IMG_4981Nell’avvolgente  tempio dell’architettura vanvitelliana, qual’ è appunto la Mole Vanvitelliana,  che si affaccia sul porto di Ancona, ha trovato accoglienza la bellissima mostra antologica di Bruno Mangiaterra un artista marchigiano  -per la verità attivo a Loreto- che da anni  vive non solo la passione dell’arte ma ha costruito nel suo percorso stazioni  o meglio installazioni di militante forza poetica, immagini attraversate da fibrillanti idee (lavora a Tre e scrive:  “l’idea è la dimora della nostra sIMG_5127orte”) capaci di rapportare il passato con il presente, accendere le parole di nuova luce, cogliere tracce di cultIMG_0007ura letteraria e filosofica che ancora oggi vivono una resistenza senza limiti. La mostra si inserisce nel quadro espositivo della Regione Marche per celebrare  il   Giubileo  2016 campionando  ben cinque  uscite, in più luoghi della regione,  tra cui l’ esposizione  del Mangiaterra, che è poi l’unica a far vIMG_0008ivere la contemporaneità. E difatti il titolo della mostra ( Abitare  la Storia nella Misericordia. L’immagine discende  dal nostro Esilio) non solo si affida all’evento  sacro  ma lascia leggere tutto un crescendo concettuale che dipana il pensiero, le occasioni, la storia, la quotidianità, il vivere soffocato dell’uomo, viandante su una terra in attesa di portarsi altrove. IMG_4993Già, l’esistenza, quel tratto di vita che ci sostiene giornalmente e che ha portato l’artista a significare il suo “purchè si parli di esistenza”, frase che si apre,  in un’opera,  in basso a un cerchio svelato da uova, che stanno per nascita, èIMG_4996lan vital, lo stesso slancio di vita di cui parlava il filosofo francese Bergson. Ogni installazione, e in mostra sono tante, ben cinquanta, vale a dire il lavoro intenso di una vita, vive attraverso sollecitazioni e riflessioni,  e le icone, gli stessi materiali che raccontano, non sono mai immediati, perché la storia di Mangiaterra artista che parte dagli anni Settanta del Novecento(vedi l’Autoritratto), è tutta concettuale. Noi storici d’arte abbiamo  diviso le esperienze concettuali in due gruppi principali: quelle legate al “pIMG_5023ensiero” e quelle legate all’ “evento”. Mangiaterra appartiene proprio al primo gruppo  in cui rientrano artisti la cui attività, seppur legata alla produzione di opere concrete, le pone come messaggio principalmente  intellettuale. Basti pensare al grande amore che Mangiaterra ha avuto e ha tutt’oggi per la poesia, e il forte sodalizio che ha imbastito con poeti italiani come Scarabicchi, Piersanti, De Signoribus, D’Elia, Acquabona, Volponi, ecc. Nell’arte contemporanea,  c’ è chi cancella le parole come Isgrò e c’è chi come Bruno Mangiaterra le scrive, le riversa nell’opera per lanciare del messaggi; folgorante il trans-humus, una scritta al neon  tagliata in verticale da un bastone di legno, opera sollecitata da un dialogo fra Don Tonino Bello  -grande mio fratello di vita e di vangelo-   e Nilde Iotti. IMG_5122La stessa opera in più piccola dimensione la troviamo proprio presso il MIMAC da me fondato e diretto presso la Fondazione Don Tonino Bello in Puglia. E, dunque, il visitatore si trova dinanzi a grandi installazioni accolte sotto le immense campate della Mole Vanvitelliana, ne legge per ognuna una sua storia interiore, un’immagine e una parola, un significato e una speranza, un inizio e una fine, un arrivo e una partenza,  opere dettate non solo dalle stagioni della vita e del mondo, ma estrapolate da un contesto immediato per diventare reliquie visive, pillole di cultura, tracce, ricordi, indizi,ecc. Le immagini appaiono nitide su grandi teleri in forme che sono tavoli,  sedie, nidi,  barche, fagotti,  gabbie, pane-rosetta, colombi, uova,  carte geografiche, pietre levigate, bolle di vetro con aria, volatili e mille altre rappresentazioni; ma sono immagini che rimandano a luoghi, a storie e lacerti  passati ( vedi  l’arte antica  che affiora dietro tende di pizzo nero)  e presenti,  e questo suo colto vocabolario visivo contempla la generosa donazione della filosofia che attraversa tutta la sua e nostra esistenza, e l’artista ce la sottopone a spicchi, con parole, linguaggi, icone. E per finire   non meno intensa una serie di fotografie di G. Cutini che  raccontano l’artista lauretano  riflettere sulla storia e sullo scorrere del tempo. Il mestiere di vivere come diceva Cesare Pavese è fatto di peso, di gravezza, dolore  e malinconia, ma aggiunge Mangiaterra anche   di corpo, anima e cuore.

Carlo Franza  

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