniziò la sua storia.
Mi ha immensamente sorpreso la lunga fila di visitatori nel Palazzo Ducale di Urbino per vedere la Venere di Urbino, ma vi dirò che questa Venere è più viva che mai.
Carlo Franza